Ci sono due modi per conoscere il mondo attorno a noi. Il primo è attraverso i cliché, le frasi fatte e riportate nello stesso modo di bocca in bocca, senza conferma e controllo. L’altro è visitarlo – non da turisti – andare nei luoghi, nei paesi, vivere la cultura, le relazioni, le persone. Questa seconda modalità è quella che propone il progetto Intercultura, che organizza programmi di scambio internazionale per ragazzi. E lo fa nell’età migliore, quella dei 16, 17 anni, in quarta superiore. Si viene a contatto con un mondo diverso da come ce lo si immagina. Questo, Intercultura, lo fa anche in modo un po’ brusco, rude, perché rimanere fuori casa per un intero anno scolastico, convivere con un’altra famiglia, per un ragazzo o una ragazza molto giovane, non è sempre facile. Ci sono storie e storie. Ma la maggior parte dei giovani torna a casa chiamando papà e mamma anche i genitori della famiglia che li ha accolti (magari creando qualche attrito coi genitori “naturali”, che subito passa). Torna contento, insomma, e soddisfatto, e soprattutto con una visione del mondo più ampia, più coerente, molto più avanti rispetto all’età. Verrebbe da dire che un’esperienza del genere dovrebbe essere obbligatoria per tutti i ragazzi.
“Il progetto – racconta Claudia Perazzini, presidente del Centro locale di Rimini di Intercultura – è gestito completamente da volontari. La nostra attività di promozione viene fatta su due fronti: sia per i ragazzi che desiderano partire, sia per le famiglie che vogliono ospitare. I ragazzi passano attraverso una prova di idoneità attitudinale – per valutare eventuali problemi di ansia, o anche di cibo – poi, dopo una prima selezione c’è un dialogo con loro e con le famiglie”.
Il test, insieme al colloquio, serve a formare un punteggio, al quale contribuiscono anche il reddito e il rendimento scolastico degli ultimi anni, che a sua volta confluisce in una graduatoria. A partire dal primo, poi, nell’ordine, a seconda dei posti disponibili, i ragazzi vengono selezionati per il progetto.
“Il luogo di destinazione viene scelto tra una rosa di località proposte dai ragazzi. Nel 2012 sono partiti in 16. Per quanto riguarda le famiglie ospitanti, facciamo dei colloqui per cercare di capire se hanno l’atteggiamento giusto, e nel contempo li prepariamo per quello che li aspetta. Uno dei principali problemi che colpiscono sia le famiglie sia gli studenti è proprio l’aspettativa mentre le esperienze reali, anche se alla fine lasciano sempre un bel ricordo, hanno i loro momenti difficili”.
Stefano Rossini