Vintage, second-hand… Ovvero come inseguire la moda senza dissanguare il conto in banca. Entrambi i termini hanno in comune l’usato. In realtà, però, le differenze sono tante.
Se acquistiamo vintage, indossiamo prodotti, capi d’abbigliamento, accessori utilizzati nel ventennio precedente, quindi parliamo di fine anni ’80; se compriamo second-hand (capi di seconda mano) vestiamo con abiti e oggetti già “usati” da altre persone prima di arrivare nel nostro armadio.
Ma cosa viene acquistato di più dai riminesi, e non solo?
Lo abbiamo chiesto alla proprietaria del negozio Le civette-vintage di via Sigismondo a Rimini, che sceglie personalmente i prodotti in diversi ingrossi o da privati. All’interno dei magazzini vengono sterilizzati e quando arrivano a lei, li ripassa accuratamente.
“Secondo me – sottolinea Giorgia Spada – la differenza tra vintage e usato è molto flessibile. La nostra filosofia? Vendere usato sia per una questione di stile, di gusto, quindi per differenziare l’offerta del prodotto dagli altri negozi, sia per dare la possibilità a tutti di acquistare”.
Cercasi stile…
Ma perché vendere vintage?
“Si tratta di un prodotto che ha diverse caratteristiche intrinseche, sia per fattura, per qualità di prodotto che per stile. Sono capi che non si trovano più in circolazione, ma ai quali gli stilisti attuali fanno riferimento per creare le nuove collezioni. Chi utilizza vintage e usato, non vuole vestire «come tutti», non vuole trovarsi indossato da un’altra persona ciò che lei/lui sta portando in quel momento. Vuole avere un proprio stile, unico e personale”.
Qual è il tipo di cliente che compra vintage o usato?
“La fascia è molto ampia. Dal ragazzino che compra usato per risparmiare, all’amante del genere, in quanto i capi vintage sono anche capi da collezione”.
Oggi vintage è sinonimo di moda: vi sono anche clienti che vestono firmati, ma che comprano un solo prodotto per personalizzare il proprio stile…
“Solo uno su cento è restio a comprare usato”.
Cosa spinge ad acquistare vintage?
“Oltre per differenziarsi dalle altre persone, chi compra usato o vintage, si diverte. L’anima di questo negozio è venire qui, cercare e vedere cosa si può trovare”.
Quanto costa comprare un capo usato o vintage, rispetto ad uno nuovo?
“È difficile fare una proporzione. Il prezzo medio dei miei abiti è 25 euro, le giacche 30 euro, le borse, tranne quelle firmate, 40 euro. Molto meno della metà”.
Vestire usato può essere uno stile di vita?
“Certo, anche nell’ottica del riciclo. Si parla tanto del recupero e del ripristino delle materie prime, perché non considerare l’abito una materia prima da salvaguardare e recuperare?”.
…con risparmio
Il mondo dell’usato non si ferma all’abito, all’accessorio da indossare per fare tendenza, è un mondo ampio, ricco di prodotti, da poter comprare per poter innanzi tutto risparmiare. Lo testimonia Egiziana Silvegni, titolare della storica libreria “Guidi” di via Cairoli, a Rimini: vende libri e fumetti usati da una vita.
“La mia – spiega – è un’attività che funziona ancora oggi pur con l’avvento di molte tecniche moderne, come internet. I libri li scelgo personalmente e successivamente sono trattati con un disinfettante apposito per la carta”.
Il cliente tipo?
“Si va dal professore universitario al signore che si diletta a collezionare e a leggere libri o fumetti. Intorno al libro usato c’è un amatore e chi acquista da me lo fa, oggi, anche molto per il prezzo, in quanto costa la metà rispetto ad un libro nuovo. L’usato è sempre stato utilizzato, forse perché affascina, e forse oggi per la situazione di crisi in cui si trova l’Italia”.
Moda e non solo
Fino a pochi anni fa, per il Corso d’Augusto di Rimini, vi era un negozio di usato nato nel 2003 con a capo Pietro Borghini.
“Il negozio – ci dice – è nato per un progetto nazionale chiamato Abito qui. La scelta degli abiti, presi dalla Caritas diocesana, avveniva al suo interno. Si ricavavano mensilmente dai 2000 ai 2500 euro, poi a maggio del 2007 si è dovuto chiudere per grossi problemi finanziari legati al progetto”.
Molto interessante, l’inserimento di persone svantaggiate a livello lavorativo.
“Su dodici persone assunte, otto erano svantaggiate”.
Francesca Forcellini