Una città a misura di bambino

    “Scusate il disturbo: stiamo giocando per voi”. Questa la frase “spot” della Città dei bambini, il progetto internazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e dell’Istituto di Scienze e tecnologie della cognizione, che il Forum Scuola del Partito Democratico avanza anche per Rimini. Anche Rimini quindi vorrebbe diventare una città per piccoli, come già lo è la vicina Pesaro dove l’80% dei bambini delle elementari si possono permettere il lusso di andare a scuola da soli. E da Roma a Buenos Aires, stesso copione, con i bambini che imparano come l’autonomia coincida con la fiducia di mamma e papà.

    Evviva l’autonomia
    Il fulcro della questione è proprio questo: l’autonomia. “È cambiata la realtà intorno a noi ed è diminuito enormemente lo spazio di autonomia che riconosciamo ai bambini. Il messaggio dei genitori vorrebbe essere «mi curo di te, ti proteggo», ma in realtà ciò che viene percepito dal bambino è che non ci si può fidare, che là fuori c’è qualcosa di brutto che ci aspetta, da cui difenderci”. A parlare è Elisa Marchioni, deputata del Pd che ha a cuore il progetto da tempo, da quando era assessore alla Scuola del Comune di Rimini.
    Una città a misura di bambino, dicevamo. Si parla ai bambini oppure si parla alla città? Ad un primo sguardo sembrerebbe che siano i primi gli interlocutori principe del discorso, ma in realtà è la città ad essere pungolata nel vivo. Sono i grandi a dover dare le risposte. Riescono a farlo?
    Le intenzioni ci sono.

    Una generazione fa
    “Nella mia generazione si andava a scuola da soli, così come da soli giocavamo il pomeriggio al parco e in strada: ora quanti genitori si fiderebbero? – dice Elisa Marchioni – Pensiamo che le città siano diventate pericolose e quindi non possiamo più comportarci come si faceva un tempo. Invece è proprio il contrario: le città sono diventate più pericolose proprio perché noi abbiamo smesso di abitarle. Di stendere reti di relazioni con le persone intorno. E sta a noi adulti scegliere: tornare ad essere protagonisti delle città, appropriarcene, sentirle e viverle fino in fondo. Oppure rassegnarci a vivere in difesa. Nelle nostre realtà si fa molto perché questo non accada, ma il fenomeno è più ampio, e sono convinta che Francesco Tonucci (pedagogo, responsabile del reparto di Psicopedagogia e del progetto Cnr La città dei bambini, ndr) ci possa dare buone idee”.
    Non a caso il Forum Scuola propone il progetto alla città, come contributo per il programma della prossima legislatura riminese.

    Il progetto
    Nel progetto ci sono i percorsi per andare a scuola da soli, i consigli comunali che suggeriscono strategie al Sindaco, le piazze per giocare e non solo per parcheggiare, ma soprattutto è un modo nuovo per intendere il modo di vivere e muoversi in città. “Non è un progetto tecnico per famiglie e scuole, ma un progetto politico di come intendiamo la convivenza civile, quel tessuto di rapporti, fiducia e buon vicinato, che va ricostruito e non solo rimpianto. Se i bambini vivono bene in una città, è il segnale che la città è per tutti, a partire dai più deboli; che è un luogo di relazioni e non è solo il circuito anonimo in cui transitano i veicoli da casa al lavoro e viceversa”, continua il deputato.
    Il progetto oggi coinvolge oltre 200 centri urbani in tutto il mondo, da Pesaro alla Spagna fino ad Argentina, Uruguay, Cile e Messico.

    Parla l’esperto
    Secondo il pedagogo del Cnr, Francesco Tonucci, i bambini hanno la capacità di aiutarci perché sono in grado di riconoscere bisogni e necessità reali, mentre noi adulti stiamo perseguendo necessità reinventate, siamo dominati dalla fretta, dall’efficienza, dal denaro.
    “Sono pseudo valori che stanno sopprimendo quelli reali. I bambini hanno un pensiero più semplice. Ma ciò che pensano loro lo pensano anche gli scienziati. Le proposte di architetti, sociologi, psicologi, pediatri perché i bambini possano vivere bene nel periodo più importante della vita, che è l’infanzia. Sono le stesse cose che dicono i bambini: ci chiedono di poter uscire, di non stare in casa tutto il giorno, di non aver adulti che li accompagnano e che vigilano su di loro, che possano utilizzare spazio pubblico e non dedicato. Da tempo sto suggerendo alle città di smettere con i giardinetti per i bambini perché non sono adatti per il gioco. Sembra quasi che gli adulti che progettano questi spazi pensino che i bambini non sappiano più come si gioca. E la grande idea che hanno è che ci si dondola su un’altalena o si scivola su uno scivolo. Insomma, mi sembra un po’ povero. Non sarebbe più vero se attraverso il gioco uomini e donne sviluppassero la stragrande maggioranza delle loro competenze, perché è l’infanzia la fase più produttiva della loro vita?”.
    Il progetto è imponente e coinvolge tanti aspetti, ma non è impossibile. Basti pensare che a Pesaro dal 2000 ad oggi la percentuale di bambini delle elementari che vanno a scuola da soli è passato dal 6 all’80%.

    Angela De Rubeis