Partiamo da un fatto. Il giorno di Pasqua il centro commerciale “Le Befane”, era stracolmo, 130 mila ingressi nei giorni pasquali.
Proviamo a spiegare il fatto. Giornata di festa, situazione meteo molto poco favorevole, primo week-end “lungo” dopo il Natale, tutti ingredienti che hanno portato i visitatori pasquali a giustificare la cosa dicendo: “Dove altro si poteva andare?. E la stessa frase, è stata spesso usata tra i convenevoli di chi per caso, in quella giornata di festa ha incontrato un amico tra i corridoi luccicanti di vetrine. Tra le luci al neon, un morso all’hamburger, una capatina al cinema e uno sguardo fugace al di sopra della testa dei conoscenti a qualcuno sarà pure scappato un “Ah! Buona Pasqua”.
Domenica a lavoro sì, domenica a lavoro no. Quando abbiamo invertito la tendenza? Quando abbiamo cominciato a portare i nostri figli in “gita” al centro commerciale? Quel che adesso pare normale, è una moda recente, che sceglie lo spazio artificiale, rassicurante che riscalda dal freddo invernale e rinfresca dalla calura estiva.
La questione è però un’altra. Ci rendiamo conto verso quale strada stiamo andando? In quale meccanismo ci stiamo muovendo?
In merito si sono espressi i maestri della sociologia contemporanea ma anche i geografi della comunicazione. L’analisi di Michel De Certau, Direttore degli studi della Scuola degli Studi e Scienze Sociali a Parigi, ad esempio, è illuminante.
Parliamo di pseudo-luoghi, ossia di luoghi che sono organizzati secondo la logica del consumo, spacciandosi per luoghi pubblici, con la simulazione della piazza, delle vie principali. Le lavanderie e i posti dove si aggiusta qualcosa si trovano lontano dal centro. Nei piani più alti si trovano le cose più allettanti, in modo da vincere la pigrizia dei consumatori a salire. Tutto si consuma con lentezza, in modo da darci il tempo di guardarci intorno. Non esiste il vuoto e il degrado. Non ci sono vetrine o negozi vuoti e qualora ci fossero, vengono occultati dall’impressione che si sta allestendo qualcosa.
“Qui non ci sono luoghi di resistenza. –scrive De Certau – Le strategie difensive e di resistenza si annullano nel momento in cui vi entriamo non ci rendiamo conto della loro iperdefinizione e pensiamo che essa sia in realtà, la realtà. Gli studiosi dell’architettura di questi pseudo-luoghi hanno dimostrato che dentro un centro commerciale una persona non compie più di 180 passi. Questa caratteristica è un limite e vincola, ecco che per allargare la visuale dispongono i negozi circolarmente. Ci sono panchine che non si possono sedere se non per pochi attimi e specchi che ti riflettono dentro una vetrina. Un meccanismo che esclude ogni possibilità di vita autentica.
Angela De Rubeis