Da alcuni anni, mi sto dedicando alla raccolta delle testimonianze dei miei concittadini relativamente al periodo bellico. Trascorro ore ad ascoltare le esperienze da loro vissute durante quel triste periodo, con lo scopo di non perdere una notevole fonte di dati. Sono le “microstorie” che concorrono a formare la storia di un paese e la storia di una nazione.
Gli argomenti relativi a questo periodo, specialmente nel settore aeronautico, suscitano in me una forte attrazione sin da quando ero un ragazzo. Recentemente un particolare fatto ha destato la mia curiosità. A poche decine di chilometri da Rimini, al confine tra la Romagna e le Marche, nel 1942 è avvenuta una sciagura aerea. Oggi, dopo oltre settanta anni, è stato possibile ricostruire una parte di quello che è accaduto quel giorno. Vediamo nel dettaglio cosa è successo.
Un ME 323 tedesco, stava volando lungo la Costa Adriatica in direzione Sud. Era una fredda giornata invernale, con nuvole molto basse. Si trattava di un grosso aereo da carico dotato di sei motori che stava trasportando rifornimenti nel Sud Italia.
Mi sono chiesto dove poteva essere diretto quel velivolo, forse in Puglia o in Sicilia dove erano presenti numerose basi aeree della Luftwaffe. Per ipotizzare una probabile destinazione del volo, sono andato a cercare notizie su ciò che stava avvenendo in quel periodo sul fronte di guerra prossimo all’Italia.
Un po’ di storia
02/11/42 – In Africa Settentrionale l’Ottava Armata Britannica (Gen. Montgomery) attacca le posizioni italo-tedesche (Operazione Super Charge).
03/11/42 – Hitler ordina al comandante supremo delle truppe in Nordafrica: “Tenere le posizioni a qualunque prezzo”; nonostante che il feldmaresciallo Rommel, la sera del 2 novembre, ha fatto pervenire un messaggio al quartier generale del Führer la necessità della ritirata ed ha già iniziato lo sganciamento dalle posizioni di El Alamein.
04/11/42 – Rommel dirama, sotto la propria responsabilità, l’ordine di continuare la ritirata.
06/11/42 – l’Ottava Armata Britannica ha catturato, dall’inizio della battaglia di El Alamein, 30.000 uomini, catturando o distruggendo 350 carri armati e 400 cannoni.
07/11/42 – Sbarco americano in Marocco ed in Algeria (Operazione “Torch”).
Erano momenti critici per le truppe dell’Asse, quindi servivano urgentemente rifornimenti, soprattutto di carburante e pezzi di ricambio per gli aerei per contrastare l’avanzata alleata. In base a queste notizie, ritengo che la destinazione finale di quel velivolo fosse la Sicilia o l’Africa.
Erano circa le 9.30 quando quel velivolo si è trovato a passare sui cieli di Rimini, dove sulla spiaggia era da poco arrivato un bambino di dodici anni, che la madre aveva mandato a prendere dell’acqua di mare.
Quel bambino oggi ha ottanta anni, si chiama Giuseppe Fabbri, classe 1932, soprannome di famiglia Burdoun. È un mio amico e durante uno dei tanti incontri avuti con lui per farmi raccontare i suoi ricordi di guerra, il 19 dicembre del 2008, mi ha riferito cosa aveva visto un giorno mentre si trovava in riva al mare.
Durante la guerra, abitava nella periferia Sud di Rimini “te Ghett dal redi”, nel gruppo di case presenti a lato della Via Flaminia, di fronte “me Ghett di Turch”, l’attuale frazione di Marebello. Il ghetto era composto da una schiera di case abbinate, abitate da dieci famiglie e veniva chiamato così perché vi lavoravano due artigiani che realizzavano le reti per i letti.
Giuseppe mi ha raccontato che: “Durante la guerra il sale era difficile da trovare, all’inizio era tesserato e più di un certo quantitativo non te ne davano, poi ad un certo punto era divenuto quasi introvabile. Quello che c’era costava troppo e non potevamo permettercelo così ci si doveva arrangiare. La mamma mi mandava a prendere l’acqua di mare, allora era pulita. Con quell’acqua preparava la piada, che in quegli anni a cena non mancava mai sulla nostra tavola. Io ero addetto alla macinatura del grano, con il macinino del caffè. L’acqua l’andavo a prendere in media due volte alla settimana, portando due fiaschi da due litri ciascuno. Ricordo che la paglia di rivestimento dei fiaschi si era rotta, così mio babbo li aveva rivestiti con rametti di vimini. Da un padellone per la cottura delle lasagne, riempito di acqua di mare e messo a bollire, usando come combustibile le radici di gramigna seccate, si poteva ricavare un cucchiaio di sale. La spiaggia quella volta non era piana come adesso, era formata da dune di sabbia. Durante l’inverno, quando uscivo di casa, per ripararmi dal freddo usavo la >caparela (mantella) che mio nonno paterno aveva portato con sé dal fronte. Lui aveva combattuto la Prima Guerra Mondiale. Un giorno in particolare mi è rimasto impresso nella memoria per quanto avevo visto. Era una giornata grigia e fredda con nuvole molto basse, saranno state circa le 9.00, forse le 10.00. Come al solito sono andato sulla spiaggia a prendere dell’acqua. Ad un tratto ho visto passare a qualche centinaio di metri dalla riva, un grande aereo con sei motori diretto verso Pesaro, volava molto basso. Non avevo mai visto nulla del genere, così da vicino. Dopo averlo osservato passare, mi sono messo a fare il mio lavoro. Mi sono avvicinato alla riva e con le mani ho scavato una buca nella sabbia creando una piccola pozza d’acqua che raccoglievo con un contenitore e riversavo nei fiaschi utilizzando un pidriul (imbuto). Ad un tratto, ho visto con la coda dell’occhio come un lampo in direzione di Gabicce e qualche attimo dopo ho sentito il rumore di un’esplosione. Quell’aereo doveva essere andato a sbattere contro la collina”.
