Quattordici anni. Sono passati quattordici anni da quando incontrai per la prima volta il nome di Guido Simonetti. Era il 1995, e nel leggere un articolo che era apparso su il Ponte, due anni prima (datato tre marzo 1993) appresi quella che da subito mi sembrò una notizia storica importante: il Fortino, datato 1733, del porto di Rimini era opera dell’architetto Luigi Vanvitelli.
L’attaccamento alle proprie origini per la “marineria”, la nota tradizione marinara riminese, aveva spinto Guido Simonetti a leggere i documenti del ’700 che parlavano di questi lavori al porto e in particolare al Fortino di Rimini. In realtà i lavori riguarderanno tutto il porto, apprenderò in seguito.
Una notizia sotto silenzio
La notizia è di valore storico e riguarda il più importante architetto Italiano del ’700 eppure non trova nessun accoglimento dagli storici o dagli addetti del settore, anzi non incontra quella naturale atmosfera effervescente della nuova scoperta che avrebbe dovuto avere presso l’ orgogliosa comunità riminese di storici, intellettuali e addetti alla cultura. Insomma l’articolo non ebbe seguito ed in un clima incline alla critica, per tradizione secolare, possiamo immaginare una buona dose di noncuranza, inspiegabile, viste le fonti.
Nel 1995 svolgevo studi sul porto di Rimini, e come detto in precedenza, mi sono imbattuto nell’articolo a firma di Guido Simonetti che non ho mai conosciuto.
Comincia la ricerca
Incuriosito e stimolato dall’inedita notizia ho iniziato la ricerca nei documenti, è stato come cercare l’ago nel pagliaio. La lettura dei manoscritti dell’epoca procedeva frenetica e finalmente un giorno in mezzo all’inchiostro compare il nome Vanvitelli, a fianco una recente notazione a matita: Fortino. Avevo trovato un riscontro. Ero arrivato. Preso dall’euforia di chi aveva fatto una scoperta importante ero entusiasta.
Ero sì arrivato a un punto. Ma mi aspettava un duro lavoro, un’impresa, oserei dire, titanica. Il lavoro di far emergere dalle carte il loro contenuto lo feci subito, mentre all’impresa di farlo pubblicare ci rinunciai nel 2000. Anni dopo, nel 2008, un trasloco fece riemergere la documentazione e la voglia di pubblicarlo. Il materiale di una stesura grezza da me eseguita a suo tempo è stato rielaborato e completato nella forma attuale rintracciabile nel web (dove è possibile acquistare o scaricare il testo Luigi Vanvitelli Architetto, lavori al porto di Rimini casa editrice Lulu, postfazione scritta dallo storico riminese, Antonio Montanari).
L’excursus storico
Lo studio contiene un escursus storico che va dal 1400 ad oggi, ma il capitolo più importante è quello che riguarda la scoperta delle inedite origini del “Fortino” (faro), emersa seguendo la pista del Simonetti. Il 2 agosto 1734 arrivò da Roma una comunicazione alla Sacra Congregazione del Porto in cui era scritto che l’incarico per la direzione della “Fabbrica del Fortino” (fabbricazione del faro) sul porto era affidata all’Architetto Luigi Vanvitelli e la comunità riminese doveva farsi carico, a livello preliminare, di sistemare il molo, dove si sarebbe costruito il Fortino, appunto. Sempre nello stesso anno, la Congregazione del Porto (una sorta di ufficio comunale di Rimini) dava incarico a Enrico Rigazzi di scrivere una lettera all’Architetto Vanvitelli, nella quale lo stesso veniva pregato di venire alla città di Rimini insieme al capomastro Giovanni Battista Banderati su ricompensa e onorario.
Il sette gennaio 1735 uno dei congregati riferì alla Congregazione del Porto della visita a Rimini – nei giorni precedenti – dell’Architetto Luigi Vanvitelli che dichiarò la necessità di sistemare il molo prima di poter erigere il Fortino. Dalla visita nacque una relazione. Qui, vi erano sia valutazioni tecniche che economiche (vista la dispendiosità delle opere necessarie), ma soprattutto il consiglio di sottoporre alle autorità cittadine la spesa da sostenere e la necessità di sistemare il canale del porto. Nella sede della Congregazione del Porto, per tale compito furono incaricati Enrico Rigazzi e Alessandro Guidoni. Il 21 gennaio 1735 alla Congregazione venne riferita la proposta del Vanvitelli per la nomina a capomastro alla “Fabbrica del Porto” di Giovan Battista Banderati.
Il Banderati affiancò il Vanvitelli durante i sopralluoghi al porto, e venuto a conoscenza del lavoro da farsi, fece una “perizia” (lista materiali) in cui descrisse dettagliatamente la “provvista” (quantità) e il luogo d’origine dei materiali occorrenti. La “perizia” fu letta in una riunione della Congregazione del Porto. In questa occasione venne dato l’incarico di fare provvista di pali di legno, pozzolana ed altri materiali ad Enrico Rigazzi e Alessandro Guidoni; mentre per quel che riguarda la provvista di mattoni e altri materiali furono incaricati Francesco Diotallevi e Carlo Bagli. Sempre nella sede della Congregazione fu discusso ed approvato anche l’onorario di Giovan Battista Banderati e delle maestranze al suo seguito. Al Banderati furono accordati uno scudo al giorno, letto e legna solo per i giorni in cui avrebbe assistito al lavoro. Infine fu dato incarico al Rigazzi di scrivere al Banderati e stabilire la paga dei sei uomini da lui proposti. Il 15 marzo 1735 fu letta ed approvata la lettera del Banderati in cui chiedeva per se uno scudo al giorno con lume e fuoco acceso e spese di viaggio. Per gli uomini da lui proposti furono pagati, al primo cinque pauli al giorno al secondo quattro pauli, agli altri venticinque baiocchi ciascuno oltre al lume e al fuoco. Il 29 marzo 1735, la Congregazione delibera l’acquisizione dei materiali destinati alla costruzione del Fortino.
I Congregati fissarono le quantità ed il prezzo nel seguente modo: quattro scudi per ogni mille mattoni e calce smorzata (50 carri circa) al prezzo di quindici pauli a carro. Nella stessa sede, il 13 maggio 1735, infine, fu letta la lettera del Cardinal Legato Alberoni dove erano contenute le istruzioni sul pagamento dei materiali utilizzati alla costruzione del Fortino. Il Cardinal Legato Alberoni nella sua lettera in data 11 maggio 1735 diede inoltre, incarico a Giuseppe Bentivegni di erogare i pagamenti per i materiali stabiliti e di vendere il capanno utilizzato per la costruzione del Fortino, per una cifra superiore ai venti scudi. La vendita del capanno è la dimostrazione che il Fortino era già stato edificato.
Non vi sono motivi di dubitare che la costruzione avvenne sopraelevando il Fortino del Vanvitelli. La conferma si ha se verifichiamo la sezione dell’attuale basamento del faro, presenta uno spessore murario sproporzionato rispetto agli spessori murari dei piani soprastanti.
Loreto Giovannone