Ospitato nella magnifica biblioteca di Sant’Ivo alla Sapienza il concerto di Luca Pisaroni accompagnato al pianoforte da Maciej Pikulski
ROMA, 2 aprile 2022 – La cameristica vocale non è un genere molto frequentato in Italia. E dire che nel nostro paese non mancano certo luoghi idonei a ospitarla. Sono tanti i palazzi storici con magnifiche sale che si prestano ad accogliere organici di piccole dimensioni: spazi perfino più adatti, talvolta, dei tradizionali teatri. E se un tempo erano i proprietari, quasi sempre mecenati delle arti, ad aprire i battenti delle loro sontuose dimore per eventi musicali, oggi c’è qualcuno che ha pensato di ripristinare la consuetudine.
È il caso dello statunitense Barrett Wissman, imprenditore (è a capo di una delle più importanti agenzie di management per artisti) e filantropo, con una solida preparazione musicale, che ha scelto – in più di un’occasione – l’Italia come sede di manifestazioni musicali da lui organizzate. L’ultima sua iniziativa si chiama Domus Artium: ciclo di concerti dislocati in celebri dimore storiche di Roma e dintorni che, seppure con qualche limitazione dovuta alla pandemia, è decollato con grande successo e un’ottima risposta di pubblico. La formula del resto è tra le più accattivanti, e utilizza luoghi d’incomparabile bellezza per il concerto, in abbinamento a una piacevole appendice enogastronomica.
Sede del recital vocale di Luca Pisaroni – apprezzato interprete sui palcoscenici internazionali del repertorio fra sette e ottocento – è stato Sant’Ivo alla Sapienza, complesso famosissimo per la sua chiesa con cupola a spirale ideata dal Borromini, nel cuore della Roma barocca. Nella meravigliosa sala della biblioteca, realizzata a metà seicento, il basso-baritono cresciuto fra Busseto e Milano, che poi ha studiato in Argentina e Stati Uniti mentre oggi canta quasi esclusivamente all’estero, è stato protagonista di un recital accompagnato dal pianista Maciej Pikulski, polacco di origine e parigino per formazione.
Il ricco programma accostava arie da camera a celebri brani operistici, selezionati nel ventaglio di autori più congeniali al cantante. Prima è toccato a Donizetti, Bellini e Rossini: musicisti che – non va dimenticato – hanno composto numerose pagine da concerto, alcune divenute notissime. È il caso della donizettiana Me voglio fa’ na casa, così come delle belliniane Malinconia, ninfa gentile e Vaga luna – preannuncio, almeno sotto il profilo del testo poetico, di Casta diva della Norma – o dell’altrettanto nota Il rimpovero (Mi lagnerò tacendo), pagina rossiniana intrisa d’ironia.
Pisaroni è apparso ancor più a suo agio sul versante operistico. Della sua voce colpisce non tanto l’estensione – non possiede il colore del basso né la capacità di salire in acuto del baritono – ma la capacità di governarla con sicurezza per dare espressività ai personaggi che interpreta. L’inizio era affidato a due immortali brani mozartiani: l’Aria del catalogo, che Leporello canta nel Don Giovanni, e Non più andrai, farfallone amoroso dalle Nozze di Figaro. È poi toccato a Vieni, la mia vendetta che Alfonso d’Este, personaggio interpretato sia da bassi che da baritoni, canta nella Lucrezia Borgia di Donizetti. La spettacolare conclusione era invece affidata alla grande scena della pazzia di Assur, completa di recitativo, dalla Semiramide di Rossini; e, dopo un tale vertice di potenza drammatica, i due bis di Tosti sono apparsi poco più che una piacevole divagazione. D’altronde la funzione dei bis è proprio questa.
Il pianista si è rivelato accompagnatore ideale, in grado di stabilire una perfetta dialettica con il solista. Nessun desiderio di primeggiare, e invece la capacità di offrire una solidissima base ritmica e dinamica all’interprete in qualsiasi momento. Pikulski non ha alcun bisogno di ostentare la propria bravura, che peraltro trapela in ogni istante dall’esecuzione attraverso un fraseggio fluido e molto cantabile: lo sfoggio delle sue qualità l’ha riservato, invece, ai due interventi solistici che si è concesso per interrompere la successione dei pezzi vocali. Prima con Rigoletto. Paraphrase de concert di Liszt, dove, più che indulgere a un virtuosismo ginnico e poco musicale oggi così di moda, è apparso attento a rendere percepibili i richiami verdiani alla base della rielaborazione pianistica. Poi il brevissimo Valzer n.1 in re bemolle dall’opera 64 (il cosiddetto Valzer di un minuto) di Chopin affrontato con esemplare fluidità. Vero e proprio lessico familiare per lui, come è giusto aspettarsi da un pianista nato a Cracovia.
Giulia Vannoni