Meditazione sul Natale
Davanti a quella mangiatoia chiediamo di essere illuminati dalla luce vera, perché si veda che Gesù è venuto, che noi siamo stati chiamati a continuare la sua missione: essere luce
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9) In questo periodo le città sono vestite a festa, uno scintillare di luci che ci rallegra e che accompagna questo tempo di attesa che ci separa dal Natale. Facilmente ci troviamo a pensare che questa cornice luminosa, festosa sia metafora e anche profezia di una di una Luce più forte, la luce vera, che viene nel mondo, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9).
Spostiamoci per un momento a Betlemme. Chissà che luce avranno visto i pastori in quella mangiatoia? In fondo era una scena di vita comune, eppure una luce è esplosa nel loro cuore e sono tornati pieni di gioia lodando Dio. Non c’era molto da vedere: una stanza a pian terreno, dove si depositavano gli attrezzi di lavoro, dove si ricoveravano animali e dove era di casa una mangiatoia e siccome il vangelo dice che non c’era un altro posto adatto, Maria e Giuseppe deposero il piccolo Gesù nella greppia. La stanza non era neanche bene illuminata. Allora che luce avranno visto i pastori?
È vero che erano apparse loro le schiere celesti, venute non certo al buio, ma davanti a quella mangiatoia nascosta, dentro di loro è scoppiata la luce, la luce ha illuminato gli occhi dell’anima. Perché è potuto accadere questo nonostante fossero piccoli, ultimi, persone emarginate in quanto lontane dalla pratica religiosa? Perché hanno creduto senza tentennamenti all’annuncio degli angeli.
Dalla nascita di Gesù in poi il Nuovo Testamento menziona tantissime volte la luce, ma richiami alla luce costellano le pagine di tutta la bibbia. Perché? Era un’immagine molto usata dai maestri di Israele, in quanto molto pratica; partendo, infatti, dall’osservazione della natura, notavano che la vita e l’abbondanza di frutti della terra erano prodotti dal calore e dalla luce, così questa è diventata figura di ciò che è positivo, metafora della felicità, del benessere, dell’abbondanza. L’immagine di Dio nella bibbia non poteva che essere associata allo splendore. Nelle teofanie Dio era immaginato rivestito di maestà e di splendore, si avvolgeva della luce degli astri ( Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto…, Sal 104,1). Un Dio così avvolto di splendore non poteva fare che cose buone, per cui, quando il suo volto si illuminava, allora si manifestavano il suo favore, la sua benevolenza, la sua misericordia ( Sul tuo servo fa splendere il tuo volto, salvami per la tua misericordia, Sal 31,17; Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti faccia grazia, Nm 6,25).
Questo valeva anche nelle situazioni difficili, di sofferenza in mezzo alle quali l’uomo riceveva consolazione e speranza ( Manda la tua luce e la tua verità, mi guidino… alla tua dimora… perché ti rattristi anima mia?… spera in Dio, ancora potrò lodarlo, Sal 43,3.4). Ci sono anche consolanti profezie che mettono in relazione la luce con la pace. Il profeta Isaia annuncia la pace che si realizzerà alla fine dei giorni, cioè nei tempi messianici: Venite, camminiamo nella luce del Signore… Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci (Is 2,5.4).
Poi la profezia messianica per eccellenza annuncia la gioia della liberazione che si realizzerà nella pienezza dei tempi: Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce… Hai moltiplicato la gioia…. perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva (Is 9,1-3). Però nell’ AT la luce non è l’essenza di Dio, ne è piuttosto una proprietà, quasi un attributo.
Dopo secoli di attesa, la profezia messianica di Isaia si realizza a Betlemme di Giudea: l’attesa è finita, perché lo splendore del Dio eterno che abita la luce inaccessibile (1Tm 6,16) assume un volto umano, quello di Gesù di Nazaret. La vita di Dio si manifesta nella carne del suo Verbo e questa volta la luce non è più un predicato della divinità, ma è la sua essenza, ne è l’esegesi: Dio, che è vita è anche luce ( In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini, Gv 1,4), era la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9), unica, definitiva.
