Centoventi persone alla stazione di Cesena, una sera. Un autobus a Marebello, in un pomeriggio che un po’ piove e un po’ no, parcheggiato in una traversa che poi sbuca sul mare. C’è poca gente fuori, gli attori, un bus vuoto e un furgoncino con le attrezzature lì accanto.
C’è chi va avanti e indietro, dentro e fuori la struttura di appoggio, le voci che partono all’improvviso dalle radioline, che chiamano, cercano il regista o qualcun altro che deve prendere una decisione quasi di vitale importanza. Sotto l’ombrello montato si raggruppano in tre o quattro, confabulano su come va messa la videocamera, si immaginano la scena, come deve venire, cosa serve riprendere. Gli attori sono raggruppati sul fondo dell’autobus, il regista dà le ultime indicazioni, è tutto a posto? Sì, può andare.
Poi si parte. L’autista mette in moto, si inserisce nel traffico tra le macchine vere di chi sta tornando a casa, chi va da chi ama, chi è così stanco che vuole solo dormire. Forse uno o due si accorgeranno che è un autobus strano, diverso, che i passeggeri fanno qualcosa di insolito, magari sorpassando buttano un occhio e li vedono parlare di fronte alla videocamera. Dopo qualche chilometro la macchina svolta mentre l’autobus prosegue, incurante del tempo, del traffico, di chi lo circonda.
Sta succedendo qualcosa di straordinario lì sopra, si sta vivendo una storia. La storia di… “Ballerina”
Quando pensiamo ai film ce li immaginiamo sempre girati in città lontanissime, esotiche, con paesaggi fenomenali o quartieri particolari, oppure tutto costruito a tavolino su un set. Fatichiamo a immaginarci una strada vera, una piazza in cui camminiamo tutti i giorni, un posto in cui passiamo spesso in macchina.
Eppure in questi giorni il set del nuovo cortometraggio di Kristian Gianfreda, regista di Solo cose belle, si è spostato in Romagna, fra le zone di Cesenatico, Cesena e Rimini, con riprese che iniziavano nel tardo pomeriggio e finivano a notte inoltrata. Di notte? Che riprese si possono fare con questo freddo e questa pioggia, al buio, quando non si vede niente? Di che cosa si vorrà mai parlare? Ci sono fuori solo i drogati, gli ubriaconi e le prostitute, di notte. Esatto.
Ballerina è un cortometraggio che racconta proprio la storia di una prostituta, interpretata dall’attrice italo-francese Agnese Claisse, figlia della nota attrice e regista italiana Laura Morante.
Nello specifico, vengono narrati 20 minuti della vita di una ragazza, dal momento in cui viene rapinata da un cliente e lasciata in strada.
Da quel momento inizierà il viaggio su un autobus che “la porterà tra le braccia del suo pappone, – come si legge nella sinossi – ma questo viaggio è il viaggio di tutta la sua vita, racchiude il suo passato, il presente e forse il suo futuro”. Una storia, quella scritta da Gianfreda assieme a Filippo Brambilla e prodotta dalla riminese Coffee Time Film, che si ispira a una vicenda realmente accaduta.
Come approcciarsi a un tema come quello della prostituzione, già ampiamente trattato da molti?
“Il corto riprende l’argomento di un documentario che ho girato qualche anno fa proprio sulla prostituzione, – risponde Kristian Gianfreda – però lo fa in una maniera completamente diversa. L’intento è di andare oltre l’apparenza, oltre la maschera per entrare nella testa e nel cuore della protagonista. E per raggiungere questo scopo abbiamo mischiato più generi, dando un’atmosfera un po’ onirica alla storia”.
Solo cose belle aveva già una forte dimensione di realtà al suo interno. È stata una scelta mantenuta anche per Ballerina?
“Nei miei film desidero che ci siano delle emozioni vere. Ed è importante per me essere onesto. Per esempio sul set di ‘Solo cose belle’ ho deciso che ci fossero veramente persone con disabilità a recitare, perché ritenevo che avrebbero dato una dimensione di verità al film. In questo corto, la storia si ispira a fatti realmente accaduti. Il cinema è la via privilegiata per parlare delle situazioni di emarginazione. Anche perché può farlo con un linguaggio a volte divertente, umoristico, e altre volte più serio”.
Quanto sono durate le riprese?
“Cinque giorni. Abbiamo girato sempre dalle quattro e mezza circa di pomeriggio fino alle due o tre di notte, perché il cortometraggio è ambientato in una notte sola”.
Com’è fare le riprese nella zona di Rimini e nei suoi dintorni?
“È molto emozionante. Le architetture e i colori sono in un certo senso quelli giusti, quelli che avevo immaginato. E questa corrispondenza riesce a dare una maggior consistenza alle riprese”.
Il cortometraggio è finanziato dalla campagna di sensibilizzazione nazionale Nemmeno con un fiore! Stop alla violenza di genere della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini, realizzata con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Opportunità.
Lucia Zoffoli