A due a due, in coppia evangelicamente senza “soldi né bisaccia”, che attualizzato significa… senza soldi né cellulare e neppure valigia, ma semplicemente con il biglietto di andata e ritorno in tasca, e in mano un rosario e una Bibbia nello zaino come unici “salvagenti”. “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?”.
Questa è l’esperienza abbracciata per sette roventi giorni del mese di luglio da una quindicina di giovani e adulti della parrocchia di Corpolò. Si tratta di una iniziativa fortemente voluta da Kiko Arguello e padre Mario Pezzi, i responsabili del Cammino Neocatecumenale, che l’hanno proposta a tutte le latitudini ai membri (maggiorenni) del Cammino.
I riminesi si sono presentati al ritiro di Porto San Giorgio, una due-giorni presso il Centro Internazionale del Cammino: dopo una serie di incontri e di catechesi sul senso della missione (“la missione fa bene anche a chi la fa”, “unico carburante: umiltà”, “l’obiettivo non è il proselitismo, ma fare una profonda esperienza di sé e di Dio”), sono stati sorteggiati con i rispettivi “soci” e la destinazione. Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio le possibili regioni da percorrere in lungo e in largo dopo la consegna del rosario (nella foto).
Gabriele, 53 anni, è finito a Fermo insieme a Simone, un ragazzo di Roma, entrambi preceduti da un versetto del Vangelo: predicate “in ogni luogo”. La attualizzazione operata da Gabriele (e Simone) è stata una sfilata di cani, l’ospedale, le scalinate del paese (dove la coppia ha dormito per una notte guardata a vista dagli zingari) e i Lidi di Fermo, la zona turistica. “La mia natura si ribella all’ultimo posto– è la sintesi di Gabriele – ma se c’è la Grazia, posso sperimentare l’intimità con Dio e la pace anche nella codardia e nella difficoltà”. Dopo aver ascoltato la sua esperienza, un parroco fermano lo ha fatto incontrare con la mamma di Giacomo, il ragazzo ufficialmente considerato suicida a Valencia.
Se Gabriele ha messo in fila appena tre pranzi veri in una settimana, Luca è stato lo stupito soggetto di una gara di solidarietà del paese in cui è approdato con il suo socio, un 26enne abruzzese, Mercato Saraceno. “La prima notte l’abbiamo trascorsa tra una panchina e un ricovero attrezzi della parrocchia. – racconta Luca – Dal mattino seguente è stato un incontro dopo l’altro. Il parroco ci ha messo a disposizione una sala dove dormire, donne, uomini e ragazzi ci chiedevano ragione della nostra speranza”.
Un annuncio semplice e diretto che ha coinvolto persino i dipendenti del supermercato locale, usciti a turno a pregare con i due missionari. “E la proprietaria della lavanderia ci ha lavato e stirato i vestiti”.
Biondi capelli lunghi, 180 cm, Irene non poteva passare inosservata a Modena Est, zona industriale quasi deserta in questo caldo frangente di luglio. 44 anni, Irene era la più matura tra le tre riminesi in missione. La sua socia modenese alla notizia di dover “atterrare” nella sua città è scoppiata in lacrime. Una missione in casa propria non è cosa facile. “La prima visita è stata alla parrocchia Regina Pacis. Due anziane stavano facendo adorazione. «Vi aspettavamo. Dovevano andare a casa 30 minuti fa, siamo rimaste a chiacchierare ed eccovi qua»”.
Il vedovo Mario con i suoi cani (“È bastato far risuonare l’annuncio che Dio ti ama nei fatti della vita, che è scoppiato in un pianto liberatorio”), l’ateo seguace di Che Guevara più che di Cristo. Angela l’infermiera el centro psichiatrico. Rita ammalata di tumore, Emanuele e il figlio idrocefalo (“che testimonianza di fede ci ha regalato quella famiglia!”): quanti incontri durante sette giorni di missione. “Alla domenica prima di partire tutta la parrocchia è venuta a salutarci” dice ancora commossa Irene. “Ringrazio il Signore per questa esperienza: Lui si è fatto letto, cibo, compagnia”.
Simone con i suoi 22 anni e il socio diciottenne sono stati la coppia più giovane tra i 600 inviati di Porto San Giorgio. Destinazione: Porto Recanati. “Una crisi profonda mi ha assalito sin dal mio arrivo: per questo son rimasto due ore a dormire sulla sabbia”. Dio lo aspettava proprio in quella croce. “Parrocchie e istituti religiosi chiusi, serrati. Dove andiamo, Signore? In quel frangente transita un auto, al volante un amico del mio socio: da quel momento siamo stati continuamente accolti. Gruppi di ragazzini ci chiedevano continuamente: come state? Ed erano loro stessi a fare il tifo per noi, a sostenerci”.
L’esperienza di Simone è semplice e incisiva: “Dio ha visto la mia poca fede e mi ha sostenuto, specialmente quando mi sentivo inadeguato”. E la lingua non gli si è “seccata” di fronte a oltre 300 persone a Messa, alle quali ha offerto la propria testimonianza dietro l’invito del parroco. “Da quel momento in poi sono fioccati gli inviti per pranzo, cena e il riposo notturno”. Simone è tornato a casa con una certezza ulteriore: “Il Signore all’opera: mi ha accompagnato, mi ha preceduto, è stato sempre al mio fianco”.
Paolo Guiducci