Su quella che rischia di diventare l’ennesima incompiuta, gli albergatori e l’intera città da tempo chiedono chiarezza. Dopo un lungo periodo di silenzi l’ex colonia Novarese di Miramare è tornata a far parlare di sé. Il progetto del Polo del Benessere che la riguarda, e che la cooperativa reggiana Coopsette ha dovere di realizzare secondo il bando stipulato con l’amministrazione comunale già nel lontano 2005 (che Coopsette si è aggiudicata con appena 9 milioni di euro) è stato ripreso in maniera approfondita in un’inchiesta pubblicata del mensile TRE in edicola con il Pontedi venerdì 4 novembre. Secondo le ultime notizie, che risalgono ad un incontro avvenuto il 31 ottobre tra l’assessore alla Tutela e Governo del Territorio del Comune di Rimini, Roberto Biagini, e il circolo del Pd della zona sud, Coopsette è pronta a ricominciare i lavori con un primo stralcio relativo al solo hotel a 4 o 5 stelle, da ricavare in parte della colonia. Fuori dunque, per ora, il centro benessere visto che per i relativi 5mila metri quadrati Coopsette ha chiesto una revoca dell’Atto ricognitorio finale. Una notizia che ha subito creato parecchio malumore tra gli operatori miramaresi: il timore è che alla fine si realizzi qualcosa di molto diverso rispetto a quanto previsto dal piano industriale originario. “Tutto dipenderà da quello che Coopsette ci confermerà e su cosa ha intenzione di fare” spiega l’assessore Biagini a il Ponte. Aggiungendo che “<+cors>se ci dovessero essere divergenze significative rispetto agli accordi siamo pronti a tutelarci nelle sedi opportune<+testo_band>”. Eventuali controversie (il contratto è sottoscritto il 26 ottobre 2005) tra Comune di Rimini (venditore del pacchetto azionario) e Coopsette (acquirente) si svolgerebbero in conformità alle norme del Codice di procedura Civile. Una prassi che, nonostante la recente riforma, potrebbe durare anche molti anni.
Coopsette si è aggiudicata con bando pubblico il 94,13% del capitale sociale di Riminiterme Spa con un “piano industriale migliorativo” con tanto di dettagli di natura finanziaria e contabile suddivisi per anno, dal 2005 al 2012. Ma di fatto ha realizzato poco o nulla. A metterci lo zampino è stata la crisi economica, il crollo dei margini e delle commesse (Coopsette lavora tantissimo con le opere pubbliche). Ma come fanno notare gli albergatori di Aia Rimini e Miramare Wiva, Coopsette sta comunque realizzando “investimenti cospicui a Brescia, Pompei, Verona, Sestri çevante e Reggio Emilia”. Perché non a Rimini.
In ogni caso, la cooperativa reggiana ha ancora le forze economiche e patrimoniali per portare a buon fine l’operazione? Su un bilancio tanto complesso come quello di Coopsette, con decine di società controllate e partecipate, non è facile districarsi. Nel 2010 la società ha ridotto il suo utile complessivo di gestione e risulta notevolmente ingessata per effetto del suo indebitamento diretto e indiretto. Certo, in difficoltà non c’è soltanto Coopsette perché è tutto il settore industriale (in particolare quello edilizio) a presentare situazioni simili. Nonostante una rigorosa politica rivolta alla riduzione del debito finanziario (la posizione finanziaria netta a livello consolidato, nel 2010 è passata da 439 milioni a 372 milioni di euro, con una riduzione complessiva di circa 67 milioni), Coopsette nel 2010 mostra ancora debiti verso le banche pari a 337 milioni di euro (388 nel 2009), superiori persino al patrimonio netto di pertinenza di gruppo (286 milioni di euro). La liquidità di gruppo è minima e la gran parte dell’attivo è investita in rimanenze di magazzino e lavori in corso che, pur facendo parte dell’attivo circolante, sono di fatto “soldi fermi”.
Nel frattempo la “diplomazia” si è messa in moto. Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, ha già chiesto a Coopsette un incontro e si ritiene possa avvenire a brevissima scadenza.
Ma cosa succederebbe se il Comune desidesse di ricorrere alle vie legali? Secondo fonti attendibili, il Comune dovrebbe ridare le somme pagate dalla società che ha acquistato le quote. Si potrebbe arrivare con un nuovo atto notarile oppure con una causa dimostrando che la cooperativa è inadempiente e quindi attivare la clausola risolutoria, aspettandosi che il giudice ritenga fondata la causa.
Nel primo caso occorre un accordo, occorrerà cioè stabilire se vanno restituite le spese sopportate dalla cooperativa per la colonia oppure se è superiore il danno patito dal Comune per il mancato rispetto degli accordi e se gli introiti percepiti da Coopsette nella gestione delle terme sono un ristoro sufficiente. Nel secondo caso si aprirebbe un contenzioso dove il giudice dovrebbe decidere anche su questi aspetti e sostituire con una sentenza il mancato accordo tra Comune e Coopsette, in questo caso con esiti lunghissimi. Non solo: occorrerà anche valutare il termine entro il quale mettere in mora la cooperativa per non perdere il diritto da attivare. Per ora sono solo ipotesi.
Domenico Chiericozzi