La prima, decisiva, impronta dell’Università a Rimini, l’ha lasciata lui. Allora era una timida, con gli occhi sgranati, realtà, quasi una Gelsomina di Fellini nel film La strada, si chiamava Scuola di Studi Turistici e tanti, “tra Rimini e Bologna, mostrarono di crederle più per gentilezza che per convinzione” fa notare Guido Benzi. Distesa sull’arenile, in quella palazzina di Piazza Tripoli di proprietà della Carim, quella Scuola – presieduta da Luciano Manzi – è stata il germe di quella Università che a Rimini sarebbe sorta per davvero nell’autunno del 1993. Due corsi e 77 iscritti che nel corso di un ventennio sono diventati oltre 5.000 studenti. Stefano Zamagni quella Scuola la dirigeva, l’Università a Rimini l’ha vista dunque nascere, crescere e svilupparsi. E ancora oggi, da riminese doc, segue con attenzione gli sviluppi del Campus e dello studio universitario nell’ateneo della sua città.
Zamagni, lei ha studiato a Milano, ma a mandarcelo è stato un certo don Oreste.
“Proprio così. Con il suo stile bonario ma deciso, mi disse: «Tu vai a studiare a Milano». Per la mia crescita umana, non solo professionale”.
Crede veramente che l’Università oggi sia uno snodo fondamentale per la crescita, non solo individuale, ma di una comunità?
“Studi recenti svolti negli Stati Uniti hanno dimostrato in modo empirico che per un territorio la presenza dell’Università è un fattore propulsivo di sviluppo economico ma soprattutto di progresso sociale”.
Lo venga a spiegare in Riviera, professor Zamagni. Qui stiamo assistendo alla fuga da Uni.Rimini, il soggetto che aiuta lo sviluppo e il radicamento dell’Università a Rimini. Ai Comuni di Cattolica e Riccione, si sono affiancati Cna e Associazione Albergatori, solo per citare qualche socio che ha da poco girato la schiena. E non parliamo di soci con quote capitali enormi.
“Da sempre l’Università è l’espressione di una società civile organizzata. Università è termine coniato a Bologna nel 1088, e un istituto culturale che per i primi secoli si è retto sulla società civile: erano imprese e associazioni private a finanziare gli atenei. Un rapporto che si è mantenuto, con modi differenti, fino ai giorni nostri.
Se dunque soggetti del territorio compiono un passo indietro nei confronti dell’Università, ciò può significare due cose. Primo: non credono al progresso del territorio. Secondo: hanno motivi che dimostrano che l’Università non ha effetti di ricaduta sul territorio.”
Che l’Università abbia una ricaduta positiva non solo su Rimini ma sull’intera provincia, è risaputo. Basta guardare i numeri prodotti, l’indotto, le aziende coinvolte negli stage per gli studenti, le famiglie che possono garantire lo studio universitario ai figli e che non potrebbero farlo in altre sedi…
“Non basta sussurrare o lasciare intendere: è opportuno provocare una seria riflessione sulla ricaduta dell’Università. Una indagine che dimostri come la presenza di circa 5.000 iscritti al Campus e di 160 docenti strutturati con sede di servizio a Rimini (ai quali se ne aggiungono altre decine di stanza a Bologna che tengono però corsi a Rimini, ndr) abbia un impatto sulla vita del territorio e la misura di questo impatto sociale. In altre parole, il cambiamento che la presenza dell’Università determina sul territorio”.
L’ultima indagine commissionata da Uni.Rimini (2015) stimava in un impatto economico tra 14.630.000 e 17.556.000 euro annui l’impatto economico dell’Università sulla Provincia.
“Valutare l’importanza dell’Università con il solo parametro economico è non solo riduttivo, ma anche inesatto e persino pericoloso. Qualsiasi tipo di investimento genera un indotto, persino il gioco d’azzardo potrebbe valere quelle stime avanzate da Uni.Rimini.
L’Università determina un valore che è ben più alto del solo parametro economico”.
Culturale, sociale?
“La legge della riforma del Terzo Settore impone annualmente a questi enti di produrre una valutazione dell’impatto sociale. Ovvero il mutamento e il cambiamento generato a livello culturale e di democraticità”.
Nel Terzo Settore c’è chi teme la valutazione dell’impatto sociale…
“Confondendo il concetto di valutazione con quello di giudizio. La valutazione dell’impatto sociale serve a valorizzare le attività svolte con criteri propri e adatti all’entità dell’organizzazione.
Suggerirei a Uni.Rimini di dar vita immediatamente ad un gruppo di lavoro misto (persone del mondo dell’università e della società civile) che in tempi ragionevoli di qualche mese produca una valutazione dell’impatto sociale dell’Università a Rimini e in provincia secondo le linee guida dettate dal Ministero. Una volta conclusa la valutazione, la si proponga e la si analizzi in un Seminario, magari per verificare i margini di miglioramento esistenti”.
Resta il fatto che Uni.Rimini vede sfilarsi diversi soci e il partner più importante, Fondazione Cassa di Risparmio, sta vivendo una crisi profonda.
“Le difficoltà della Fondazione sono note a tutti e hanno portato ad un drastica contrazione dei finanziamenti. Ma è nell’interesse di tutto il territorio che l’Università a Rimini non solo ci sia ma si consolidi e cresca ulteriormente. È necessario il sostegno della società civile, e non si tratta di elemosina: la valutazione dell’impatto sociale lo deve dimostrare. Il mancato appoggio di enti e istituzioni, associazioni e imprese private al Campus mette a repentaglio l’esistenza stessa dell’Università. Contrarre l’offerta formativa o non svilupparsi per l’Università equivale ad una lenta eutanasia”.
Paolo Guiducci