Stiamo festeggiando il decimo anniversario della beatificazione di Alberto Marvelli. A partire da sabato 4 ottobre la città “fa festa” al suo Santo con una serie di iniziative. Qui, invece, presentiamo il libro scritto da Cinzia Montevecchi “Volare nel sole”, sottotitolo “Alberto Marvelli e la gioia di educare”. Abbiamo voluto trascrivere la presentazione che la stessa autrice ha fatto del suo scritto, nel quale racconta i testi che ha raccolto, e un bellissimo Alberto inedito, fatto di indovinelli, barzellette e storielle.
Da sempre la Chiesa ha avvertito che l’educazione le appartiene come dimensione imprescindibile dell’annuncio del Vangelo, da sempre ha dovuto confrontarsi col mondo e annunciare il Vangelo a un mondo che cambia. L’età d’oro dell’annuncio sembra non essere mai esistita. La chiesa può trovarsi davanti, come oggi, un muro di indifferenza, che affonda le sue radici nella delusione derivata dal crollo delle ideologie, nella paura del futuro, nell’incapacità di trovare un senso al presente, o come è accaduto durante il Ventennio Fascista – storia ormai lontana nel tempo, ma ancora drammaticamente presente alla nostra coscienza – può trovarsi di fronte a una ideologia fin troppo forte, che mira ad assoggettare le coscienze al potere dominante e possiede tutti gli strumenti necessari per farlo. I problemi si sono presentati diversi a seconda delle stagioni, ma la risposta al “che fare?” è sempre stata una sola: comprendere la realtà nella quale gli uomini sono immersi e, adeguando il linguaggio, annunciare senza tradimenti o banalizzazioni la buona novella, nella sua interezza e nella sua, sorprendentemente sempre attuale, novità.
È questa la ragione che ci ha spinto a pubblicare le riflessioni di Alberto Marvelli, impegnato a Rimini come educatore dei giovani di Azione Cattolica negli anni che vanno tra il 1933 e il 1944. In questi non facili anni, nei quali è stata portata a conclusione la “Questione romana”, ma il desiderio dei cattolici di impegnarsi nella politica si scontrava con la pretesa del partito fascista di identificarsi con lo Stato, nei quali il potere esigeva che la Chiesa non interferisse in alcun modo nella cosa pubblica, egli è riuscito con umiltà e fermezza a educare se stesso e un’intera generazione di giovani a “resistere” moralmente proponendo la possibilità di scelte, di atteggiamenti, di comportamenti, di stili di vita “altri” rispetto a quelli presentati dalla propaganda ufficiale; a mostrare, contro il “me ne frego” fascista che l’unica libertà che vale la pena conquistare è quella che si esprime nella responsabilità verso il bene comune.
L’interesse dei testi che vengono proposti sta nel fatto che non si tratta di riflessioni sul metodo – anche se queste non mancano – ma piuttosto sui contenuti da privilegiare. Ne risulta che educare ed evangelizzare sono sinonimi, perché non si può che educare alla “vita buona del Vangelo”, all’interno di un progetto di santità “laica”, una santità nel quotidiano, capace di armonizzare la dimensione spirituale con tutte le altre che fanno parte dell’esistenza.
Si tratta di brani – databili tra il 1937 e il 1943 – ritrovati in quaderni di appunti, note e fogli sparsi, di cui Alberto si è servito durante gli incontri di formazione organizzati dall’Azione Cattolica, citazioni da utilizzare per preparare gli incontri con gli aspiranti o gli juniores. Per questo dal linguaggio non molto elaborato.
Per di più, da bravo ingegnere, era convinto che “tutto il creato possa essere espresso attraverso numeri”e questo non lo rendeva particolarmente incline ad approfondire una qualsiasi ricerca stilistica.
Nonostante tutto, però, questi appunti appaiono intrisi di una forza straordinaria, che deriva dal fatto che non sono solo cose da dire, ma verità da vivere, da testimoniare, da trasmettere attraverso una relazione educativa diretta e personale. Mostrano, inoltre, un aspetto poco indagato della personalità di Alberto. Di lui, infatti, si sono sempre sottolineati l’impegno nel sociale, in particolare durante e immediatamente dopo la guerra, la carità verso i poveri, la vita di preghiera, mentre è rimasto un po’ in ombra l’impegno educativo. Eppure ha assorbito una parte non certo trascurabile del suo tempo delle sue energie, come testimonia la fitta corrispondenza con il presidente diocesano Luigi Zangheri; ed è stato da lui vissuto uno dei tanti modi in cui può diventare concreto l’amore verso il prossimo.
Ci sembra possano trovare accoglienza in appendice agli scritti di pedagogia di Alberto anche alcuni appunti inediti, presi con la scrittura ordinata su una piccola rubrica dalla copertina nera: sono indovinelli, quesiti di matematica, proverbi. Servivano evidentemente ad animare le riunioni con i ragazzi, o a rompere il ghiaccio prima di un incontro.
Alcune pagine, le più simpatiche, contengono una sorta di inventario di storielle sul fascismo, puntigliosamente numerate. Non tutte sono state facili da ricostruire, perché i personaggi sono indicati solo con l’iniziale del nome (anche se risulta chiaro di chi si tratta), ma soprattutto perché sono molto riassunte, come succede a chi ha bisogno di poche parole per ricordare una battuta. Interessanti, tuttavia, per mostrare, se ce ne fosse bisogno, che anche i santi sanno utilizzare l’arma del riso per rivelare “l’altra faccia della medaglia” e demitizzare le pretese arroganti e vanagloriose di chi si serve del potere per i propri, spesso meschini, fini.
Cinzia Montevecchi