Forse pochi lo hanno notato ma i dati (che Istat convaliderà) di usi sull’andamento turistico riminese sono aggiornati al 29 dicembre 2017. Si tratta di una rilevazione omogenea, per cui il capodanno 2016 (quando tanti hotel fanno il pieno) è contemplato in questi dati mentre quello 2017 comparirà nella prossima rilevazione. Bastava davvero poco, un piccolo ritocco all’insù per permettere ai pernottamenti in provincia di Rimini di superare così 16 milioni, con una crescita di due punti e mezzo/tre, sul 2016. In Riviera hanno fatto meglio Misano Adriatico e Rimini, un po’ meno gli altri. Continua invece a perdere presenze, e il trend negativo prosegue dal 2012, l’entroterra (Valconca), in particolare la Valmarecchia (-5,7%).
I pernottamenti dei visitatori italiani crescono più (+221 mila) degli stranieri (+169 mila), il cui contributo si conferma intono al 24% del totale.
Quando un bilancio, in questo caso turistico, chiude in positivo è giusto essere soddisfatti. Ciò non deve far dimenticare le tante criticità del “modello riminese”.
Sedici milioni di pernottamenti provinciali nel 2017, segnalano una crescita sull’anno precedente, ma sono gli stessi degli anni Novanta del secolo scorso. Vuol dire che in venti anni i numeri, che vogliono dire produzione di ricchezza e lavoro, non sono mutati.
Con la di erenza che in questo periodo, nel mondo, i viaggiatori sono però raddoppiati. Ora, se il mercato aumenta e un territorio resta fermo è evidente che sta perdendo competitività. Da Bellaria a Cattolica, il territorio non riesce a catturare nuovi clienti. Cosa che invece non avviene nel paese turisticamente più competitivo, la Spagna: qui anche nel 2017 i visitatori stranieri sono cresciuti del 9% (nonostante il calo subito dalla Catalogna nell’ultima parte dell’anno per le note vicende secessioniste) e gli introiti del 12%.
Primo Silvestri