Sono passati venticinque anni dal 30 gennaio 1988, quando una guardia giurata, Giampiero Picello, 41 anni, di Ravenna, fu uccisa davanti al supermercato Coop Portici alle Celle di Rimini. Era la prima vittima di una strana banda che, sino al 24 maggio 1994, ne avrebbe fatte altre, per un totale di 25 morti e 10 feriti in 103 delitti. Tra quei 25 morti c’è pure Antonio Mosca, 39 anni, poliziotto del Commissariato di Rimini, ferito a Cesena il 3 ottobre 1987 (assieme a Luigi Cenci, 25, ed Addolorata Di Campi, 22), e morto nel 1989. I tre agenti erano a bordo di un’auto-civetta del nostro Commissariato, intervenuta contro la banda del racket che aveva preso di mira l’autosalone riminese di Savino Grossi. La banda fu intercettata dalla polizia mentre stava ritirando a Cesena sull’autostrada una valigetta piena di soldi. I banditi spararono contro la vettura di Grossi e l’auto-civetta del Commissariato di Rimini.
Sul nostro giornale osservai allora che nella vicenda delle Celle c’era un particolare sfuggito alla cronache dei quotidiani, e che verrà confermato dalla indagini sulla banda riminese della “Uno bianca”: “Il piano della fuga era stato predisposto con attenzione, utilizzando scappatoie che solo gente molto pratica della zona” poteva conoscere. Come scrisse Sandro Provvisionato su L’Europeo (2003), il sostituto procuratore di Rimini Roberto Sapio fu “il primo a sostenere (non creduto)” che la banda fosse composta di gente in divisa.
A risolvere la vicenda della ”Uno bianca” sono stati due poliziotti riminesi, Pietro Costanza e Luciano Baglioni (il loro capo era Oreste Capocasa). Da soli scoprono i tre fratelli Savi, di cui due poliziotti. “Dopo la vicenda dei Savi me ne sono successe di tutti i colori” confidò Baglioni a Simonetta Pagnotti di Famiglia Cristiana (1997). Una agente di Polizia, Simona Mammano, recensendo il bel volume Uno bianca e trame nere di Antonella Beccaria, nel 2007 ha scritto: ”Una questione irrisolta per tutte: come è stato possibile che un commando di assassini potesse operare indisturbato per così tanto tempo?”. Concludeva: “Questa, dunque, è una storia scandita da errori, valutazioni sbagliate, depistaggi palesi e false testimonianze”.
Come per l’abbattimento dell’aereo di Enrico Mattei (1962) pilotato dal riminese Irnerio Bertuzzi. La sentenza sul caso De Mauro (1970), pubblicata lo scorso agosto, ha richiamato in causa un ex senatore Dc, Graziano Verzotto, scomparso nel 2010.
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Antonio Montanari