Stabilito, pur con qualche spigolatura, il luogo del pranzo, rimane ancora da decidere il menù. La tradizione la fa da padrona. Antipasto o meno, a scelta di ogni famiglia, il primo piatto sono i cappelletti in brodo. Facile a dirsi, più difficile nella pratica, dato che ogni famiglia ha la propria ricetta rigorosamente tradizionale. C’è chi nel cappelletto mette solo formaggi, chi anche la carne o la mortadella, chi un pizzico di amaretto o altro di dolce. Il brodo, invece, è di cappone, pennuto che poi finisce – ovviamente spennato – anche nel bollito, da accompagnare con carne e savor – o magari, anche se non tradizionale, con una buona mostarda di frutta artigianale. Ma in questo periodo in cui la gastronomia è onnipresente e i palinsesti televisivi offrono un’infinità di programmi gastronomici, anche le famiglie più tradizionali amano ingegnarsi proponendo piatti ricercati e particolari, senza però dimenticare i classici. Ecco allora che prima della pasta in brodo vengono presentati crostini di burro col salmone, o altri con una crema di ricotta e noci o magari un piccolo tortino di zucchine o di ceci. Ci sono poi le famiglie di riminesi non autoctoni che portano sulla tavola i loro piatti tradizionali. Caterina, originaria di Firenze ma a Rimini da ormai 40 anni, prepara oltre alla pasta in brodo, un arrosto di carne con fegatini e pane tutto cotto nel forno, e poi un coniglio ripieno, mentre Carmela, siciliana, apre il pasto con una frittura, in tempura, di cardi e cavolfiori e baccalà.
Per i secondi, il giorno di Natale, è di rigore la carne, ma anche qui c’è chi si lascia prendere la mano dalle sperimentazioni, e oltre ai tipici bolliti o cappone e pollo e arrosti c’è chi propone invece – a detta dei macellai – l’anatra, magari preparata all’arancia.
Ma quale crisi! Proprio i macellai raccontano che la crisi, almeno in quest’ambito, è stata meno forte di quanto temuto. “La flessione rispetto all’anno scorso c’è – conferma Marco Migani della macelleria Le Carni del mercato coperto di Rimini – ma non decisiva. È difficile fare delle stime ma penso che non sia superiore al 10%. Di sicuro questo Natale gli acquisti sono stati fatti tutti all’ultimo momento, nella settimana di Natale e non prima, come avveniva gli anni precedenti. Però, concludendo, il divario è stato recuperato e anche quest’anno stiamo vendendo bene, soprattutto capponi, polli, galline e tutti i tagli di carne per il bollito”.
In aggiunta a questo le macellerie e le gastronomie offrono un servizio a metà strada tra il pranzo in casa e quello al ristorante che conquista un numero sempre maggiore di famiglie: i piatti pronti o solo da cuocere. Carni già preparate, condite e farcite che devono solo essere messe nella casseruola e cotte (come ad esempio la tacchinella ripiena di ricotta, noci, macinato di vitello e speck). Le macellerie che offrono questo servizio vendono più carni farcite di quelle da preparare. Su molte tavole di Natale, al tocco della cuoca di famiglia si aggiunge quello del professionista.
Le gastronomie, invece, vanno oltre e molte, nel centro storico, offrono un menù completo, dall’antipasto ai secondi, già cucinato e pronto, solo da portare a casa e riscaldare. Sì perché sono in aumento le famiglie che non vogliono saltare la tradizione del pranzo di Natale o della cena della Vigilia ma che magari non hanno il tempo o la possibilità di cucinare piatti tradizionali o elaborati, ma non vogliono andare al ristorante. Il resto poi si gioca sul filo dell’onestà: c’è chi ammette che il pasto è preso già preparato e chi invece lo presenta come proprio, ma è un peccatuccio su cui si può sorvolare, almeno il giorno di Natale.
Non se la passano male neanche i ristoranti, che dalla sera del 24 sino al pranzo del 25 riempiono coperti lavorando soprattutto con famiglie. Sono famiglie che spesso si riuniscono, con parenti che arrivano da diverse città, oppure hanno un’attività che lavora la mattina di Natale (pasticcerie, gastronomie o altri negozi) che approfittano dei ristoranti aperti per gustare un pranzo con calma, non avendo il tempo di cucinare.
Anche in questo caso i ristoratori si sbizzarriscono di più sul cenone della Vigilia soprattutto con salmone, tonno e gli altri pesci delle feste (più rara l’anguilla anche se siamo non troppo distanti da Comacchio), mentre rimangono aderenti alla tradizione con il pranzo del Natale. Niente bollito – è rarissimo trovarlo al ristorante – ma sì ai cappelletti in brodo e agli arrosti di carne.
Per i dolci, invece, c’è più libertà perché il Panettone è diventato il dolce di Natale per antonomasia. Panettone a parte, mai assente dalle tavole riminesi, a fine pasto si alternano dolci al cucchiaio, specialmente tiramisù o crema, oppure pasticceria secca. Ma non manca mai il parente che arriva con il classico cabaret di paste miste.
Stefano Rossini