STORIA&STORIE. Il riminese Sebastiano Vanzi, giurista e Vescovo, ha dato un grande contributo agli studi sul diritto romano-canonico. Pochissime, però, le informazioni sulla sua vita e sulla sua storia
Sebastiano Vanzi (1497-1571) è autore di un trattato sulle nullità processuali (De nullitatibus sententiarum), uscito a Lione nel 1552 e studiato ancor oggi. Tra 1997 e 2010 un docente statunitense, Richard H. Helmhoz, ne esamina il pensiero in tre saggi e cinque volumi di Storia del Diritto. Nel 2006 un testo di Andrea Landi definisce Vanzi “autorità indiscussa del processo romano-canonico”, osservando che i suoi dati biografici sono “pressoché totalmente sconosciuti”.
Landi ricorda che “fin troppo pedissequo seguace” di Vanzi è Biagio Aldimari (o Altomari) che dà alle stampe un trattato analogo a Napoli (1700-1709) e a Venezia (1701-1710). Nel 1720 c’è l’edizione di Colonia. Dopo, Vanzi non è più pubblicato. Ma non dimenticato.
Le (poche) informazioni biografiche
Nella Sede vacante della Chiesa di Roma, tra la morte di Paolo III (10 novembre 1549) e l’elezione di Giulio III (7 febbraio 1550), egli può mettere in ordine idee e pagine raccolte. Nella dedica indirizzata al vescovo di Perugia e Spoleto Fulvio Corneo (nipote per parte di sorella di Giulio III), con modestia definisce il Tractatus una cosa di poco conto per uso personale. Nella prefazione Vanzi dichiara di aver voluto soltanto raccogliere un breve e facile compendio sulle nullità.
Dove Vanzi ha frequentato gli studi giuridici, non sappiamo con certezza. Si ipotizza la sua presenza nell’Alma Mater bolognese, perché nel suo trattato troviamo temi affrontati in quell’università da un maestro del Diritto che vi insegna tra 1537 e 1541, il milanese Andrea Alciato (14921550), caposcuola del più maturo Umanesimo giuridico, in cattedra pure ad Avignone e Bruges. La carriera di Vanzi a Roma comincia quando Vescovo di Rimini è Giulio Parisani di Tolentino (15501574), nipote e successore del Cardinal Ascanio che ha retto la diocesi dal 1529, avendo poi come coadiutore lo stesso congiunto. Ascanio è ricordato per i molti ruoli svolti a Roma, dove muore nel 1549. Se Vanzi compie la brillante carriera che conosciamo, la scoperta delle sue qualità intellettuali e un orientamento didattico per i suoi studi, li possiamo accreditare al Cardinal Parisani.
I contenuti di Vanzi
Vanzi affronta la questione del rispetto della legge, quale base di una società in cui esista uguaglianza giuridica fra tutti i cittadini, come sostenuto da Tommaso Moro (1478-1535). In lui c’è l’atteggiamento razionalistico che poi si ritrova in Ugo Grozio (1583-1645), a cui si deve l’idea di un diritto naturale al quale ispirare la costituzione politica degli Stati, seguendo l’ammaestramento di Erasmo da Rotterdam (1466?-1536) che nel 1516 con la Institutio principis christiani esorta a considerare i sudditi quali uomini liberi, legati da una specie di patto al loro principe. Nella prospettiva giuridica presente in Vanzi, si riflette la disputa del suo tempo tra il principio di autorità e l’atteggiamento critico che s’interroga sul senso delle strutture giuridiche, come attesta proprio Alciato.
La politica è vista quale sistema di leggi, non come la narrazione del passato che guida Machiavelli. È il ritorno al principio di Tommaso d’Aquino, della legge humana quale ordine che si realizza in vista del bene comune, mediante il “diritto delle genti”. Dal quale sono dettate le regole, la cui violazione è punita dallo “jus civile”. Nella premessa Vanzi richiama il tema della crisi del Diritto comune, un processo storico europeo che si conclude alla fine del Settecento.
La famiglia
Nella storia delle Chiese d’Italia (V, 1846) don Giuseppe Cappelletti, prete veneziano, descrive monsignor Vanzi vescovo di Orvieto come “diligentissimo di regolare la sua diocesi secondo le costituzioni” tridentine.
Nell’anno 1567 rizzò nella cappella del santo corporale un altare, sotto la invocazione del Santo Sepolcro, la dotò di un capitale di mille scudi d’oro e ne diede il patronato alla sua famiglia, coll’obbligo di mantenere in Perugia sei giovani di Orvieto a studiare la filosofia”. Alla famiglia del vescovo appartengono altri personaggi che agiscono a Rimini. Da suo fratello Ludovico deriva il pronipote Ignazio, bibliotecario in Gambalunga tra 1711 e 1715. Ad un ramo collaterale, inoltre, appartiene Angelo, teologo e il priore di Sant’Agostino (1618) che nel 1622 curò un’edizione del trattato sull’usura di Gregorio da Rimini, vissuto nel sec. XIV. Vanzi scompare nel 1571 a 57 anni, si legge nell’aggiunta all’epigrafe collocata nel 1562 «a cornu Evangeli» nella cappella di San Girolamo del Tempio malatestiano (sotto il busto di Vanzi stesso, appena fatto Vescovo), in segno di riconoscenza per averla riccamente dotata.
Antonio Montanari