Abita in una fossa e quando resuscita con quel suo caratteristico olezzo pungente prende tutti per il naso. Anzi, i suoi umorali e selvatici panni paesani sono proprio il lasciapassare giusto per ambienti di un certo tono e ristoranti di classe.
Pasta e gusto del tutto particolari, “con venature amarognole e fragranze di sottobosco, di fungo e di tartufo” come sottolinea lo scrittore ed enogastronomo militante Piero Meldini, il formaggio di fossa nella ricorrenza tradizionale di S. Caterina d’Alessandria, torna alla luce dopo tre intensi mesi di sotterranea clausura. Le versioni “autografe” sono tre, a cavallo tra Marche e Romagna: Sogliano, S.Agata Feltria e Talamello, 11mila abitanti in tutto, sono i depositari di una tecnica unica al mondo, che risale almeno al XV secolo. Ma Mondaino, in Valconca, forte di una promozione decisa e accattivante, vuole inserirsi nella profumata scia.
Il formaggio, preferibilmente misto (70% latte ovino, 30% latte vaccino) in agosto viene deposto nelle cosiddette fosse. Si tratta di cunicoli a forma di pera scavati nel tufo, alti circa tre metri e larghi due quelli più tradizionali. “La fossa più grande è la Pellegrini – spiega Giuseppe Broccoli, presidente l’ex presidente della Pro Loco di Sogliano – profonda 7 metri e larga 3 può contenere oltre 130 quintali di formaggio”. Prima di deporre le forme, c’è da espletare il rito di preparazione. “Si brucia la paglia nella fossa allo scopo di togliere l’umidità e di eliminare i germi. – illustra il procedimento l’esperto giornalista Michele Marziani – Si procede con il rivestimento delle pareti sempre con paglia mentre sul fondo una tavola di legno separa il formaggio dai liquidi della fermentazione”. Preparato il giaciglio, le forme vengono riposte in sacchi di tela bianca e l’imboccatura sigillata con coperchi di legno e gesso fino a novembre. A Talamello è stato ribattezzato Ambra, grazie alla romantica invenzione del poeta Tonino Guerra. A Sogliano, il “piccolo grandemente amato paese” del Pascoli (che vanta la tradizione più antica), è festa nelle tre prossime domeniche.
Il palato è una dolce economia. Talamello con le sue 12 fosse si ferma a 250 quintali annui, S. Agata ne apre 18 estraendo quasi 450 quintali, a Sogliano i cunicoli sono 49, la produzione supera i 3.000 quintali per un giro d’affari calcolato in 6 milioni di euro. Dopo la discarica, è la seconda economia paesana. I puristi, però, storcono il naso: la proliferazione delle fosse, l’infossatura a ciclo continuo, la sostituzione del formaggio artigianale con quello industriale, potrebbero arrecare al palato danni ben più gravi di quanto non possa fare una forma sgraziata portata in tavola. “Il mercato offre con disinvoltura di tutto, per tutto l’anno. – spiega il guru del fossa, Graziano Pozzetto – La tradizione, invece, prevede un sola infossatura annuale, nel periodo canonico tra agosto e novembre
Come per la piada, ciascuno vanta la sua “ricetta”. Ma il sapore delicato tendente al dolce appena interrotto dalla carezza amarognola resta inimitabile. Se ne sono accorti anche giapponesi, americani e canadesi, sempre più sulle tracce del fossa. Quest’anno, poi, il gustoso prodotto promette di superarsi in bontà. “È di grande qualità”assicurano i fratelli Mario e Marco Pellegrini, proprietari a Sogliano di diverse fosse con mamma Martina. Ma il prezzo? Da 20 a 28 euro al kg: per un formaggio che resuscita si mette volentieri mano al portafogli.
Se sul gusto e sugli abbinamenti non si discute, resta aperto il “pasticciaccio” della Dop. In agosto, il Ministero delle Politiche Agricole aveva concesso il marchio Dop a Sogliano mentre era sparita la dicitura Talamello. “Il Ministero fa controlli dopo la sfossatura. – assicurano i Pellegrini – Ciò significa più sicurezza per i consumatori. La Regione Marche ha invitato produttori e amministratori ad Ancona, poi mercoledì tutti a Roma. Il sindaco Rolando Rossi: “Siamo ancora fermi alla fase della discussione”.
P. Guiducci / E. Pasolini