Che spettacolo deprimente quello degli uliveti della Valconca! A qualche settimana dalla fine della nevicata le chiome delle piante mostrano già un triste colore grigiastro, un colore che denota la fine della loro vita, un colore che in alcuni casi “fortunati” si può notare a macchia mentre in tanti altri casi è purtroppo uniforme. È ancora presto per quantificare esattamente il danno sofferto all’intera preziosa coltura ma ogni proprietario ha già provato a fare i propri conti e sono molto salati visto che per qualcuno è andato perso anche più della metà del patrimonio olivicolo. Perso in senso letterale perché alla fine si dovranno contare a decine di migliaia le piante da tagliare e da sostituire, sempre che tutti vogliano continuare l’olivicoltura!
La quantificazione esatta delle ripercussioni che il “nevone” e le gelate della prima metà di febbraio produrranno al prossimo raccolto, e quindi all’olio, è del tutto prematura. Se la scorsa campagna era stata povera, in quantità, per un motivo fisiologico (in genere l’olivo ha una produzione buona ogni due anni ed era impossibile ripetere quella eccezionalmente abbondante del 2010), la prossima si può ipotizzare davvero minima, anche se una prima idea si potrà avere solo con la fioritura nei mesi primaverili. Si dovrà poi verificare se le piante avranno risentito delle condizioni climatiche in maniera permanente, se ad esempio saranno indebolite per resistere alle prossime siccità o eccessi di umidità, ai parassiti, ai futuri rigori invernali. Una curiosità statistica. Riguardo i gravissimi danni agli olivi, nell’ultimo secolo, la neve ed il gelo del 2012 hanno avuto precedenti, con una cadenza “regolare” attorno ai 27 anni: anni freddissimi e micidiali per queste piante sono stati infatti il 1929, il 1956 ed il 1985. Non conosciamo gli effetti prodotti da altri anni di gelo, ad esempio i primi del secolo scorso, il 1893, quelli centrali del quarto e quelli iniziali del secondo decennio dell’Ottocento, il 1795, e così via andando indietro nel tempo, ma sicuramente anche in quei casi una pianta secolare eppure delicata come l’olivo avrà sicuramente sofferto dalle nostre parti che, non va dimenticato, sono poste ai margini settentrionali per una coltivazione tipicamente mediterranea.
Maurizio Casadei