Quella che vi stiamo per raccontare è una storia diversa da quelle che di solito siete abituati a leggere. Primo, perché la protagonista è una cavalla; secondo, perché è lei stessa che “parla” in prima persona (a prestarle la voce è un militare dell’esercito canadese, il colonnello McLeod); terzo, perché la storia è stata scritta su un giornale, il canadese Esprit De Corpsin, nel quale ci siamo imbattuti in uno dei nostri soliti “viaggi in Rete” alla ricerca di notizie dal mondo che riguardino Rimini e la sua provincia. Contattato l’Esprit De Corpsinche ci ha dato il permesso di pubblicarla per estesa. Quindi non rimane altro che augurarvi una buona lettura.
La Principessa Luisa
I terreni di casa sua, vicino a Coriano, in Italia, verdissimi, si trasformarono in un campo di battaglia nella primavera del 1944. In autunno, sua madre era morta e lei era stata abbandonata. I tedeschi si erano ritirati e i canadesi li avevano seguiti ma qualcuno era rimasto indietro per riparare i carri armati.
“Ero sola, assetata e affamata. Mia madre era morta da parecchi giorni e io non riuscivo a trovare latte. Trotterellavo accanto al suo corpo quando un’altra bomba cadde vicino a me. Le mie ferite facevano un male terribile ed urlavo di dolore quando una scheggia mi colpì allo stomaco”.
Dopo l’esplosione arrivarono i soldati.
“Riuscivo a vedere una scritta sulla spalla delle loro giacche: 8° Reggimento degli Ussari della Principessa Luisa. Sapevo instintivamente che provavano grande amore e devozione per i cavalli e mi lasciai portare in un camion sul quale fui trasportata verso sud. Subito dopo fui trasferita da un ufficiale che era chiamato doc. Mi guardava e protestava che non era un dottore di cavalli. Nonostante tutto Doc mi curava ogni giorno insieme agli altri soldati che si facevano sempre da parte per farmi passare per prima. Ho sempre pensato che fosse perché piacevo loro, ma forse era perché pensavano che il dottore avesse una sbronza alle 6 del mattino. Ero diventata la loro Principessa Luisa, ma un paio di settimane dopo venne un italiano a parlare con il Maggiore Bob Ross, dicendo che ero la sua puledra. Il Maggiore prese tempo domandando prove: niente prove, niente puledra disse. L’uomo se ne andò imprecando contro i suoi liberatori. Poi venni spostata in un nascondiglio dentro a dei rovi, e proprio al momento giusto. L’italiano arrabbiato tornò il giorno seguente con un carabiniere. Riuscivo a sentire le sue proteste e le sue urla. Alla fine, però, l’uomo non l’ebbe vinta e se ne andò disgustato tra le accuse di non essere altro che un ladro di cavalli”.
Il reggimento si spostò a nord, verso Ravenna. Quando gli Ussari andavano in parata, Principessa Luisa era la prima della colonna.
“Iniziavo a sentire che questo era il mio reggimento. Spostavo con gioia la testa per ricevere i saluti dei soldati”.
All’inizio del 1945, il reggimento si spostò per l’Italia fino a Livorno e iniziarono a circolare delle voci.
“C’era chi parlava di uno spostamento in una nazione straniera, in Francia per la precisione. A nessun animale sarebbe stato consentito di abbandonare l’Italia. Mi dispiaceva moltissimo per alcuni cuccioli adottati dai miei amici canadesi. Ma per me le regole non valevano, e così venni nascosta dentro un camion di tre tonnellate, circondata da decine e decine di bagagli militari. Attraversammo la Francia fino a raggiungere il Belgio, da cui passammo in Olanda, dove finalmente la guerra finì. Ancora prima del mio compleanno, avevo viaggiato in quattro nazioni e preso parte ad una tremenda vittoria. I mesi subito dopo la guerra furono magnifici. Eravamo stazionati nella splendida città di Eelde. Avevo molti amici ussari e olandesi, un’ottima cura, foraggio delizioso e mi esercitavo portando la posta insieme ad Arnold Jackson. Divenni così brava a fare parate che potevo marciare al mio posto a capo della colonna in un modo talmente statuario da eguagliare quello del Sergente Maggiore Cliff Northrup, che è tutto un dire. Ma d’inverno le cose si fecero più complicate. Gli Ussari dovevano tornare in Canada e non avevano camion in cui ospitarmi. C’era poco da stare allegri, ma soldati pieni di risorse, determinati e, a volte, non ortodossi come il Maggiore Bob Ross, furono all’altezza della situazione. Gli Ussari s’imbarcarono per attraversare l’Atlantico per il Nuovo Mondo e per raggiungere una nazione chiamata Canada mentre io venni lasciata alle cure dei Corpi Veterinari delle Armate Reali Britanniche. Prima di salpare, tuttavia, gli Ussari lasciarono un mucchio di fiorini per pagare le mie cure e il successivo trasporto in Canada non appena fosse stato possibile”.
Un viaggio che tardò poco.
“Tre mesi dopo sono salpata per New York e, da lì, ho viaggiato sino a Saint John, in New Brunswick, in treno. Una volta arrivata venni accolta da numerosi benvenuti, come si addice ad un membro della nobiltà. Erano tutti pic nic, feste, balli e parate. Marciavo fiera con addosso tutti gli stemmi dell’8° Reggimento degli Ussari. In seguito venni naturalizzata cittadina canadese e libera abitante di King’s County. Mi venne anche elargito il diritto di pascolare ovunque io volessi. Nel corso degli anni ho dato alla luce due figli e una figlia, Principessa Luisa II. Come tutti i vecchi soldati, mi sono spenta nel 1973, dopo aver prestato servizio per 30 anni nel reggimento. Mia figlia ha preso il mio posto per dieci anni ma ora giace qui vicino a me nel cimitero di Hampton dove i nostri spiriti continuano a guidare sia i reggimenti regolari sia la guardia nazionale del 18° Corpo degli Ussari Canadesi”.
(a cura di Fabio Parri)<7b>