Nei ricordi
di Giuseppe
Ho chiesto a Giuseppe quando, secondo lui, poteva essere successo questo fatto. Mi ha risposto che per quanto ricordava doveva essere stato nei primi mesi del 1944, perché aveva terminato gli studi proprio l’anno prima. Logicamente è impossibile per un bambino ricordare la data esatta di un certo avvenimento, se non tenendo un diario dei propri ricordi e lui non l’aveva fatto. Nell’ascoltare quel racconto, mi sono subito chiesto come mai un pilota facesse volare un aereo di quella mole, così basso sul mare. Doveva avere dei problemi perché per quello che ne so io, in caso di scarsa visibilità, la prima cosa da fare è quella di portarsi ad una quota di sicurezza, maggiore a quella degli ostacoli che si possono incontrare lungo la rotta, e Gabicce nel suo punto massimo raggiunge la quota di 221 mslm (metri sul livello del mare). Probabilmente il pilota non pensava di trovarsi in quella posizione e di avere di fronte quella collina.
Molto interessato a questa storia, ho chiesto ad alcuni miei compagni di scuola, originari di Cattolica, se tra i loro parenti vi fosse qualcuno che ricordava questo fatto ma purtroppo non sono riuscito a trovare nessun riscontro. Navigando in rete, in cerca di una traccia, però ho trovato un interessante sito – aviazionemarche.org – che tratta argomenti di carattere aeronautico relativi alla Regione Marche. Tra gli articoli presenti nelle pagine, ve ne erano alcuni sulla presenza dell’aviazione militare, italiana, tedesca ed alleata, relativi al periodo bellico. Perché non provare a chiedere a loro se avevano mai sentito parlare di questo fatto?
Così ho inviato una richiesta di aiuto a Lucio Lucci, uno dei sei componenti del gruppo di ricerca. Lui molto gentilmente mi ha risposto riferendomi di non essere a conoscenza di questo episodio, ricordava però di avere trovato e conservato durante le sue ricerche, un articolo di giornale sul funerale di alcuni aviatori tedeschi, avvenuto a Pesaro il 20 dicembre 1942. Nell’articolo del Il Corriere dell’Adriatico, non era menzionato né quanti fossero gli aviatori, né dove fosse avvenuto l’incidente e nemmeno il tipo del velivolo precipitato. Non sembrava essere direttamente collegata alla mia ricerca, essendo questo caso precedente di almeno un anno rispetto a quanto riferitomi da Fabbri, ma era una notizia ugualmente interessante e ne ho preso nota.
Dopo questo contatto, per diverso tempo non sono più riuscito a trovare altri elementi su questo incidente, così ho riposto la ricerca nel cassetto ma non nel dimenticatoio. Parlando con le varie persone incontrate durante le ricerche, ho sempre chiesto a tutti di quell’episodio ma purtroppo nessuno ne era a conoscenza.
Questa storia era divenuta un “tarlo” che mi lavorava sempre in testa e volevo toglierlo di lì ad ogni costo.
Rassegnato sono tornato a svolgere le mie solite ricerche in attesa di avere la fortuna di trovare chi poteva aiutarmi, ma sapevo benissimo che non è sempre possibile ottenere soddisfazione ai propri desideri.
Alcuni anni dopo, ho incontrato Umberto Palmetti di Gabicce, un ex sindacalista che fa parte dell’Anpi di Pesaro. Anche a lui ho rivolto la solita domanda che faccio a tutti quelli con cui riesco a parlare nelle mie ricerche: “Ha mai visto cadere un aereo durante la guerra?” La sua risposta è stata negativa, però ricordava che un suo vicino di casa, un po’ di tempo addietro gli aveva raccontato di avere assistito alla caduta di un aereo molto grosso sulla collina di Gabicce.
A sentire quelle parole mi si sono illuminati gli occhi e gli ho chiesto se mi poteva mettere in contatto con quella persona, se era possibile la volevo incontrare.
Palmetti lo avrebbe contattato in giornata e mi avrebbe fatto sapere. In serata ci siamo risentiti e mi ha riferito che la persona cercata, purtroppo era partita per una vacanza in montagna organizzata dal comune e prima di quindici giorni non sarebbe tornata. Avevo aspettato tanti anni, potevo aspettare ancora due settimane. (1 – Continua)
Daniele Celli