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Un Don Giovanni in anticipo

Francesca Lombardi Mazzulli (Doralice), Luca Cervoni (Cornelia) © Michele Crosera

Il trionfo dell’onore, capolavoro comico di Alessandro Scarlatti, nell’ottimo allestimento della Fenice 

VENEZIA, 15 marzo 2025 – Dopo lo sconcerto iniziale nel trovarsi di fronte a un Don Giovanni – qui però si chiama Riccardo – interpretato da un soprano, Il trionfo dell’onore di Alessandro Scarlatti conquista per la sua straordinaria bellezza musicale (basterebbe pensare allo splendido quartetto con cui si conclude il secondo atto). Comunque, anche il libretto che Francesco Antonio Tullio realizzò per questa ‘commedia in tre atti’ si rivela di buona fattura. Utilizza infatti una lingua italiana scorrevole ed elegante, senza alcun retaggio vernacolare – com’era consuetudine all’epoca – che avrebbero contribuito a ghettizzare l’opera. I personaggi, poi, sono disegnati con una certa complessità psicologica, evidente soprattutto nel protagonista, che sembra anticipare alcune caratteristiche del mitico seduttore, rese in seguito immortali dai versi di Da Ponte. Quanto alla scelta di Scarlatti di concepire il ruolo per voce di soprano, rientrava in quel pragmatismo che costringeva i compositori ad adattarsi ai cantanti disponibili al momento della messinscena (la prima fu a Napoli al Teatro dei Fiorentini nel 1718).

Raffaele Pe (Erminio), Francesca Lombardi Mazzulli (Doralice) © Michele Crosera

In occasione del terzo centenario dalla morte del musicista palermitano un nuovo e riuscitissimo allestimento del Trionfo dell’onore è stato proposto a Venezia, al Teatro Malibran. Lo spettacolo di Stefano Vizioli si avvale della spiritosa cornice visiva realizzata dal pop artist Ugo Nespolo: coloratissimi costumi di una modernità senza tempo, pochi oggetti, scene dipinte e animate da quinte mobili su cui talvolta campeggiano sagome di animali, dal sapore quasi fumettistico. Il regista le sfrutta in funzione teatrale, attraverso divertenti trovate che contrappuntano ironicamente il canto (come quella dei servi che reggono sulle spalle un lungo tavolo su cui si trovano le scarpe dell’effervescente Doralice). Vizioli, poi, dedica molta cura alla recitazione degli otto interpreti, che lo corrispondono sempre con molta convinzione.

Protagonista è stata il soprano Giulia Bolcato, vocalmente sicura e molto efficace nell’esprimere incertezze e ripensamenti del seduttore Riccardo: sempre credibile in vesti maschili, il ruolo en travesti aggiunge al personaggio un’ulteriore componente di ambiguità, che gli è propria anche sul piano psicologico. Assai espressiva Rosa Bove, sedotta e abbandonata dal protagonista ormai proteso verso una nuova fiamma: nelle sue numerose arie, il mezzosoprano disegna con dolente lirismo una Leonora a tratti rassegnata, ma più spesso decisa a combattere per difendere il proprio onore oltraggiato. La seconda coppia era formata dal soprano Francesca Lombardi Mazzulli, una Doralice di notevole esuberanza scenica sempre a suo agio nelle colorature, e dal controtenore Raffaele Pe, dal timbro fin troppo sbiancato. D’altronde il suo personaggio, più convenzionale, è quello dell’amante – scaricato – e ormai desideroso solo di vendicare l’offesa sorella Leonora.
L’immancabile coppia comica era formata dall’attempata e danarosa Cornelia, resa in modo spiritosissimo sul piano scenico e vocale – grazie a un sapiente uso dei falsetti – dal tenore Luca Cervoni, e dall’anziano scapolone Flaminio, interpretato anch’esso da un tenore, il convincente Dave Monaco. I ruoli dei servitori, comunque incisivi, erano affidati allo spigliato mezzosoprano Giuseppina Bridelli, la cameriera Rosina, e al baritono Tommaso Barea, molto atletico in scena nei panni di Rodimarte, lo spaccone sodale del protagonista.

Sul podio dell’Orchestra del Teatro La Fenice, formata solo da archi e oboe, oltre ai due cembali necessari per il continuo (dunque, senza impiego di strumenti che richiamassero l’opera napoletana), era Enrico Onofri. Mantenendo un buon equilibrio tra buca e palcoscenico, il direttore ha privilegiato la fluidità e la scorrevolezza musicale, con suoni sempre omogenei e accuratamente levigati. Ne sortisce una lettura dove la musica di Scarlatti appare proiettata in avanti e, dunque, il legame con la figura del seduttore mozartiano – ancora di là da venire – è sembrato ancora più evidente. Una scelta che non si può fare a meno di condividere.

Giulia  Vannoni