Lo abbiamo sentito tutti: il vescovo ha annunciato che nascerà anche nella nostra Chiesa riminese l’antico «ordo virginum» (Cattedrale, 2 febbraio), la più antica forma di vita consacrata femminile.
Come abbiamo già anticipato da queste pagine, l’anno prossimo saranno consacrate le prime due donne, ma prima di questo importante evento ecclesiale, cerchiamo di capire meglio di che cosa si tratta. Lo abbiamo chiesto a chi già vive questa consacrazione: Daniela Giuliani, 36 anni, della Diocesi di Senigallia; lavora in Comune come architetto e dal 2008 è consacrata al Signore secondo il Rito dell’ordo virginum; ha lavorato alla nascita del Punto Giovane di Senigallia (prima cellula fuori Diocesi del Punto Giovane di Riccione), dove tutt’ora vive, ed è al servizio della pastorale vocazionale della sua Diocesi.
Daniela, come hai spiegato alla tua famiglia e ai tuoi amici la tua scelta?
“Ho raccontato loro il mio sì sponsale al Signore con una preghiera di Madleine Delbrel: «Fa’ che come fiammelle nelle stoppie, corriamo per le vie della città e fiancheggiamo le onde della folla, contagiosi di beatitudine, contagiosi della gioia».”
Cosa ti ha affascinato di più di questa forma di consacrazione?
“In questa chiamata il Signore mi ha fatto scoprire una via radicalissima e semplicissima per seguire il Vangelo e testimoniare il Suo Amore. Mi affascina pensare alle prime comunità cristiane, dove in modo semplice, donne e uomini, consacrati o sposati, vivevano in comunione, nella centralità dei sacramenti e nella testimonianza della carità. Quella comunione, quell’amicizia, hanno convertito il mondo perché niente come l’amore parla dell’Amore; ed è proprio l’Amore di Cristo, amore fedele, misericordioso, creativo, amore di sposo, di amico, che sono chiamata ad annunciare per le vie della città”.
C’è una caratteristica che vorresti sottolineare di più?
“Tra le caratteristiche di questa consacrazione vi è la diocesanità e proprio questo aspetto vorrei approfondire con voi alla vigilia della candidatura alla consacrazione di due donne nella vostra Chiesa riminese (13 maggio, ndr). La Diocesi è una porzione di territorio in cui la fede si è incarnata e s’incarna ogni giorno, è terra che ha una storia di fede, che ha volti di santi, che ha luoghi benedetti dal passaggio di Dio… vivere da consacrata nella mia Diocesi è scegliere di far parte “per sempre” di questa storia, di questa gente, di questa porzione di popolo eletto. La fede nuziale che porto al dito (uno dei segni della consacrazione) mi lega per l’eternità al Signore, ma nello stesso tempo mi lega a questa gente, chiamandomi ad amare “qui ed ora” chi mi è accanto, «affinché Cristo sia tutto in tutti». La Chiesa diocesana è poi madre, è grembo che genera figli di Dio e fratelli. Essere inserite nella Chiesa diocesana è condividere in primis questa maternità spirituale”.
Che rapporto hai con il tuo vescovo?
“La Chiesa diocesana è raccolta attorno al vescovo, e trova nel vescovo un padre, un pastore premuroso, uno sposo: così è della consacrata nell’ordo, che non in virtù di un voto di obbedienza, ma in virtù del suo essere sposa in una Chiesa-sposa, vive in costante riferimento al proprio vescovo. È dono per me il poter condividere con il vescovo le gioie e le sofferenze della nostra Chiesa, è dono il ricorrere a lui per scegliere un servizio da svolgere, o per discernere insieme sul futuro, perché in questo sperimento quell’abbandono nelle mani del Signore che libera la mia vita”.
Parlavi prima di maternità spirituale: in che modo la vivi nella tua Chiesa?
“Tempo fa un amico sacerdote mi ha chiesto di custodire lui e i giovani che il Signore ci ha affidato nel “mio grembo di madre”… è stata una carezza di Dio. Ancora molta è la strada che devo compiere per essere madre nella fede, ma il primo passo è farmi grembo accogliente per lo Spirito Santo, nella preghiera e nelle relazioni con i fratelli. Il vescovo mi ha chiesto di dedicarmi alla pastorale vocazionale diocesana: come vorrei che il mio farmi accanto ai giovani che devono decidere della loro vita, che il mio custodirli nel cuore, che il mio aiutarli ad abbandonare la vita nelle mani di Cristo, fosse un giorno la premura di tutta la nostra Chiesa! Ma per questo non posso che iniziare io, convertendo il mio egoismo, lasciando fare allo Spirito, vivendo in pienezza la mia vocazione”.
Che cosa vorresti dire alla Chiesa di Rimini?
“Ringraziate Dio abbondantemente per il dono della consacrazione di due donne della vostra Diocesi, perché se il Signore ha scelto loro è perché benedice voi, che le avete generate alla fede e che le accogliete tra le vostre case, come spose di Cristo”.
Elisabetta Casadei