Sembra cosa fatta: tra poco la Chiesa riminese potrà fregiarsi di un nuovo santo tutto suo, un santo nuovo e anzi antico. Si tratta del beato Amato Ronconi, nato e vissu-to a Saludecio fra il XIII e il XIV secolo, venerato da sempre e iscritto nell’elenco uffi-ciale dei beati fin dal 1776.
Si tratta di un santo contadino che si è fatto povero per i poveri, di un mistico denigrato e calunniato in vita, di un instancabile pellegrino che ha dedicato la vita ad alleviare le difficoltà dei poveri e dei pellegrini. La riproposizione della sua vita, dei suoi meriti, del suo esempio ha ancora molto da suggerire a noi “moderni”.
il Ponte ne ha scritto più volte, giustamente, segnalando i progressi della sua “causa”, che ha incontrato difficoltà e scetticismo, ma che il “suo” paese soprattutto ha sempre sostenuto con convinzione, con forza e con sacrifici. Avremo da parlarne e da rallegrarcene nei prossimi mesi. Intanto permettetemi di presentarvi un’immagine pitto-rica di questo beato, la cui iconografia è piuttosto scarsa.
Non è una immagine nuova; io stesso l’ho pubblicata più volte, ma sempre con il titolo sbagliato. La ritenevo infatti una immagine di san Rocco, confortato da un vecchio e impreciso inventario della chiesa in cui si trova: una piccola chiesa di campagna vicina a San Giovanni in Marignano, quella di Isola di Brescia.
Come si può vedere dalla fotografia raffigura un santo pellegrino inginocchiato sulle nuvole, in atteggiamento estatico; ai suoi piedi c’è una chiesa minuscola e vera-mente rurale, che non ha nemmeno il campanile. Cos’altro aggiungere? Forse solo che il dipinto è bellissimo, e che è opera di uno dei grandi pittori italiani dell’Ottocento accademico: Francesco Podesti (1800-1895), il pittore ufficiale della corte pontificia, qui e-videntemente in un momento ispirato e commosso.
Ma guardiamo piuttosto all’iconografia, cercando di identificare il personaggio: si tratta senza dubbio di un santo pellegrino, con la sua mantellina d’ordinanza adorna di conchiglie, il cappello a larghe tese scivolato sulle spalle, una semplice croce di legno al collo, robusti calzari e il bordone lasciato cadere a terra. E un’aureola tenue attorno alla testa. San Rocco dunque, e se no chi?
Parecchi mesi fa dalla Valle del Conca mi ha telefonato un signore avvertendomi che si trattava invece della rappresentazione del beato Amato di Saludecio, e mi diceva che al ritorno dalla guerra, dopo essere sceso dal treno a Cattolica, lungo la strada che risaliva la valle e lo riportava a casa si era fermato proprio ad Isola di Brescia per rin-graziare questo beato davanti al dipinto in questione. Non so niente della persona che mi ha fatto questa segnalazione, né ricordo il suo paese, e ora mi dispiace molto. Forse in quel momento stavo coltivando altri studi e non presi appunti in merito; forse allora la segnalazione non mi sembrò importante, riguardando …solo l’iconografia, e non la qua-lità dell’opera.
Invece è importantissima e certamente esatta, e non mi rimane che correggere l’errore, scusandomi sia con chi mi ha fatto la giusta segnalazione, sia con il beato futu-ro santo da me non riconosciuto.
L’iconografia ha regole che al pittore non è lecito né discutere né cambiare. San Rocco deve essere vestito da pellegrino, accompagnato da un bastardino che gli porta un pane, e tenere ben in mostra una coscia nuda su cui compare il bubbone della peste. In questo dipinto il cane non c’è, e non c’è nemmeno il bubbone. La mantellina non basta a identificarlo col il santo pellegrino degli appestati; l’abito; come dice il proverbio, non fa il monaco. E a proposito di abito, questo santo sotto la mantellina ha evidentemente una saio francescano, che con san Rocco non c’entra proprio per niente, e un pittore dell’Ottocento lo doveva sapere bene.
Ma allora può essere davvero il beato Amato? Certamente. Nelle sue raffigura-zioni anche lui deve sempre essere vestito da pellegrino, ma in più sotto la mantellina deve portare, esattamente come qui, il saio francescano, essendo “terziario”. Questo par-ticolare è determinante per una corretta identificazione del personaggio. In quanto all’atteggiamento si spiega facilmente con una delle estasi avute, e soprattutto con la vi-sione che, durante l’ultimo dei numerosi pellegrinaggi intrapresi per recarsi al santuario di Sant’Jacopo di Compostela, gli consigliò di tornare a casa per prepararsi all’ultimo, dolcissimo viaggio verso la meta definitiva, fra le braccia del Padre.
Rimane una piccola incongruenza: l’aureola, che spetta ai santi e non ai beati. Un errore del pittore, evidentemente. O una profezia. E rimane il ritratto, ideale s’intende: bellissimo, di un uomo sereno, forte, nel colmo delle forze e della maturità.
A presto, Sant’Amato di Saludecio, e intanto già prega per noi, che di viaggi e pellegrinaggi ne facciamo, ma un bel po’ confusi e molto spesso proprio inutili.
Pier Giorgio Pasini