È finita l’era degli sperperi (“il primo obiettivo sarà il reddito”), dell’aeroporto che pur di sostenere l’indotto economico del territorio restava in passivo (“il lavoro degli altri soggetti della filiera funziona se è lo scalo a funzionare”) e dei fondi pubblici che alimentavano questa continua perdita. All’indomani della sentenza del Consiglio di Stato che legittima AIRiminum ad operare al “Fellini” per trent’anni, Leonardo Corbucci (nella foto con la presidente Laura Fincato), amministratore delegato di quella che oggi è l’unica società completamente privata a pilotare un aeroporto in Italia, presenta i punti programmatici del piano di rilancio dello scalo. E lo fa anche come rappresentante unico di Armonie Srl, socio di maggioranza di AIRiminum, dunque il primo interessato a tenere in attivo e rimpolpare le casse del “Fellini”. Come? Attraverso un masterplan che segnerà la rotta dei prossimi dieci anni. Obiettivi ma anche obblighi da cui verrà estrapolato il contratto di programma con Enac, “e se Armonie non farà rispettare gli impegni, Enac ci toglierà la concessione”.
“Se tutto andrà come deve andare, il masterplan sarà pronto tra un anno e mezzo – chiarisce Corbucci – questo vuol dire partire con gli investimenti solo allora”. Va identificato per prima cosa un advisor (“cercheremo il meglio per Rimini”) e una volta presentato il piano a Enac, sarà necessaria l’autorizzazione dei Ministeri dell’Ambiente e dei Trasporti.
Il piano. Da dove cominciare? “Alla precedente società di gestione (Aeradria) era stato approvato un masterplan decennale di 109 milioni: un buona base di partenza, ma vanno fatti più aggiustamenti” mette le cose in chiaro. Il primo riguarda il modello di business, finora improntato prevalentemente sull’incoming turistico: questo voleva dire lavorare, in un anno, solo per 14-16 giorni con almeno 4000 passeggeri, quasi solo nei tre mesi estivi e perlopiù il sabato, dalle 17 alle 21. Per il resto, al “Fellini” regnava il vuoto. Uno sbilanciamento in termini logistici ed operativi che creava non pochi disguidi. Che fare? “All’incoming turistico vanno affiancate nuove linee di business e la prima è l’incoming fieristico”. Corbucci sulla fiera di Rimini ha un’idea precisa: “È la migliore in Italia e porta ogni anno milioni di visitatori l’anno sul territorio. Almeno un 5% di questi deve atterrare qui”. In cifre, si parla di 100mila teste, ossia 200mila passeggeri (andata-ritorno) che potrebbero aggiungersi ai 157mila risicati registrati in questo 2015 ostico e di transizione.
La seconda priorità riguarda la Russia. Fino ad oggi ha occupato l’80% del traffico su Rimini. “Il rapporto va coltivato e la recente apertura del desk operativo del Consolato Russo al Fellini sta in questa direzione. Vogliamo rafforzare i rapporti non solo con i tour operator ma direttamente con le autorità del Paese e puntiamo a generare non solo incoming ma anche outgoing”. Parallelamente però la rotta resta puntata verso altri mercati, anche inaspettati come il Vietnam: “Oggi si collega con l’Europa solo a Parigi, e ha 90 milioni di abitanti”.
Terza priorità, il marketing. Il messaggio è chiaro: dimentichiamoci i fondi pubblici per pagare le compagnie low cost. “Ai programmi di investimento già pianificati dagli enti pubblici per portare turisti, va affiancato un modello basato esclusivamente su fondi di natura privata, al quale partecipino tutti i soggetti interessati a portare visitatori (per turismo, eventi, fiere, business) con politiche di marketing calibrate e non dispersive”.
APT e Comune di Rimini stanno spendendo un milione di euro per riportare in Riviera i tedeschi? “Investiamo anche noi su questo mercato”. E se in questa partita non ci guadagna solo l’aeroporto (“Se attivo il collegamento con Francoforte quella di Rimini diventa una delle maggiori fiere in Europa”), perché gli altri soggetti interessati non devono partecipare? L’invito ad aprire il portafogli è aperto.
C’è poi tutta la partita legata al low cost. Aggiudicandosi una fetta sempre più consistente dei cieli italiani ed europei, ha mandato in rovina tantissimi aeroporti. Perché se per portare i voli low cost si paga 41 euro a passeggero e il guadagno è solo di 30, ecco che questa macchina perversa non può sostenersi se non interviene il “salvagente” dei soldi pubblici. L’Europa ha stretto la cinghia e gli aeroporti a maggioranza pubblica non possono più continuare ad alimentare questo meccanismo (si intensificano gli interventi delle Procure tra gli scali italiani), ma Rimini potrebbe avere un vantaggio. “Noi, in quanto privati, nei prossimi tre anni potremo essere gli unici a pagare le compagnie low cost – sottolinea Corbucci – a patto però di guadagnarci”.
I rapporti con Bologna. Nel prossimo futuro il “Fellini” sarà obbligato a sedersi al tavolo con il “Marconi”. “Non adesso, siamo troppo deboli. Ma credo che Rimini e Bologna possano cooperare”. Aggiunge però anche una stoccatina: “Qui di fronte – afferma guardando i 20mila metri quadrati di terreno (dove c’è l’hotel abbandonato Coronado) – c’è tutto uno spazio che potrebbe essere funzionale all’aeroporto. Potremmo realizzare anche un’area pullman per portare i passeggeri di Rimini nelle città d’arte. Se la navetta Rimini-Bologna è remunerativa per il Marconi perché non può esserlo anche per noi?”.
Largo alle merci. Il cargo è un’altra priorità. “Aeradria ci ha lasciato con grossi limiti e Rimini fino ad oggi ha lavorato prevalentemente con i charter(esclusi dal traffico merci, ndr). Bisogna puntare più sui voli di linea, tutto l’anno”. Un Rimini-Roma, ad esempio. Eppure si sa quanto poco remunerativo sia stato per Aeradria questo collegamento. “Un Roma-Mosca da solo non è sostenibile, ma un Roma-Mosca-Tokio sì. Ecco, A Rimini dobbiamo creare qualcosa di simile con Roma”.
Alessandra Leardini