Quando domenica al segno della pace ho chiamato intorno all’altare tutti i ragazzi dai 13 ai 18 anni presenti in chiesa, desideravo esprimere con un gesto simbolico il rifiuto della violenza e l’impegno di giustizia, dopo i fatti criminosi di Brindisi. Ma quando mi sono trovato circondato da tutti loro, il pensiero di Melissa, della sua mamma, del suo papà, dei suoi amici ed educatori, la loro sofferenza mi ha, in modo inatteso, sopraffatto e le parole hanno iniziato ad inciampare, in un silenzioso nascosto singulto.
Perché quei volti erano veri, vivi, ricchi di speranze e di futuro, come quelli di Melissa, Veronica e degli altri ragazzi che sabato attendevano semplicemente di entrare in aula. Potevano essere loro fuori di quella scuola, potevamo essere noi i genitori che oggi piangono o vivono momenti d’ansia infinita… Perché tanta inutile e stupida violenza? Davvero una morte così è inaccettabile, qualunque sia la sua matrice. Sia che il gesto venga da un terrorista o da un mafioso o da un maniaco, ogni violenza è pazzia. Come possiamo accettarlo o semplicemente abituarci all’idea?
Colpire una scuola, laboratorio del futuro, è colpire la cultura della vita, della legalità, della condivisione, dove i ragazzi imparano ad alzare la testa, a ragionare del proprio futuro, insieme dicono sì ad un mondo più giusto e no alla criminalità, all’ingiustizia organizzata, proprio come avevano fatto i ragazzi della scuola Morvillo-Falcone.
Noi adulti non possiamo starcene seduti impotenti e consegnare ai nostri figli un mondo che non dice più futuro per le giovani generazioni.
“La vita non muore. – ha affermato però il vescovo di Brindisi al funerale di Melissa – L’uomo può uccidere il corpo, ma l’anima, la persona, in attesa della resurrezione totale, vive in Dio. E Melissa oggi vive”.
Ecco, la preghiera è che la nostra anima non sia morta, il desiderio è quello che non si spenga la speranza, che il sacrificio di questa ragazza non sia vano. Occorre dire, con i fatti, che siamo contro la cultura della morte. Che, anche in un momento così difficile per il nostro Paese – come quello che stiamo vivendo – non c’è posto per i maestri di morte, che cavalcando la crisi, s’insinuano nei nostri pensieri.
L’abbraccio forte, sincero ai ragazzi colpiti dai folli omicidi diventi rilancio di una cultura di vita e di speranza che non si abbatte né con le bombe né con la violenza.
Giovanni Tonelli