Comprare la macchina in tempi di crisi: difficile? No. Forse, ma solo per alcuni. La fotografia del mercato è anomala, i numeri uguale. Per la prima volta, dopo messaggi e messaggi, che davano la classe “media” come la più svantaggiata dalle cattive congiunture economiche, pare che nel mercato a quattro ruote a piegarsi siano le fasce più “alte”.
Anche i ricchi piangono, dunque. Fatto confermato dalla moria di concessionarie del lusso che si è abbattuta su Rimini e circondario.
A novembre 2009 sono state 10.801 le autovetture immatricolate nella provincia di Rimini (nell’intero 2008 erano state 11.612). Un calo di vendite che diventa evidente stillicidio se si considerano i numeri, mese per mese, delle vendite del primo semestre 2008 rispetto allo stesso periodo del 2009.
In particolare numeri di gennaio e febbraio mandarono in allarme tutti gli operatori del settore: nel primo mese 1.000 vetture vendute contro 1.537; nel secondo 963 contro 1.196.
Fortunatamente le cose sono andate oltre le previsioni e il 2009 si è rivelato meno nero di come si pensasse. Nel primo semestre, infatti, si osserva un 6.157 contro un 6.769 (-612 rispetto al 2008), mentre per il secondo semestre il gap sembra meno significativo: 4.614 contro 4.843 (-229 rispetto al 2008), anche se bisogna considerare che ai numeri del 2009 mancano gli ultimi 30 giorni dell’anno, per cui è possibile che si arrivi a un pareggio.
Merito dell’incentivo?
Se si pensa che gli incentivi statali sono partiti il 7 febbraio 2009, si può di certo affermare che questa soluzione sia stata ben accolta e, soprattutto, ben sfruttata, ma allora come si spiega la chiusura di tutte queste concessionarie a Rimini?
Presto fatto: gli incentivi lasciano fuori le fasce del lusso, di conseguenza, seppur le vendite siano andate relativamente bene, gli incentivi non hanno permesso di aggredire, in toto, la crisi.
Cronaca di un fallimento
Il caso più dibattuto è sicuramente quello che ha coinvolto e ancora coinvolge l’intricata questione di Riviera Auto.
Ai primi di agosto la società è stata messa in liquidazione. “In un modo anomalo, tra le altre cose – commenta Maria Teresa Marano, Funzionario Fiom Cgil – senza che noi, tantomeno i dipendeni, venissero avvisati in alcun modo”. La sorpresa è arivata al rientro delle ferie estive. In un primo momento si è parlato di un passaggio di proprietà, poi si è arrivati alla notizia della cessazione delle attività e della chiusura del salone.
Riviera Auto, teneva i marchi Audi e Volkswagen. Sono 24 i lavoratori specializzati in diversi settori, dall’officina alla vendita, che hanno perso il lavoro. “Siamo riusciti – continua la sindacalista – a rimediare una cassa straordinaria: sei mesi, più sei mesi in deroga, attraverso «Un patto per attraversare la crisi», ossia un patto con la Regione. Si tratta di un pacchetto di ammortizzatori sociali per le categorie di lavoratori che, secondo la legge nazionale, non rientrerebbero nelle categorie da sostenere”. In effetti, quello dei concessionari è da definirsi “attività commerciale” mentre la legge nazionale prevede la cassa integrazione per i lavoratori dell’industria.
Ci si interroga, allora: è stata la crisi?
“Questo è un caso particolare, perché i lavoratori dell’azienda testimoniano che gli affari non andavano poi così male, anche se c’era stata una lieve flessione delle vendite. Nulla, comunque, che avrebbe giustificato una chiusura lampo”.
Non è possibile fare un accordo per un passaggio di mani, per subentrare, visto che si tratta di marchi molto prestigiosi?
“Il problema è che non si può fare perché la casa madre ha ritirato i marchi. Il caso di Audi, poi è particolare. Ci sarebbe un altro concessionario, Reggini (già presente a Rimini e a San Marino), che vorrebbe il marchio ma Autogerma (che è la casa madre in Italia e decide sul marchio) non è ancora chiaro cosa voglia fare. Noi siamo in contatto, ma nessuna risposta ci è ancora arrivata”. L’obiettivo è quello di collocare i lavoratori prima che vengano a cadere gli ammortizzatori.
Non solo Riviera Auto
Quella della Bmw ex Cesarini può essere definita una storia a lieto fine. Il salone dopo la lunga gestione della famiglia Cesarini ha passato le chiavi a Diba, il gruppo marchigiano che ha diverse sedi tra Pesaro, Fano e Ancona. Quasi trenta i dipendenti che sono stati già assorbiti dalla nuova realtà. Attività cessata al 15 settembre e porte riaperte ai primi di dicembre, con i lavoratori che sono stati sostenuti attraverso l’ammortizatore “semplice” della disoccupazione. Ora il salone si chiama Car Point.
“Addirittura qualche lavoratore della Riviera Auto è stato assorbito dalla nuova gestione Diba”, a confermarlo Massimo Bellini, segretario Filcams – Cgil, responsabile del settore concessionarie auto che ricostruisce il quadro di quello che stà accadendo nelle concessioanarie della Provincia.
Diverssa la situazione per Auto Pronti Mercedes di Santarcangelo. Tre le sedi del gruppo: Pesaro, Cesena e Santarcangelo, appunto. “In questo contesto si è fatta una ristrutturazione – continua Bellini – e una ridistribuzione delle risorse a disposizione”. Risultato: dismesse due officine. “Ventidue i lavoratori coinvolti, otto dei quali godono della cassa integrazione guadagni straordinaria, i rimanenti sono in mobilità incentivata”.
In ottobre, Domenico Pronti, titolare della concessionaria, dichiarava alla stampa: “È in momenti eccezionali come questi che bisogna prendere provvedimenti anche impopolari. Si sono creati spazi nel mercato, attraverso la ristrutturazione possiamo approfittarne”.
Passa a Auto Pronti, infatti, la vendita della Smart e l’assistenza di Bmw e Mini (un tempo di Cesarini).
Santi, invece, è il gruppo che ha sedi a Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma, a Rimini in via Repubblica con Smart. “Anche in questo caso: cessata attività e una decina di dipendenti a casa con gli ammortizzatori”.
La situazione è abbastanza intricata, con i sindacati pronti a dare battaglia a chi fa orecchie da mercante da un lato (caso Riviera Auto) e a ricollocare i lavoratori dall’altro.
Si tratta, ad ogni modo, di una corsa contro il tempo. Gli ammortizzatori sociali non valgono all’infinito, nel giro di un anno il problema potrebbe ripresentarsi in forma diversa: non più cassintegrati ma – al volante o meno – disoccupati.
Angela De Rubeis