Vivere è educare. Il messaggio viene dalla 59ª assemblea generale della Cei che, dal 25 al 29 maggio, ha visto i vescovi e una rappresentanza del laicato, dedicare tempo e ancor più passione e pensiero al tema dell’educare. Tema che ritmerà i passi della Chiesa italiana nel prossimo decennio.
Affrontare la questione educativa in un tempo di crisi, in un momento in cui urgono risposte immediate a problemi gravi e pressanti potrebbe sembrare un po’ fuori luogo.
Nell’era dell’alta velocità della tecnologia perché mai richiamare il ritmo del passo dell’uomo sempre alla ricerca di una felicità non effimera? Forse significa andare alla radice delle questioni che oggi vedono una società troppo preoccupata, incerta e insicura. Forse significa far nascere domande diverse da quelle imposte dal consumo e dall’apparenza e dare strumenti per cercare e trovare risposte che non deludono.
I vescovi hanno definito “arte” quest’opera dell’intelletto e del cuore.
“L’arte di educare” è la capacità di far nascere nell’altro la gioia di vivere, la gioia di fare della vita la più grande e bella avventura, la gioia di essere cristiani nella città e nella storia. È incoraggiante dunque pensare, con Benedetto XVI, che gli “educatori autorevoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia” siano degli artisti, uomini e donne che amano la bellezza, la vivono, la trasmettono con i loro volti nella coerenza e nella serenità della loro esperienza quotidiana. Artisti che non s’improvvisano e non improvvisano, artisti che non si esibiscono con un protagonismo individualistico o di gruppo. Fedeli alla “pedagogia dell’unico Maestro”, hanno affermato i vescovi, occorre educare “tutti insieme” altrimenti “non si educa”. Impegno educativo nella Chiesa come un dialogo ogni giorno cercato con Chi ha donato al mondo la bellezza, con Chi è la Bellezza. Su questa strada i giovani, oggi come ieri, cercano adulti autorevoli che non solo conoscano bene la direzione e la meta ma anche siano capaci di condividere la fatica e l’incertezza, siano pronti a sedersi accanto nel momento della stanchezza e di riprendere il cammino con un sorriso.
Paolo Bustaffa