TERZO SETTORE. L’associazionismo incontra ostacoli sempre maggiori. E la burocrazia mette in ginocchio soprattutto le piccole realtà, anche a Rimini
Volontariato in difficoltà. Nonostante negli ultimi anni gli interventi normativi non siano mancati, il mondo del Terzo Settore continua a trovarsi davanti ostacoli importanti, che rischiano di minarne la fondamentale funzione sociale. In primis la burocrazia, patologia ormai cronica in tanti settori del Paese.
Il risultato? Il pericolo, sempre più reale e concreto, di veder scomparire tante realtà preziose e di grande valore, in particolare quelle associazioni di piccole dimensioni che sono diffuse capillarmente sul territorio e che rappresentano il cuore pulsante del mondo della solidarietà.
Rischio presente anche nel Riminese.
Il contesto
La situazione attuale è il punto di arrivo di un percorso che comincia nel 2017, con l’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, elemento centrale di una riforma normativa nata per riconoscere, valorizzare e disciplinare in modo organico tutto quell’ampio ed eterogeneo patrimonio di associazioni, organizzazioni ed enti impegnati in attività di valore sociale, accomunate dall’assenza di finalità di lucro. Una riforma necessaria per un mondo, quello del no profit, che in Italia ha un peso di grande rilevanza (5% del PIL secondo l’Istat), ma che si presentava come un insieme talmente eterogeneo di realtà da diventare inevitabilmente frammentato e confuso a livello normativo. L’introduzione del Codice del 2017 (la cui piena operatività, però, non è ancora raggiunta ed è affidata a interventi successivi) ha così permesso di circoscrivere il perimetro del settore, mettendo maggiore ordine tra i soggetti che ne fanno parte, le regole di funzionamento, i criteri di riconoscimento e gli spazi di azione. Una riforma che, seppur attesa, non ha portato solo benefici. Se da una parte, infatti, ha contribuito ad avere un quadro più organico del Terzo Settore, dall’altro, mettendo tutte le realtà sullo stesso piano, ha introdotto una serie di adempimenti e procedure burocratiche non semplici da rispettare per tutte quelle associazioni (la maggioranza) costituite da pochi volontari e con risorse non paragonabili a quelle delle grandi organizzazioni no profit, più strutturate e con bilanci da centinaia di migliaia di euro.
Le criticità
Tutti problemi, questi, purtroppo presenti anche nel contesto riminese, territorio caratterizzato dalla presenza di tante piccole realtà di volontariato che portano una grande ricchezza a livello sociale, culturale e di comunità e che, proprio per l’attuale regime normativo, rischiano di soccombere sotto il peso della burocrazia.
A scattare una fotografia della complicata situazione attuale è Cristina Cavalli, consulente del lavoro e membro del direttivo dell’associazione Kairos Aps di Rimini. “ Il nuovo Codice del Terzo Settore ha introdotto una serie di norme che se da una parte hanno messo maggiore ordine a un mondo, quello del volontariato, assai eterogeneo, dall’altra hanno ‘appiattito’ il settore, mettendo sullo stesso piano le grandi realtà e quelle piccole, come la nostra. E introducendo, per tutti, una serie di adempimenti burocratici che per le associazioni di piccole dimensioni diventano molto vincolanti e, soprattutto, costosi: si tratta di procedure per le quali spesso i volontari non sono competenti e, di conseguenza, occorre affidarsi a professionisti, che hanno un costo”. Alcuni esempi? “ Attualmente a livello normativo c’è l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa su vita e infortuni per ogni volontario impegnato nell’associazione, un vincolo che già da solo ha un peso economico enorme sulle realtà più piccole. Ma non solo. Ci sono gli obblighi legati alla sicurezza, obblighi di iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), di stipula di un nuovo statuto con parametri minimi che deve poi essere depositato, necessitando quindi dell’aiuto di un commercialista, da interpellare anche per il bilancio. Tutti vincoli costosi, che per una realtà come la nostra, che si sostiene solo con il 5xmille e con le quote associative, diventano molto difficili da affrontare. Sono poche le piccole associazioni in grado di gestire autonomamente tutto questo”.
Associazioni piccole in dimensioni e risorse, ma non certo dal punto di vista del valore, in tutti i territori. “ Si tratta di realtà che, nonostante risorse e numero di volontari contenuti, sono impegnate quotidianamente con attività di grande rilevanza per le comunità locali, dal punto di vista culturale, aggregativo e di promozione sociale. – prosegue Cavalli – Il Codice del Terzo Settore ha portato anche benefici, sia chiaro: pensiamo alla possibilità di svolgere attività anche nei confronti dei non associati, che incentiva più persone ad avvicinarsi alle nostre proposte aumentando l’affluenza alle iniziative che organizziamo. Ma al prezzo di maggiori vincoli, soprattutto economici”. Ultimo, ma non per importanza, il tema della responsabilità dei volontari.
“ In capo ai componenti del consiglio direttivo di un’associazione sussiste una responsabilità civile, ma anche penale, ad esempio in caso di denunce. – conclude la volontaria di Kairos – Questo non va assolutamente sottovalutato: rischiare di avere conseguenze penali è un forte disincentivo ad avvicinarsi al volontariato. Un elemento che di certo non aiuta visti i problemi già sottolineati, soprattutto se si considera anche l’impatto portato dalla pandemia qualche anno fa, che già aveva reso più difficile il reperimento di volontari”. Le difficoltà, dunque, sono reali, numerose e concrete. Un vero cambio di rotta può arrivare solo dallo Stato, che riconosca le diversità strutturali degli enti del mondo no profit e, di conseguenza, preveda oneri differenziati. Per non perdere quelle realtà che, in territori come il nostro, rappresentano una vera e propria eccellenza.