“La poesia dà un nome e una dimora ad ogni cosa”. Sergio Zavoli sceglie questo pensiero di Shakespeare per introdurre il suo ultimo libro La strategia dell’ombra presentato nella sala del Cinema Fulgor di Corso d’Augusto.
E le citazioni e i rimandi per l’autore ravennate, cresciuto a Rimini di cui è cittadino onorario, spaziano da Eugenio Montale a Camillo Sbarbaro, da Omero a Tonino Guerra.
“Di mio padre ricorderò sempre le mani nodose e grandi che trattenevano le mie, piccole di bimbo, e quelle leggere strette che ho imparato ad interpretare come segnali per indirizzare l’attenzione verso qualcosa degno di nota. Ma anche il suo impegno concreto affinchè il Monte di Pietà cambiasse il nome in Monte dei pegni”.
Non prevedono censure il racconto autobiografico e il dialogo con il pubblico di Zavoli.
E la conversazione spazia tra ricordi di vita personale e vicende professionali.
“Ricordo l’attività di giornalista radiofonico alla RAI, quando con il magnetofono andavamo a catturare voci e vite della realtà quotidiana. Mi interessava intervistare la gente, dar voce a chi non l’aveva mai avuta; e quando i dirigenti mi chiesero: «Chi vuole intervistare?», io risposi: «Chiunque». Stava nascendo un nuovo modo di fare comunicazione e informazione”.
Ma è risaputo che, oltre che essere giornalista e politico italiano, Zavoli, riminese, classe 1923, sia autore di diverse raccolte di poesie, avendo inaugurato la propria attività autoriale con il podio al Premio Alfonso Gatto con Un cauto guardare (Mondadori, 1995), a cui seguirono In parole strette (Mondadori, 2000) e nella collana “Lo Specchio” L’orlo delle cose (Mondadori, 2004), La parte in ombra (Mondadori, 2009), L’infinito istante (Mondadori, 2012).
Quarta raccolta poetica di Zavoli pubblicata nello “Specchio”, La strategia dell’ombra conferma l’auspicio espresso da Carlo Bo all’uscita della prima silloge: «Zavoli aveva in serbo un discorso poetico che ci auguriamo lungo».
“Tornano, in questa raccolta, tanti temi cari all’autore, come quello dell’ombra” ha commentato durante la presentazione Rosita Copioli che ha proseguito: “Tanti sono i richiami alla letteratura classica, così come le immagini e le icone della realtà contemporanea che, nelle righe di questi componimenti, trovano la loro più naturale e convincente traduzione”.
“La poesia, anche in questo lavoro, si presenta a noi come bene naturale ed entità fragile”, chiosa lo scrittore riminese Piero Meldini.
E in questo nuovo libro appaiono una forza e una grazia, un’ironia e una gravità che nelle intonazioni della “narrazione” privata sono il frutto di un costante impegno comunicativo, già incline a una ferma cultura dell’immaginazione e del reale, dell’esistenza e del civismo, del laicismo e della spiritualità.
Una forza comunicativa che fa della raccolta quasi un diario in versi: la guerra ed il suo odore, la sorpresa in quella strana quiete di una città finalmente libera, gli affetti cari, i luoghi dell’infanzia e la loro “trasformazione”.
“Zavoli è un rabdomante di parole -. rilancia Walter Veltroni – Le cerca, le scova, le seleziona e le compone”. “C’è uno stile evidente e riconoscibile nelle righe di Zavoli – ha spiegato un altro commentatore d’eccellenza, il regista Pupi Avati – I suoi versi non tendono ad alzare i toni, ma confermano una scelta profondamente e stilisticamente rigorosa”.
Da dove attinge le parole e il contesto per la sua poesia, Zavoli? Lo ha spiegato lui stesso:
“Già Montale metteva in guardia dal rischio che la poesia diventasse un inutile sacrario di parole in disuso. – spiega lo scrittore – Ecco, io ho sempre cercato di evitare tutto questo: la scelta delle parole attinge tanto da pensieri ideali quanto dalla realtà”.
Zavoli alla fine della serata di presentazione al Fulgor, non si è sottratto a domande e richieste di autografi dei “suoi” riminesi. Un abbraccio poetico.
Clara Castaldo