Lungo il “polmone d’acqua” del mondo, il Rio delle Amazzoni, per ritrovare se stessa, per elaborare, forse, un lutto (la prima immagine e altri indizi suggeriscono una maternità interrotta), per cambiare. Augusta (Jasmine Trinca) è il personaggio principale di Un giorno devi andare, film con il quale il regista Giorgio Diritti (anche sceneggiatore assieme a Tania Pedroni e Fredo Valla) esce dalle piccole comunità montanare, luoghi che hanno caratterizzato le precedenti pellicole Il vento fa il suo giro (un successo grazie al passaparola, con distribuzione indipendente) e L’uomo che verrà e passa molti confini, pur con un piede sempre in Italia (il Trentino, dove vive la madre di Augusta, in attesa di notizie della figlia). Ma Augusta sceglie l’Amazzonia per un percorso di rinnovamento: prima in compagnia di una suora amica della madre, poi nelle favelas infine, sola, su un’isola deserta per un cammino a tappe in cui cerca ragioni per vivere e risposte difficili da trovare.
Il percorso di Augusta è un cammino non facile, segnato da incontri, dubbi, tragedie intime e collettive e dal “silenzio di Dio”, in attesa di una voce che le risuoni a indicare la strada giusta. Anche mamma, a casa con la nonna malata, avverte lo stesso silenzio, ma per ascoltare la Voce occorre continuare il cammino, raccogliere l’invito alla condivisione con gli altri e definire un nuovo senso di esistenza.
Un giorno devi andare vive in immagini naturali (l’ambiente per Diritti assume un’importanza fondamentale), in luoghi lontani ed evocativi, in quella scia d’acqua che è “la strada” principale di Augusta. Ora più emozionante, ora più “trattenuto” e meno in grado di penetrare l’intimità della ragazza, il film ha comunque chances per essere apprezzato.