La notte di Elena ha i colori di una strada illuminata, a tratti, solo dai fanali delle auto di passaggio. Ha il rumore delle ruote che sfregano sull’asfalto, della suoneria del telefonino stretto nella mano destra, del silenzio di un angolo di marciapiede ormai familiare. La Rimini di Elena è questa: uno scorcio di Statale, una macchina che si ferma, un calendario dove segnare i giorni che mancano al ritorno a casa, in Romania. Là, a Timisoara, ha una figlia di 5 anni che ora sta con i nonni. È a loro che Elena manda i soldi raccolti notte dopo notte, ora dopo ora, sulla strada. “Mi sono stancata, ma è il destino che decide per me, l’alternativa era rubare o spacciare” commenta. La forza di volontà, dopo anni di prostituzione, sembra ormai venuta meno, anche fisicamente. Eppure ha solo 23 anni questa ragazza dalla pelle chiara come la luna, che incontro sulla Flaminia, in zona aeroporto. È una sera di metà agosto, sono appena passate le 22 e tra le Befane e la rotonda delle Vele di Riccione, si scorgono già diverse ragazze, tutte giovanissime. Ne conto almeno quindici. Da sole o in coppia, talvolta in gruppi da 4. I punti più frequentati sono quelli davanti a Fiabilandia, a pochi passi dal Bowling, il piazzale di fronte a “Migani” all’inizio di Riccione e, poco più avanti in direzione sud, l’incrocio con la strada che porta in zona Alba. Qui, dicono alcune ragazze che accettano di parlare (per ovvi motivi, le chiameremo con nomi di fantasia) si può iniziare a lavorare prima che al mare.
Mentre parlo con Elena noto una collega in abiti succinti, dal fare ben più spavaldo. Non faccio in tempo ad avvicinarmi che si ferma un’auto targata RN. La contrattazione va in porto, la giovane sale e la macchina riparte per riportarla qui dopo neanche un quarto d’ora. Quanto si prende? Chiedo alla mia interlocutrice. Una prestazione completa viene sui 50 euro, “ma c’è chi, con la crisi, ne propone anche 20 senza protezione”.
Dopo la mezzanotte mi sposto in zona mare. Su via D’Annunzio, sempre a Riccione, si vede ancora quache coppia o famiglia con bambini, passeggiare. A pochi passi dalla rotonda del “Pepenero” c’è un gruppetto di tre donne, la più “anziana” non arriva ai 25 anni. Dice di chiamarsi Dana: anche lei è rumena e anche lei ha due figli piccoli. Ma lei, un marito, al contrario di Elena ce l’ha. “Solo che sta a casa e non fa nulla, sono io a mandare i soldi” spiega. In Romania – lo capirò sentendo altre ragazze nel corso della notte – funziona spesso così. E ancora una volta al lavoro sulla strada non si vedono alternative. “Là paghi tutto, anche l’ospedale” lamenta Dana prima di salutarmi. Il telefono squilla, potrebbe arrivare la polizia. Si scopre così perché molte ragazze non mollano il cellulare neanche un attimo: “In caso di controlli ci avvisano subito” racconta Ester, 20 anni, polacca. A lei spetta l’angolo tra via D’Annunzio e la stradina che porta al ristorante sulla spiaggia “Sol y Mar”. “Sono tornata da due settimane, mi sono sposata” sorride come se ricominciare fosse la cosa più normale del mondo. In realtà, noto nel suo sguardo un accenno di stanchezza. “Cosa mi piacerebbe fare? Aprire qualcosa di mio, magari un ristorante”. Nuovo sorriso, un’occhiata veloce alla borsetta, poi se ne va per riaccostarsi alle auto in corsa.
Verso l’una i marciapiedi si svuotano, ormai in certi punti sono rimaste solo loro. Da Miramare a Marebello ne conto più di una decina. La mia attenzione si sofferma su una giovane bionda, slanciata, tacchi altissimi, minigonna e top. Mi dice di avere vent’anni, a guardarla bene non arriva ai 18. Mi lancia un’occhiata sospettosa, non sembra avere l’intenzione di parlare anche perché – dice a monosillabi – è in Italia da una settimana. Mi allontano, la sensazione è di metterla in difficoltà. Poco più avanti c’è Irina, 22 anni, anche lei rumena. Ha iniziato alle 23 e rimarrà in “servizio” fino alle 3, massimo 4, “dipende come va la serata”. Anche in questo caso, però, la motivazione pare venuta meno. “C’è gente che lo fa da cinque anni, io non potrei mai”. Racconta di aver resistito anche d’inverno, in mezzo alla neve, di averlo fatto – anche lei – per i suoi figli piccoli che non vede l’ora di riabbracciare. E si lamenta dei controlli. “Quest’anno è dura, l’altra notte mi hanno multato per la terza volta. Perché le devo pagare? Ci sono ragazze più svestite di me! E poi – conclude – io ho l’avvocato. Se ti fanno la denuncia e sei difesa, poi ti lasciano andare”. Un ritornello che sentirò ripetere spesso, in questa lunga nottata.
Alessandra Leardini