È come se l’attacco terroristico di Hamas e la risposta violenta di Israele ci avessero zittito l’animo. Ed e ettivamente ci ha messi fuorigioco. Tu Signore da che parte stai? Con i farisei o gli zeloti, con gli ebrei o con i terroristi? E Lui, proprio nella liturgia di quella settimana, ci dice che sta da un’altra parte, quella dell’amore. Facile vero, pensi tu lettore. Mica tanto, se poi quella scelta lo ha portato in croce. Ma quali caratteristiche, quali risposte ha questo amore? Anzitutto è un amore concreto e che si mette dalla parte dei più deboli.
Il libro dell’Esodo, certamente caro anche agli ebrei, ci pone al primo posto gli ultimi di allora: stranieri, vedove, orfani, poveri colpiti da usura e da ricchi che li spogliano del poco che hanno. Ma soprattutto Gesù nel Vangelo, si identi ca con i più bisognosi, chi ha fame, sete, cerca casa e a etto. “Ogni cosa che avete fatto ad uno di questi piccoli l’avete fatta me”. Un Dio che prende le parti degli ultimi di questo mondo, ma non in modo generico e ideologico.
Un antico detto ebreo dice: “Dio sa contare no ad uno”, giusto per sottolineare la concretezza della sua proposta. Il vescovo Tonino Bello ribadiva questo concetto a ermando che “il cristianesimo è la religione dei nomi propri, non delle essenze spirituali; dei volti concreti non degli ectoplasmi; del prossimo in carne ed ossa con cui confrontarsi”. Certo è più facile impegnarsi ed amare al plurale che al singolare, ma la s da del cristianesimo è di un amore personale. Anche don Lorenzo Milani insisteva su questo concetto quando ai suoi ragazzi insegnava che per ognuno il mondo nisce a 300 metri e non voleva certo signi care che quel che accade oltre non ci appartiene, anzi insegnava “I care”, me ne faccio carico, ma già cominciando dalle scelte personali.
Del resto a rontando i problemi come se fossero grandi numeri c’è il rischio, ma forse anche il desiderio diabolico, di disumanizzare i drammi, togliere il volto alle vittime, cancellarne la storia nel calderone delle atrocità umane: 9.000 morti a Gaza, 1.400 in Israele, 2.300 nel Mediterraneo solo quest’anno, 24.000 persone che muoiono ogni giorno per fame e malattie conseguenti la fame… Non esiste la povertà, esistono i poveri; non esiste la guerra esistono bambini, anziani, giovani che muoiono e madri che piangono; non esiste chi muore a ogato vicino alle nostre coste, esistono Abdul, Karim, Farid, Nassin, Said, Yusuf, che hanno volti, storie, a etti, speranze.
Ognuno le sue! Dovremmo imparare dagli abitanti di Lampedusa, che pur dovendo subire, per primi, una situazione di grande disagio, sono schierati con chi arriva dal mare, perché in quei profughi incontrano persone e perché, almeno una volta, hanno visto con i loro occhi l’orrore, come don Stefano Nastasi, ex parroco dell’isola, che raccontava del cadavere di una donna ripescata con la glia partorita ancora attaccata al cordone ombelicale. Avevano un volto e un nome. Nell’Esodo, Dio dice: “Quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido e la mia ira si accenderà su di voi”. Ecco con chi sta!