Re Carlton è tornato. Quindici anni dopo la sua ultima apparizione in canotta riminese (la dolorosa sconfitta 0-3 nella finale play off con i cugini di Forlì), il “molleggiato” è di nuovo un giocatore del Basket Rimini. Il suo arrivo ha già portato entusiasmo: alla sua presentazione c’erano più di cento tifosi.
Torni ad indossare la canotta del Basket Rimini quindici anni dopo: che effetto ti fa?
“Sono tornato a casa, ma in realtà non l’ho mai lasciata. Certo, giocare dove sono cresciuto, e non solo cestisticamente, e dove vivo con la mia famiglia, provoca una emozione particolare”.
L’inizio del campionato è ancora lontano, ma quale ruolo potranno recitare Crabs?
“Speriamo che la squadra faccia un bel campionato. Confesso: mi piacerebbe chiudere alla grande”.
Che squadra è il Basket Rimini 2009/2010?
“Sulla carta, con German Scarone, Bennerman e me una squadra offensiva. Ma senza difesa non si va da nessuna parte. Dunque…”.
Tu e German, due forti personalità in campo. Chi sarà il capitano? E a chi spetterà l’ultimo tiro?
“Il capitano c’è già ed è German. Da me i tifosi possono aspettarsi un quindicina di tiri da 3, un paio di penetrazioni, poca difesa (ride). E per l’ultimo tiro, non guardate me. Scherzi a parte, l’importante è creare un buon ultimo tiro, magari con il referto rosa già in tasca”.
Hai vinto un Europeo, un campionato, una coppa Italia e una Supercoppa; nove anni fa sei stato il portabandiera dell’Italia alle Olimpiadi. Oggi, a 38 anni, scendi in LegaDue con la squadra della tua città. Con quali stimoli?
“Stimoli da vendere, come sempre. Perdere mi dà sempre fastidio, anche quando gioco a ping pong o a bowling in vacanza con mio figlio Joel”.
Come pensi di gestirti fisicamente?
“Come ho fatto negli ultimi anni. Un po’ amministravo, un po’ mi gestivo bene. D’altra parte se gioca ancora German che come minimo avrà 44 anni figuratevi cosa posso fare io (ride sonoramente). Certo non posso fare due allenamenti al giorno come gli altri giocatori più giovani, ma con un lavoro differenziato sono pronto a stare sul parquet fino a quando il Signore vorrà”.
Oggi che uomo e atleta è Carlton Myers?
“Nel corso della mia carriera so di non essere stato sempre un buon esempio per i più giovani. Da qualche anno però sono maturato, sono una persona diversa grazie al Signore che mi sta cambiando la vita (Myers è fedele alla Chiesa Evangelica, ndr). Sono meno impulsivo, e più riflessivo, anche se qualche sprazzo di rabbia ancora lo vivo. So di avere una grande responsabilità nei confronti dei compagni e dei tifosi: a questo punto della mia vita vorrei essere un esempio positivo”.
Sei stato protagonista anche di una campagna contro il razzismo. Hai notato qualche canestro nei confronti di questo pericolo strisciante?
“Ci sono comportamenti più corretti, in campo e fuori. Il calcio, da questo punto di vista, è ancora più infangato. Ma la guardia deve rimanere sempre alta: è una questione di civiltà”.
Da qualche anno ti sei impegnato a Rimini anche nel settore giovanile, in particolare con un’iniziativa rivolta all’integrazione attraverso lo sport.
“Il progetto si chiama As you, Come te. Vuole aiutare i ragazzi stranieri ad integrarsi nella società attraverso lo sport, e in particolar modo il basket. Dal punto di vista organizzativo, As you è gestito dall’allenatore Massimiliano Intorcia. Attualmente stiamo sostenendo a canestro un ragazzo di madre africana e padre inglese”.
Paolo Guiducci