La rivista che si occupa di fumetto (ma imbarca sulle nuvolette anche illustrazione e cinema d’animazione) più longeva la trovate ad un indirizzo riminese, in via Circonvallazione occidentale 58, per la precisione. Con il numero attualmente in edicola, Fumo di China festeggia i 300 numeri, ed è un vicino di casa della Fondazione Enaip e del Centro Zavatta, e con quelle benemerite sigle riminesi per anni ha diviso anche un orizzonte.
È il 1996 quando i ragazzi riminesi del Cartoon Club gettano il cuore oltre l’ostacolo e – spalleggiati da Acli arte e spettacolo – alla creazione del singolare festival estivo decidono di affiancare l’avventura editoriale.
“Diversi di noi collaboravano con quella mitica rivista già da anni, racconta com’è andata Sabrina Zanetti, direttore artistico di Cartoon Club e anima dell’operazione – e quando si è presentata l’occasione di rilevare la testata, i soci hanno ritenuto che quella riminese fosse la sponda migliore per un passaggio di testimone nel segno della passione e della professionalità”.
Lo sbarco riminese di Fumo di China è completato nella primavera 1997, quando esce nelle edicole di tutta Italia il primo numero (il 56) realizzato all’ombra dell’Arco d’Augusto. Direttore responsabile è Paolo Guiducci, capo redattore Valentina Semprini, autori riminesi come Mauro Masi e Luca Giorgi, il cesenate Gianni Barbieri e tanti altri sono figure che compaiono spesso nel colophon, insieme alle firme più autorevoli del panorama italiano.
Per le nuvolette, Fumo di China è una rivista mitica, una sorta di Linus della critica. Il primissimo numero vide la luce, in ciclostile 42 anni fa, quando ancora si chiamava Bollettino del Club Giovani Amici del Fumetto. “La storia di FdC è emblematica di quella di tante altre fanzine, che in massima parte oggi non esistono più.
– spiega il ‘nume tutelare’ Spiri alias Franco Spiritelli (nella “banda dei quattro” fondatori insieme ad Andrea Magoni, Mauro Marcheselli e Andrea Plazzi) – Alla base c’è una autentica vocazione ‘universale’, cioè un interesse a 360 gradi per tutto quanto fa Fumetto (preferenze individuali comprese). Questa vocazione ha fatto sì che tutte le scelte editoriali andassero nella direzione della massima popolarità possibile, e per far questo abbiamo, da sempre, adottato tutte le formule che consentissero di mantenere i costi di produzione, e quindi il prezzo al lettore, più bassi possibile. Non è mai stata nostra intenzione rifugiarci in una formula, magari raffinata e ad alto costo, ma riservata a una cerchia ristretta o ristrettissima. Tutto questo è stato possibile con il lavoro appassionato e praticamente disinteressato degli oltre 500 collaboratori che ci hanno accompagnato fin qui”.
Dalla preistoria del ciclostile per i primi 6 numeri nel 1978-79 si passa poi alla stampa in off-set. Dopo 27 numeri (più un bis), con la seconda serie edita da Alessandro (in 8 volumi brossurati con doppia numerazione, 1987-89) ci fu il primo salto di qualità: cade il Muro, FdC (in alto la foto scattata dal lettore e collaboratore Lorenzo Barruscotto con il berretto dell’Unione e la stella di Marshal) arriva in edicola nel 1989 con il nuovo n.1, nel formato che ancor oggi si può stringere fra le mani, utilissimo a farsi notare in edicole e fumetterie.
“Non amiamo le autocelebrazioni e il momento è tutt’altro che allegro. – è al solito pragmatico il direttore editoriale Loris Cantarelli – Però il numero in copertina parla chiaro, ed era impossibile non festeggiare la ricorrenza, anche se naturalmente l’arrivo della pandemia ci ha scombinato tutti i piani. Ma chi ci conosce sa che noi non ci pieghiamo facilmente”.
Contenuto al massimo frizzi e lazzi, FdC ha “premiato” i fedeli lettori con il n. 300 con una copertina inedita del caleidoscopico Larry A.
Camarda, 4 pagine in omaggio e cinque strisce “metafumettose” del sempre generoso Marcello, guardando al futuro con un breve excursus sugli webcomics e il loro sbarco su carta, sbirciando “dietro le quinte” del lavoro di autori a tutto tondo come Silvia Ziche. Con la crescita di Fumo (com’è tradizionalmente chiamata la rivista), lentamente, ma inesorabilmente crollava anche la scarsa considerazione italiana verso il fumetto, anche se il recentissimo “rifiuto” del Wow Spazio Fumetto a essere considerato Museo da parte del Mibact qualche dubbio sull’affrancamento del medium lo pone.
Alcuni concorrenti si sono persi per strada, “Noi esisteremo ancora, quando di loro non si ricorderà più nessuno”, diceva qualche redattore di FdC (forse più per farsi forza, che per reale convinzione) quando l’entusiasmo di qualche collega “fanzinaro” faceva nascere una rivista concorrente.
Così è stato. Nonostante la concorrenza della Rete e la crisi del settore, FdC oggi è proprietà di Freecom / Doc Servizi di Verona, ma la redazione è rimasta a Rimini e ogni mese continua ad aggiornare e a raccontare approfondimenti, personaggi, curiosità e “dietro le quinte” della nona arte.
“Non possiamo prometterlo per altri 300 numeri, – chiosa Cantarelli – ma di certo finché avremo un cuore di china che batte”.
Tommaso Cevoli