In quest’ultimo anno sono state molte le parrocchie della diocesi di Rimini che hanno ascoltato e preso sul serio i ripetuti appelli del Papa, a comunità religiose e parrocchiali, a dare ai migranti “una speranza concreta” e a non creare “tante isole inaccessibili e inospitali”, ad essere ”accoglienti senza paure”.
Da questo numero inizieremo a raccontare come le esperienze riminesi sono nate, si sono evolute e, alcune, si stanno concludendo, trattandosi sempre di accoglienze temporanee, in pronta risposta a situazioni di bisogno.
Iniziamo con la storia di George, che era a casa Betania, gestita dalle parrocchie di San Raffaele e San Gaudenzo. Dopo la sua chiusura una giovane famiglia riminese l’ha accolto come fratello.
La seconda è di Sunday, Mohammed e Cheick, tre giovani africani che, concluso il percorso di accglienza del progetto Sprar, si sono trovati sulla strada. Le comunità di Villa Verucchio, parrocchia e frati, si sono interpellate ed è nata una risposta.
n incontro quasi casuale. Gli sguardi che si incrociano. Le loro vite che entrano in contatto, generando un qualcosa di speciale. Accade tutto un paio d’anni fa. Alessandra, e il marito Filippo, sono a “Casa Betania” dove le parrocchie di San Gaudenzo e San Raffaele accoglievano dieci ragazzi, tutti richiedenti asilo come profughi. Lì conoscono, tra gli altri, George, 23enne nigeriano. Con lui nasce un rapporto più profondo, fatto di dialoghi, di vita in comune, di idee scambiate, di preghiera. Sì, perché nel frattempo George inizia a frequentare la parrocchia e la messa. Gli viene suggerito di iniziare un percorso di servizio civile. Lui si dimostra subito entusiasta ed entra in contatto con la Croce Blù. Guadagna i suoi primi soldi e dopo otto mesi decide autonomamente di uscire dal progetto.
“Ben presto, però – racconta Alessandra – si è reso conto che con quei soldi non poteva vivere autonomamente. Allora ha chiesto alla Croce Blù se poteva continuare a lavorare per loro, ma non avendo un diploma da OSS, le sue possibilità erano ridotte allo zero”.
Mentre si cerca una soluzione, Alessandra e Filippo incontrano un altro ragazzo, già conosciuto a Casa Betania.
“Era stato accolto presso una famiglia. Appena l’ho visto in viso è come se avessi visto un’altra persona. Allora ho capito, insieme a mio marito, che quella poteva essere la strada giusta per George”.
Nei primi due mesi ad accoglierlo è una famiglia della parrocchia che, però, ad un certo punto non può continuare lungo quel percorso e così le porte di Alessandra e Filippo si aprono per accoglierlo a mani aperte.
“È arrivato da noi a novembre del 2017. La prima cosa che ha fatto è stata quella di iscriversi a scuola e allo stesso modo ha iniziato a frequentare il corso per OSS. A giugno 2018 ha preso la licenza media uscendo con 8, era felicissimo. E dopo quattro mesi ha firmato il suo primo contratto con il Valloni dove è rimasto fino a poco tempo fa quando ha deciso di andare a Covignano, alle Grazie. Il suo è stato un percorso duro, ma non ha mai mollato. Sapeva che in ballo c’era il suo futuro. Il suo grande rammarico, oggi, è per molti suoi amici: mi prendevano in giro quando studiavo, ma io l’ho fatto per la mia vita”.
Nel frattempo, a Pasqua, George è stato anche battezzato in Cattedrale, ma adesso la sua paura più grande è depositata all’interno di alcuni faldoni della Cassazione. Se dovessero non rinnovargli più il permesso di soggiorno, per lui sarebbe un guaio serio.