Sessantasette morti in due anni e sette mesi. Vale a dire, una vita spezzata ogni dodici giorni. Un’enormità. Un fiume (di sangue) in piena che scorre lungo le strade della provincia senza che nessuno, o niente, riesca ad arginarlo. Sessantasette famiglie distrutte a causa dell’alta velocità, della distrazione, del fato ma soprattutto dell’incoscenza di chi è alla guida su quattro o due ruote. E a rimetterci, spesso e volentieri, sono gli utenti che il Codice della Strada definisce “più deboli”: i pedoni. Diciotto quelli che sono rimasti uccisi sull’asfalto in questi 814 giorni: sette nel 2008, altrettanti nel 2009 e quattro fino a luglio di quest’anno. Troppi. Persone che stavano attraversando la strada sulle strisce pedonali. Persone che avevano la precedenza ma che nonostante tutto sono state falciate via in un secondo. E tutti a domandarsi perché, come fare per bloccare questa strage infinita. Il Comune aveva lanciato una proposta, un servizio ad hoc da parte dei vigili urbani: sosta in prossimità degli incroci, eccesso di velocità e mancato rispetto delle strisce pedonali, uso del telefonino alla guida… Dovevano essere questi gli obiettivi della task force. Dovevano, perché in realtà, a parte qualche controllo, sulle strade tutti continuano a fare il loro comodo. Soprattutto quando si arriva in prossimità delle “zebre”. Del resto con le storie che si possono raccogliere quotidianamente sull’asfalto, si potrebbe scrivere una collana infinita. Storie di una tragedia senza fine come quella che mercoledì 27 maggio 2009 ha scosso tutta la provincia: quel giorno, Elisabetta Costanzi e il marito Gioacchino Valeriani furono uccisi sulle strisce bianconere davanti al Garden mentre stavano accompagnando il loro nipotino a casa. Trovarono la morte proprio nel tentativo di salvare quella creatura indifesa. La colpa? Di un 68enne sammarinese distratto che stava transitando a forte velocità su un tratto di strada dove il limite è di 50 chilometri orari. Storie tragiche come quella di suor Maria Angioletta che lo scorso primo aprile mentre stava recandosi nella casa delle Pie Discepole in via Olivieri, a Rimini è stata investita da uno scooterone mentre era sulle “zebre” proprio davanti alla ferramenta Cita. E poi tante altre storie che potevano finire in un altro spargimento di sangue ma che per miracolo si sono risolte solo con un grande spavento o con qualche acciacco.
Le storie
Come quella della famiglia Giovanardi. Ultima domenica di aprile. Papà Paolo e mamma Chiara stanno portando il loro primogenito, Alberto, alla messa del Battesimo.
“Al solo ricordo mi vengono ancora i conati di vomito dalla paura – racconta Paolo che a distanza di tre mesi non ha superato del tutto lo choch – avevo mio figlio nel passeggino, stavamo raggiungendo la nostra parrocchia. Siamo arrivati all’altezza delle strisce pedonali, ricordo che c’era il filobus in attesa di far salire delle persone. Ho percorso giusto qualche metro quando dal marciapiede opposto ho sentito un grido che mi ha gelato il sangue. Mi sono bloccato ma non ho fatto in tempo a capire cosa stesse accadendo che qualcosa ha urtato il passeggino fortunatamente in modo lieve. Era un taxi che stava viaggiando a non meno di 80 chilometri orari”.
Fortunatamente, a parte lo spavento, nessuno si è fatto male. Ma quello di sorpassare i mezzi che danno la precedenza ai pedoni è un malcostume molto diffuso sulle nostre strade. Ne sa qualcosa Angela investita da una macchina che pur avendo la freccia per voltare ad un incrocio, ha tirato dritto. “E dire che aveva anche rallentato in prossimità dell’incrocio, ma non rallentava per girare. La freccia le era rimasta dopo il sorpasso ad un autobus fermo”.
Morale della favola: un bel salto di un metro prima di incontrare da vicino l’asfalto, tanta paura e due vertebre incrinate. È andata meglio a Gianluca Ricci, ma solo grazie alla prontezza di un automobilista.
“Ero nei pressi dell’ospedale di Riccione, dovevo attraversare la strada. Un’auto si è fermata e mi ha dato la precedenza. Ho alzato la mano per ringraziare e stavo portandomi dall’altra parte quando ho sentito il rumore di una frenata e mi sono ritrovato il muso di una Punto all’altezza del ginocchio. Ringraziando Dio, chi mi aveva lasciato passare si era accorto dallo specchietto di quello che stava accadendo e aveva spostato leggermente la sua vettura innescando il brusco stop di questo disgraziato”.
Altra storia che poteva finire in tragedia è quella di Francesco, 37enne riminese. Un paio di settimane fa era a spasso con la figlioletta di cinque anni quando, sulle strisce, è stato sfiorato dalle ruote di una macchina sbucata come un proiettile.
“Ero con mia figlia – ricorda – e avevo fatto colazione al bar Dalla Jole che si trova all’altezza dei vecchi uffici della Dogana di Rimini, in via Destra del Porto. Stavo tornando a casa, ero sulle strisce, quando questa vettura è uscita come un missile viaggiando in direzione mare-monte. In quel tratto di carreggiata c’è una leggera curva che rende quasi impossibile vedere chi arriva, fortunatamente il mio sesto senso mi ha aiutato e sono riuscito a spingere mia figlia indietro evitando che venisse colpita. La cosa che mi ha fatto più arrabbiare è che davanti a me c’erano due vigilesse che non hanno mosso un dito”.
È andata peggio a Carlo, 24enne originario di Bergamo ma riminese d’adozione.
“Mi ha investito una ragazza in motorino. Ero appena sceso dall’autobus in viale Principe Amedeo, più o meno nei pressi della parrocchia di San Girolamo. Appena ho messo giù i piedi mi sono ritrovato lungo disteso con una caviglia slogata e qualche abrasione al fianco”.
Sulle strisce giù dalla bici
Arianna, invece, ci ha rimesso un polso, un gomito e una multa di 22 euro.
“Ero in sella alla mia bici e stavo transitando lungo via Caduti di Marzabotto, ho attraversato la strada ma a pochi centimetri dal marciapiede un motorino mi ha sbilanciato e nel cadere mi sono fratturata polso e gomito”.
La corsa all’ospedale, i rilievi del caso e la notizia che l’ha mandata su tutte le furie: per l’assicurazione parte della colpa era anche la sua e non solo, i vigili le hanno elevato una contravvenzione di 22 euro. E sì, perché quando si è in sella a una bicicletta e si devono attraversare le strisce pedonali, bisogna obbligatoriamente scendere. Lo dice l’articolo 3 comma 1° nr. 3 del Codice della Strada. Ma in pochi lo rispettano.
Già, il rispetto. L’unica possibilità per arginare questo fiume in piena.
Francesco Barone