POVERTÀ, FAME, DISOCCUPAZIONE. Un regime che soffoca ogni forma di opposizione. La denuncia della Chiesa nel racconto di don Aldo Fonti, di ritorno dal suo viaggio
Venezuela: una tragedia umanitaria di cui nessuno parla… La denuncia viene da don Alto Fonti, parroco di Viserba mare e, per più di trent’anni, missionario nel paese latinoamericano dove ha lasciato il cuore e dove, di tanto in tanto, fa ritorno. L’abbiamo incontrato dopo il suo ultimo viaggio compiuto qualche settimana fa per riprendere i contatti con i vecchi amici della comunità di San Martin de Porres e soprattutto per comprendere dove sta andando il Paese ai tempi del regime di Maduro “ visto che qui in Italia non si sa niente…”
Raccontaci qualcosa del tuo viaggio
“Sono partito il 2 gennaio alle 18 da Bologna per Caracas via Istanbul con Turkish Airlines e sono giunto all’aeroporto di La Guaira alle 8 del mattino dopo.
L’aeroporto è a una trentina di chilometri dalla capitale, qui c’erano gli amici che mi aspettavano e mi hanno portato subito nella casa famiglia Corazon de Jesus di Canaima per riposare qualche ora e poi iniziare subito la visita”.
E come è andata?
“Ho visitato i barrios di Montesano, Canaima, Tropicana.
Sono quartieri popolari ubicati nella zona compresa tra il porto e l’aeroporto di Caracas e fanno parte della diocesi di La Guaira e della parrocchia San Martin de Porres, fondata da noi preti riminesi quarant’anni fa, nel lontano 1983. Per tutti gli anni ’80 e ’90 la nostra équipe ha promosso in quest’area programmi sociali, case famiglia, asili e un Centro di avviamento al lavoro: tutti progetti passati poi, poco alla volta, ai venezuelani e alle istituzioni locali. Da Rimini abbiamo comunque sempre mantenuto un contatto con questa realtà e continuato a fornire un sostegno alle aree più bisognose attraverso l’Associazione San Martin de Porres”.
Com’è la vita nei barrios?
“Fra i tanti problemi storici di questi quartieri c’è quello della carenza d’acqua, che viene somministrata attraverso camion cisterna. Ai miei tempi l’acqua era gratis, sovvenzionata dal Comune o dalla Regione, oggi si paga. Il camion però arriva fin dove c’è la strada, oltre non riesce a proseguire, così gli abitanti dei barrios che sono sulla cresta della montagna sono costretti a riempire i bidoni sulla strada e trasportarli poi fino alla loro baracca. Qualche anno fa, grazie a una generosa donazione di don Giuseppe Celli, venne finanziato un progetto per portare l’acqua fino al barrio di Canaima a 300 metri di altezza. Un sistema di tubature lungo 7 chilometri che assicura ‘ el apreciado liquido’ a 1.500 famiglie del barrio San Rafael. Ora c’è il progetto di estendere la tubatura ad altri abitati. Durante la mia visita non finivano più di ringraziarmi e soprattutto di ricordare don Giuseppe, cui hanno anche dedicato una targa al centro del barrio: Agradecimiento al P. Jose Celli” Dove hai vissuto durante la tua permanenza in Venezuela?
“Ho fatto la scelta di vivere nel barrio Canaima, nella casa famiglia con Cristobal e Carlos, due
ragazzi diversamente abili. Questa immersione nel quartiere mi ha dato la possibilità di stare con la gente e visitare le persone anche nelle loro case e ti dico sinceramente, conoscendo il Venezuela oramai da più di quarant’anni, che non ho mai trovato tanta fame e denutrizione come in questa visita: una vera emergenza umanitaria. Le famiglie sono tutte frantumate, in casa restano ormai solo vecchi e bambini, milioni di giovani sono emigrati e sono andati a lavorare in altri paesi da dove inviano alla famiglia qualche dollaro per sopravvivere”.
Il tuo è un giudizio pesante sul governo Maduro… “Da anni in Venezuela la democrazia è una bella parola, ma non è più una realtà. Tutte le inchieste dimostrano che il governo Maduro è rifiutato da una grande maggioranza della popolazione e si mantiene solo con l’appoggio dei militari. In Venezuela trionfa ormai un regime che vuole mantenere il potere ad ogni costo e pretende che tutti eseguano gli ordini del comandante. Gli incarichi si affidano a persone che obbediscono fedelmente, azzardarsi a porre obiezioni significa perdere il lavoro o anche peggio. Una vera forza di opposizione non esiste perché mancano i veri leaders, quelli che c’erano sono oggi in prigione come detenuti politici. La strategia è sempre quella: vincere le elezioni con votazioni truccate per rimanere eternamente al potere. Una strategia che viene da lontano, dai tempi di Chavez. Ricordo una sua frase quando vinse le prime elezioni: ‘ Hemos llegado para quedarnos’, Siamo arrivati per rimanere. Sono arrivati per sconfiggere una oligarchia che navigava nel petroldollari ma quella oligarchia è stata ora sostituita dai nuovi padroni che hanno imposto una dittatura ferrea su un popolo affamato”.
Cosa dice la Chiesa in proposito?
“La Chiesa è ritornata a far sentire la sua voce profetica, sollecitando il popolo e le istituzioni ad alzarsi per ricostruire un paese in rovina.
I vescovi riuniti in Conferenza Episcopale all’inizio dell’anno hanno pubblicato una nuova Esortazione Pastorale per orientare il paese e denunciare tutte le ingiustizie causate da quello che è stato chiamato ‘capitalismo socialista selvaggio’: scandalose diseguaglianze sociali, inflazione galoppante, impoverimento crescente di larghe fasce della popolazione.
Alcuni vescovi nelle loro diocesi hanno fatto eco al messaggio dell’Assemblea. Il 14 gennaio monsignor Basabe, vescovo di San Felipe e Amministratore Apostolico di Barquisimeto, in occasione della Festa della Madonna ‘La Pastora’ (la più partecipata di tutto il paese, con milioni di presenze) nella sua omelia ha tuonato con queste parole: « Vi invito a mettere nel cuore della nostra preghiera il nostro Venezuela ferito, maltrattato, saccheggiato, tradito fino all’impossibile, perché cessino le bolle di sapone della falsità economica che vogliono occultare al mondo la vera situazione del paese ».
Gli ha fatto seguito monsignor Mario Moronta, vescovo di San Cristobal che ha scritto una coraggiosa lettera aperta al presidente Maduro dove denuncia tra l’altro:
«Non è un segreto che oggi stiamo attraversando la più grave crisi politica, economica, sociale e morale. Il popolo è stanco, disprezzato, c’è repressione di ogni tipo. La maggioranza della nostra popolazione soffre una crisi di tipo umanitario. Il popolo chiede che lei ascolti il clamore che nasce dalla sofferenza, dalla fame, dalla prostrazione in cui si trova e che accetti di aprire le porte ad un cambio politico con rispetto dell’opposizione, attraverso libere elezioni in cui venga accolta la volontà popolare, con la presenza di osservatori esterni… »”.
Intervista a cura di Alberto Coloccioni