Femminicidio, stalking, molestie, violenza sessuale. Quando il genere femminile e quello maschile s’incontrano in modo malato è quasi sempre la prima categoria a rimanere schiacciata sotto il peso del confronto.
“Tra il primo gennaio 2015 e il 12 settembre 2017 sono state formalizzate negli uffici delle Forze dell’ordine presenti nell’intera provincia di Rimini 115 denunce per violenza sessuale aggravata e di gruppo, 19 denunce per violenza sessuale su minori e atti sessuali con minorenni, 90 denunce per maltrattamenti in famiglia, 117 denunce per atti persecutori e stalking. Dal 1° gennaio 2016 al 13 novembre 2017 sono state presentate al Questore di Rimini 72 istanze di ammonimento per atti persecutori e stalking”.
Questi numeri, drammatici, sono stati diffusi in occasione dell’incontro “…Però no, chiamarlo amore non si può…” organizzato dalla Prefettura di Rimini, che ha messo insieme associazioni, Servizio sanitario, Questura e forze dell’ordine.
Ognuno ha messo sul piatto la propria esperienza, le competenze e gli strumenti usati per fronteggiare quella che di fatto, in questi ultimi anni, è diventata una vera e propria emergenza.
Il primo a parlare di strumenti di lavoro è stato Davide Ercolani, Sostituto Procuratore di Rimini che ha sottolineato come “gli strumenti si sono adeguati negli ultimi anni anche perché il fenomeno è cambiato. Ci sono alcuni miti da sfatare, come per esempio il fatto che siano più le donne straniere a subire violenza. Questo non è vero, è un fenomeno trasversale. Le dinamiche sono diverse, ci siamo accorti che molti episodi di violenza possono scatenarsi anche per le mutate situazioni all’interno della famiglia, come per esempio l’indipendenza femminile e il fatto che sia anche la donna a portare i soldi a casa”. Senza entrare nei tecnicismi, un altro elemento interessante è quella che il Sostituto Procuratore chiama “Figura della vittima vulnerabile”, che equipara la donna vittima di violenza al minore: “Questo vuol dire che possiamo utilizzare lo strumento dell’incidente probatorio, ossia possiamo sentire una vittima in una situazione protetta, in un ufficio con un giudice, uno psicologo. E poi la sentiamo una sola volta, evitando che la vittima debba ripercorrere quello che è successo”. Altro strumento molto interessante è quello di cui parla il <+nero>Questore di Rimini, Maurizio Improta: l’ammonimento. “Dal 2009 precisa il Questore – io posso chiamare una persona nel mio ufficio e fare una sorta di ramanzina. Per la cronaca devo dire che anche Eddy Tavares, l’aggressore di Gessica Notaro, è stato da me ammonito. Questo per dire che l’ammonimento può anche non avere effetto”.
In generale si è parlato molto della denuncia, della possibilità delle donne di avere dei punti di contatto, degli appigli, delle possibilità. Dalle associazioni come Rompi il Silenzio ai gazebo informativi nei pressi dei supermercati e nei giorni del mercato “perché quelli – continua il dott. Improta – sono i momenti nei quali le donne sono da sole e possono sentirsi libere di avvicinarsi”.
E torna come un leitmotiv la frase della canzone di Edoardo Bennato, La Fata, che ha anche dato il nome all’incontro “…Però no, chiamarlo amore non si può…”.
Angela De Rubeis