Dall’estate scorsa Operazione Colomba è stabilmente presente in Libano, ai confini della Siria, nei campi profughi della regione di Akkar, a Nord di Tripoli, vicinissimi alla città di Homs al di là del confine.
“La situazione è davvero difficile – ci dice il riminese Alberto Capannini in partenza per il Libano – La tensione alle stelle, dopo gli attacchi di gruppi fondamentalisti alla città vecchia di Tripoli”.
Da quanto tempo Operazione Colomba opera in Libano?
“Il primo contatto è stato un anno fa. Poi ci siamo tornati più volte finchè da quest’estate ci siamo stabiliti nel paese di Tall’Aabbas. Qui ci sono circa 3000 abitanti di cui 2000 cristiani ortodossi e 1000 musulmani sunniti. Negli ultimi due anni si sono aggiunti 2000 siriani musulmani sunniti. I villaggi limitrofi sono invece a maggioranza alawita da un lato e sunnita dall’altro”.
Perché avete scelto quel villaggio?
“Ci permette di conoscere più parti coinvolte nel conflitto e perchè a causa della composizione e della posizione ci era stato segnalato come una possibile zona calda in caso di tensioni”.
Quali sono stati i primi passi?
“Abbiamo ripreso i contatti con le persone conosciute, abbiamo ricevuto la richiesta, da parte di alcuni profughi, di dormire nel loro campo in una tenda. In questo campo alcuni di noi avevano vissuto una settimana, in giugno. Durante l’estate, a causa dei fatti avvenuti in Aakkar, alcuni libanesi hanno minacciato i profughi di queste tende. È stata lasciata nottetempo una lettera in una bottiglietta in cui i padri di famiglia del campo venivano minacciati e veniva dichiarata la volontà di incendiare le tende se non se ne fossero andati. Da allora, a turno, qualcuno sta sveglio per fare da sentinella. Ci hanno chiesto di essere presenti al campo, perchè avevano sperimentato che la nostra presenza al campo aiutava a mantenere basso il livello di tensione con i libanesi”.
Dunque c’è forte tensione fra siriani e libanesi…
“La nostra presenza al campo, pur sconsigliata dalle forze Onu, diventa indirettamente fonte di sicurezza anche per i libanesi cristiani, molto spaventati dalla presenza dell’ISIS nel territorio. Vivendo al campo «dimostriamo» che quel posto è privo di pericoli per loro. Che cioè quei siriani non sono coinvolti dal fondamentalismo dell’IS”.
Come impegnate le vostre giornate?
“A partire dalla tenda e dal garage dove abitiamo, abbiamo impiegato le nostre giornate soprattutto nelle visite alle persone e nell’ascolto. Prima di tutto dei profughi, e in particolare di quelli che ci sembrano essere i più fragili e più in difficoltà, o perchè soli o perchè in situazioni disperate, ma abbiamo fatto molte visite anche ai libanesi cristiani e musulmani. Cerchiamo in questo modo di mettere in contatto le persone che, pur vivendo vicine, non si relazionano le une alle altre.
A partire da questo ascolto abbiamo cercato di aiutare le persone nelle piccole cose quotidiane, là dove le grandi ONG non arrivano”.
Raccontaci qualche fatto concreto.
”Per esempio abbiamo aiutato una mamma, M., il cui marito è sparito due anni fa nelle carceri del regime siriano, a cercare il sangue per le trasfusioni mensili di cui hanno bisogno i suoi due bambini talassemici. H. una vedova con sei figli, di cui il primo 13enne con una gamba amputata a causa di una scheggia di bomba, ci ha chiesto di procurarle una sedia di plastica con la quale lui potesse lavarsi in bagno, non riuscendo a stare in piedi da solo; abbiamo aiutato una famiglia a rimettersi in sesto dopo la tempesta che le aveva allagato la tenda, in cui si erano appena trasferiti, comprandole i fili per stendere e sistemando delle piastrelle all’ingresso in modo da non infangare i tappeti all’interno”.
Nelle foto pubblicate sul vostro sito (www.operazionecolomba.it) si nota sempre una marea di bambini…
“Con pennarelli, fogli e cartoncini abbiamo animato qualche pomeriggio vuoto ai bimbi siriani del campo e dei garage vicini al nostro. Nonostante la scuola sia già cominciata da almeno due settimane, i siriani ancora non possono accedervi e i bambini rimangono tutto il giorno senza niente da fare: sono letteralmente elettrizzati quando un adulto passa del tempo con loro anche solo per un girotondo e si emozionano davanti ai colori o alle maschere di cartoncino”.
Un fatto che ami raccontare?
“Un giorno siamo stati invitati dal responsabile del campo ad una manifestazione. Alcuni siriani, rappresentati di campi profughi o di associazioni, si sono organizzati in maniera autonoma, invitando le municipalità locali per prendere le distanze dalle violenze perpetrate sui libanesi da parte dell’IS e per chiedere il rilascio dei soldati. L’obiettivo era inoltre quello di esprimere apertamente la loro vicinanza ai parenti dei soldati rapiti e uccisi.
Sotto un capannone erano stati allestiti alcuni striscioni su cui era raffigurato il volto del soldato decapitato il giorno prima e una scritta a caratteri arabi diceva: «la vostra ferita è la nostra ferita». Come colombe siamo stati contenti di aver partecipato a quella che ci è sembrata una risposta nonviolenta e di solidarietà al clima di violenza e paura che si respira in quest’area. Ci è sembrato un bel segno di speranza e un bel primo passo da cui partire per lavorare insieme a libanesi e siriani”.
a cura di Giovanni Tonelli