È dall’alto di questa collina che si domina tutta la pianura di Santarcangelo-Savignano, fino al mare. È su questa collina che don Emanuele Giunchi, oltre al ruolo di parroco, è al servizio di tutto il territorio del Vicariato. Siamo a Torriana, l’antica Scorticata, gentilmente rinominata dal romagnolo Benito.
Don Emanuele è giunto qui solo nel 2008 ed insieme alla parrocchia di San Vicinio di Torriana ha ereditato la chiesa di san Pietro apostolo di Montebello, anch’essa una volta parrocchia.
Nell’insieme i suoi parrocchiani sono circa 1500, sparsi anche nella campagna. Di per sé una parrocchia piccola per un prete giovane, ma lui ha anche altro da fare: oltre a parroco, è anche insegnante all’Istituto Superiore di Scienze Religiose e Vicario del Vicariato Savignano-Santarcangelo.
Dalla cappellania in ospedale alla comunità di Torriana-Montebello. Da una “parrocchia” fatta tutta di malati, ad una parrocchia dalle infinite variazioni. Come ti sei trovato in questi primi anni?
“Bene, più che bene! Qui l’aria è buona e la gente cordiale e accogliente. In questi quattro anni, da quando sono parroco, stiamo cercando di trasformare la nostra da una comunità psichica ad una comunità pneumatica; cioè, da una comunità costruita sull’affetto, sui sentimenti sull’amicizia, ad una comunità costruita secondo lo Spirito. Nel primo anno abbiamo dato maggior spazio alle realtà aggregative (la gioia di stare insieme, una chiesa aperta e di tutti): incontri sulla Parola il lunedì, frequenti adorazioni eucaristiche, molti pomeriggi della domenica insieme (a volte condividendo il pranzo); rendere un maggior numero di persone corresponsabili (nuovi catechisti, nuovi ministri della comunione eucaristica).
Ora stiamo passando da un gruppo di persone che stanno bene insieme, ad una comunità riunita attorno a Cristo; una comunità che scopre i propri limiti e peccati, ma che riconosce che la propria salvezza e realizzazione passa attraverso questo cammino”.
Tu abiti qui a Torriana, ma il tuo servizio di parroco giunge fino a Montebello. Un territorio abbastanza vasto e forse non troppo agevole.
“Il territorio è vasto ma poco popolato, e si estende su una altitudine tra i 300 e i 500 metri. Fa parte della parrocchia anche la bella comunità di Montebello, alquanto penalizzata, in alcuni periodi dell’anno, per la non facile percorribilità dell’unica via di accesso. In questi quattro anni però vi è stato un incremento demografico: siamo passati da 1200 a 1560 persone. Quasi 200 sono immigrati, nella quasi totalità di religione mussulmana e di provenienza marocchina”.
Prima di raccontare la vita parrocchiale nel suo insieme, dicci qualche parola in più su Montebello.
“Montebello è al centro di tante vicende storiche, e ancora oggi sopravvive nel suo castello la leggenda di Azzurrina. Ma quel che è importante è la gente che vi abita, che custodisce con premura e orgoglio la sua chiesetta, che frequenta assiduamente la messa domenicale… In particolare ci sono tre nonnine che, a turno di tre mesi, si incaricano di aprire e chiudere la chiesa tutti i giorni, di tenerla pulita, coi fiori freschi. Qui ci sono solo trenta persone, ma tutte vengono fedelmente a messa e tutte si impegnano con generosità ad organizzare le varie attività durante l’anno”.
Oltre alla messa domenicale fai anche altre attività?
“Nella chiesa di Montebello facciamo solo i funerali (pochi, si spera!) ed i matrimoni (molti, si auspica!). Gli altri momenti, come battesimi e sacramenti dell’Iniziazione, per disposizione del Vescovo li celebriamo a Torriana”.
Nella tua parrocchia non c’è solo Montebello, ma anche Saiano.
“Anche se ha un suo rettore, don Osvaldo Caldari, Saiano è parte integrante (è proprietà) della parrocchia di Torriano. Il santuario ha un suo rettore perché un antico rescritto impone che la chiesa sia sempre aperta ai pellegrini. Comunque fra di noi c’è una perfetta intesa e armonia e ogni settimana ci troviamo insieme, anche con altri preti, per la lectio sulla liturgia domenicale e per pranzare insieme”.