Gesù stesso dirà: Io sono la luce del mondo (Gv 8,12); dunque Dio è luce (1Gv 1,5) contrapposta alle tenebre del mondo e del peccato. Gesù è venuto a spaccare queste tenebre ( Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre, Gv 12,46). Da questa luce si irradiano i raggi della fedeltà, della misericordia, della salvezza di Dio, in ultima analisi si irradia l’amore di Dio, Dio si manifesta come Amore.
Torniamo un attimo a Betlemme. Quando a Betlemme è arrivata la stella, le tenebre del mondo sono state scosse da questa luce, hanno iniziato la battaglia contro; il primo eclatante esempio è Erode, che ha messo in moto tutte le forze delle tenebre che erano alla sua portata per distruggere la luce, ma queste non l’hanno sopraffatta. Non potevano, perché il piano di salvezza doveva realizzarsi. Ricordate l’episodio di Balaam? (Nm 24,17). Siamo nel contesto dell’Esodo; questo profeta al negativo, chiamato per maledire Israele in marcia verso la terra promessa è costretto dallo Spirito a benedire profetizzando: Io lo vedo, ma non ora…una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele. Nell’antichità ogni uomo aveva la sua stella, i personaggi importanti ne avevano una speciale. Quella di Gesù l’hanno vista solo i Magi, perché solo questi saggi, studiosi, nell’onestà del cuore ricercavano il detentore di quella stella, perciò lo riconoscono e lo omaggiano. La vede chi la vuole vedere. Quanta diversità nell’accogliere la stessa realtà (Erode e i Magi)… Solo le intenzioni pure colgono la verità e questa sviluppa la sua forza che trasforma e trascina.
Che succede a chi accetta la luce di Dio? Innanzitutto gusta la vita divina in sé, poi accoglie l’esortazione del Maestro: La vostra luce splenda davanti agli uomini (Mt 5,16); e quando risplende è una forza per sua natura prorompente, diffusiva, coinvolgente. Per noi cristiani è una forza che viene dal battesimo, perché con il battesimo siamo stati innestati nella sua vita, abbiamo la sua luce in noi e diventiamo luce noi stessi.
Accade come quando la fiamma di una fiaccola passa di mano in mano e appicca il suo fuoco, (come la notte di Pasqua) finché le tenebre sono squarciate.
Gli apostoli che avevano sperimentato per primi tutto questo affermano con forza: Siete tutti figli della luce…; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri (1Ts 5,4-5). Le esortazioni sono potenti: Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità (Ef 5,8); … gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno (Rm 13,11-14).
Torniamo alla mangiatoia di Betlemme: a quella greppia Gesù attende tutti gli uomini… È a Betlemme che è venuto a cercarli e li cercherà fino alla fine del mondo. È la pazienza di un Dio, è l’Amore di un Dio.
Mi piace immaginare che noi cristiani, dopo aver contemplato la luce del mondo deposto in quella greppia, partiamo di lì come una lunga schiera che si snoda con le fiaccole accese in cammino verso la Terra promessa, e mentre camminiamo appicchiamo il fuoco alle torce di tutti quelli che incontriamo, finché insieme arriviamo alla Gerusalemme, celeste. Lì non vi sarà più tenebra, non ci sarà più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché la gloria di Dio sarà la luce eterna e la sua lampada l’Agnello (Ap 22,5; 21, 23).
Davanti a quella mangiatoia situata nella penombra di una cantina chiediamo in questo Natale, di essere illuminati come i pastori dalla luce vera, di diventare sempre più consapevoli di questo grande dono, perché si veda che Gesù è venuto, che noi siamo stati chiamati a continuare la sua missione: essere luce nel mondo.
Laila Lucci