Una piccola impresa. Quella di parlare del Borgo San Giuliano di Rimini senza citare i murales dedicati a Federico Fellini e la storia dei pescatori tout court, ma raccontare della vita di strada e della vita della Parrocchia che è cuore stesso del Borgo. Nel libro <+cors>Il borgo all’ombra del campanile. Vita di Parrocchia al Borgo San Giuliano di Rimini<+testo_band>, curato da Liana Berti Baldinini, Renato Berti e Giuliano Ghirardelli, si racconta (ed è lo stesso Ghirardelli a farlo in Prefazione) «della vita della Chiesa, della vita di Parrocchia, all’interno di un Borgo conosciuto e riconosciuto come uno tra i più rossi d’Italia! Borgo che certamente non ha fatto la storia della nazione come l’Oltretorrente, l’antico quartiere popolare di Parma, ma che sicuramente ha inciso – e come! – nelle vicende cittadine, in una Rimini che aveva sempre visto, appunto, in questa borgata oltre il Marecchia, l’ambiente più popolare, più emarginato (per il lungo periodo), più rivoluzionario, più acceso, insomma più “diverso”. (…) Nei giornali e nei libri dedicati negli anni a questa borgata – e scaturiti dall’interno – si era parlato di tutto… ma poco, pochissimo, delle vicende parrocchiali, legate ad una Chiesa e al suo Oratorio, tra l’altro numerosamente frequentato». Ad accendere le luci della ribalta sulla Parrocchia è stato Renato Berti che in una lettera di “protesta” inviata ai curatori del periodico e’ Foi de Borg puntualizzò che: il Borgo è la Parrocchia, da sempre riferimento storico per la comunità. «Renato Berti – racconta ancora Ghirardelli in prefazione – offre il meglio di se stesso rievocando un’infanzia ed un’adolescenza, anch’esse, povere e popolari, nonostante non fossero tinte di rosso».
Mondi a confronto, contraddizioni che si toccano. Dall’altra parte giovani forse ancora più poveri che non frequentavano la Chiesa e il suo cortile ma il Circolo comunista del dopoguerra. «La dittatura, dalla quale l’Italia, Rimini e il Borgo uscivano, nonostante la forte repressione non era riuscita a impedire che ragazzi e giovanissimi ricevessero dai più anziani un’educazione politica alternativa e che venissero a conoscenza di altri mondi, di altre società, più liberi e contraddistinti da una maggiore eguaglianza; magari erano racconti sussurrati a bassa voce, che evocavano rivoluzioni, personaggi e paesi leggendari. (…) Un ambiente, quello in cui vivevano i ragazzi di borgata che assomigliava ad una sorta di piccolo far west: una vita che si svolgeva tutta sulla strada, negli orti e nelle sponde del fiume».
Dentro il Borgo si visse uno scontro, quello scontro politico che attraversò l’intero paese nel dopoguerra. «Esisteva nelle contrade di San Giuliano una comunità proletaria così radicata nelle proprie convinzioni, da risultare originale, quasi unica rispetto agli altri quartieri. Ovunque c’era la Chiesa, ma qui c’era anche qualche cos’altro. A questa anima popolare e ribelle, il Borgo laico ha dato la precedenza, non perché racchiudesse verità e ragione. Ma per la sua forte singolarità e vitalità, al di là della ubriacatura comunista! Ed ora che lo scontro ideologico – fortunatamente – appartiene al passato, rimangono, comunque, piccole testimonianze di quelle diversità».
Il libro è molto bello, capace di fare emergere l’umanità dentro le contraddizioni. Da una parte la chiesa che con il suo volto severo stava accanto alla gente, proprio lì all’ombra del campanile; dall’altra una politica opposta che nascondeva la sua idea di “umanità”. Molte testimonianze dirette e immagini raccontano tutto questo in 187 pagine di piccola, grande storia.
a cura di Angela De Rubeis