Torniamo in parrocchia. Mi pare di capire da qualche cenno che la domenica è un momento particolarmente felice e aggregante per voi.
“Sicuramente, intanto perché ci troviamo volentieri a messa insieme e poi perché frequentemente ci fermiamo anche a pranzo insieme … sullo stile della ligaza: ognuno cioè porta nel suo cesto il pranzo che poi viene condiviso con gli altri. E nel pomeriggio si gioca insieme. Il momento più divertente è quando giochiamo a tombola: ognuno porta da casa anche i premi da mettere in palio e spesso succede anche che uno vinca lo stesso premio che ha portato”.
Però, permettimi un piccolo dubbio: non saranno molti quelli che partecipano a queste iniziative.
“Vedi, il paese è piccolo e non ha molte alternative di svago, soprattutto per i bambini: o il bar o la parrocchia. Anche i molti stranieri, i marocchini in particolare, usano volentieri le nostre strutture e i nostri spazi aggregativi. In questo senso c’è una buona integrazione con la comunità autoctona”.
Raccontaci anche qualche altra attività che mobiliti tutta la parrocchia.
“Nel nostro piccolo cerchiamo di fare tutto quello che fanno anche le grandi parrocchie. Abbiamo 9 catechisti, 8 donne ed 1 uomo, che seguono la catechesi di una settantina di bambini, dalla seconda elementare alla prima media. I genitori sono sempre invitati agli incontri di catechismo, per sottolineare l’importanza e la serietà del lavoro svolto insieme.
Siamo riusciti a costituire un coro degli adulti ed ora anche un coro dei fanciulli, con prove settimanali. Ciò ha portato ad una maggior frequentazione alla messa domenicale dei genitori.
Tutti gli anni viene fatta la visita alle famiglie, portando la benedizione e l’annuncio di Pasqua.
Vengono raccolti viveri, vestiti e denaro a Natale, per l’infanzia missionaria. Siamo in contatto col dottor Migani (e tramite lui con Marilena Pesaresi), che è già venuto nella nostra parrocchia a dare testimonianza e a chiedere alle famiglie il nostro aiuto.
Al prossimo ottobre poi sarà predicata la missione popolare dai padri passionisti di Casale.
E così potrei continuare con tante altre piccole iniziative che scandiscono la vita, se pur semplice, della nostra comunità”.
Parrocchia piccola, territorio vasto … più urgente si fa la collaborazione e l’integrazione.
“Certamente! Essendo in pochi e ricoprendo ciascuno diversi incarichi, il passaggio dalla collaborazione alla corresponsabilità è stata una delle tappe obbligate raggiunte in questi anni. Diceva Chiara Lubich “chi ha una intuizione ha una responsabilità”.
Fin dal mio arrivo a Torriana ci siamo costituiti come zona pastorale (con Saiano, Santo Marino, Poggio Berni, S. Agata); ci troviamo regolarmente il mercoledì mattina per preparare insieme la Messa domenicale e per il pranzo.
Durante l’anno più volte le intere comunità si radunano insieme per i canti, per la celebrazione del sacramento della Penitenza, per la recita meditata del rosario…
Tra noi preti c’è una grande stima ed è molto apprezzata questa fraternità dalle nostre comunità”.
Ma Torriana è anche Comune. Vai d’accordo col tuo Sindaco?
“Una reciproca stima lega il mio lavoro all’operato del Sindaco e della giunta comunale. L’essere l’unica parrocchia in un piccolo Comune facilita i rapporti informali ed il dialogo attento alle necessità materiali e spirituali di ciascuno”.
Fra qualche giorno queste colline si vestiranno di primavera e la ginestra odorosa colorerà la nuda roccia di Montebello e l’arida argilla di Torriana. E don Emanuele, storico da biblioteca, continuerà con entusiasmo la vita attiva fra la sua gente, raccogliendo ed esprimendo la gioia di fare comunità con loro.
Egidio Brigliadori