La grande Emilia e la piccola Romagna, da sempre Davide contro Golia, soprattutto nel piatto. Tanto di cappello, o cappelletto, ai prodotti romagnoli, piadina e sangiovese in testa, ma quando gli avversari giocano i loro assi, dai tortellini all’aceto balsamico, dal prosciutto di Parma alla coppa piacentina, ci si sente un po’ stretti all’angolo. Per non parlare dei ristoranti. Se la Romagna, e Rimini in testa, è da sempre la patria delle trattorie alla buona, l’Emilia è la terra dei ristoranti eleganti e raffinati.
Eppure le cose stanno cambiando, come si desume sfogliando le pagine regionali della guida dei ristoranti de l’Espresso del 2012, appena uscita in libreria. Una vittoria tutta riminese, dato che dei dieci migliori ristoranti selezionati dai giornalisti del gruppo, 4 su 6 sono romagnoli, e di questi 4, 3 sono riminesi. Rimini è la provincia con il maggior numero di ristoranti in top ten, e non solo, dei due migliori della regione, quelli insigniti dei “tre cappelli”, il primo è l’Osteria La Francescana di Modena, che prende19,75 su 20 punti, e il secondo è l’Osteria del Povero Diavolo di Torriana, con 18 punti.
Una bella soddisfazione per Rimini. Per decenni questa è stata la terra del piatto piano. Si chiedeva solamente che gli strozzapreti o le tagliatelle fossero tante da traboccare oltre l’orlo della scodella e sommerse di ragù e con un dito d’olio sul fondo, com’erano erano. Non si andava tanto per il sottile. Poi, lentamente, una nuova generazione di chef ha cominciato a concentrarsi sul territorio, a svecchiare qualche ricetta e a pensare in che modo si potessero proporre i prodotti del paniere riminese: pesce, formaggi, salumi, carni (tra cui spicca il ritorno della mora romagnola e del bovino di razza romagnola), olio extravergine di oliva, tartufi, miele e molto altro.
Non a caso proprio questo è il punto di forza su cui i tre chef dei ristoranti riminesi fanno leva: sono Piergiorgio Parini del Ristorante Povero Diavolo di Torriana (nella foto), Riccardo Agostini del Piastrino di Pennabilli e Raffaele Liuzzi della locanda Liuzzi di Cattolica.
È sufficiente, in effetti, fare quattro chiacchiere con i tre protagonisti di questa rinascita riminese, oppure sfogliare i menù per trovare i prodotti del territorio erinterpretati in modo fantasioso e gustoso. Parini si è specializzato negli ultimi anni soprattutto nelle erbe, dando vita a piatti estremamente profumati e intriganti, come ad esempio il cavolfiore alla mugnaia con aroma di cipresso (preparato strizzando e macerando gli aghi fino ad ottenerne il succo), oppure il risotto in bianco, che nonostante il colore niveo ha un intenso gusto di pomodoro, o ancora la faraona con noci, cipolla e gelsomino. Territorio anche per Agostini, lo chef del Piastrino (prima al Povero Diavolo), che propone, in degustazione, le quaglie arrostite con fagiolini, nocciole e squacquerone o l’agnello, spalla e costolette con spinaci, pecorino e limone. Tra i più estrosi sicuramente Liuzzi, dell’omonima locanda, che ama stupire i commensali non solo coi sapori ma anche con la presentazione, come la ricciola affumicata fai da te, servita in un infusore per tisane con, sul fondo, noccioli e legno di ciliegio fumigante e sopra i filetti di pesce, da prendere quando si vuole, subito se si preferiscono poco affumicati, o dopo qualche minuto per averli più saporiti, e accompagnati da un frappé di squacquerone e albicocche secche.
Una menzione particolare per il giovane Piergiorgio Parini che non solo guida il ristorante col punteggio più alto di Rimini e la Romagna, ed è salito di un punto rispetto all’anno scorso, ma, sempre nel 2010 è stato lo chef dell’anno, per i giovani, de l’Espresso. Ma i successi di Parini non si fermano solo ai confini nazionali. Il 2010 lo ha visto incluso nella prestigiosa lista dei 10 migliori chef emergenti europei (e unico in Italia) del Wall Street Journal.
Cosa ne pensa il giovane chef, 34 anni, di tutti questi titoli e queste menzioni?
“Sono sicuramente molto contento. È una bella soddisfazione vedere premiato il proprio lavoro. – racconta Piergiorgio – Io ho sempre seguito la mia curiosità, facendo una cucina molto personale. Ho un’idea tutta mia di tradizione. I prodotti, lo spirito e i sapori sono quelli del mio territorio, sono nato a San Mauro Pascoli e vissuto a Rimini, ma il modo in cui li propongo nasce dalla mia curiosità, dalla voglia di trovare nuovi sapori e accostamenti”.
È un ragazzo umile, Piergiorgio, ma consapevole del proprio valore, come dimostrano le sue scelte: no a pesce d’allevamento, solo produttori locali del territorio, sì a ricerca e sperimentazione.
Qualcuno lamenta che questi ristoranti costino troppo. Il prezzo non è sempre popolare, ma non sono inaccessibili. Si fa una scelta, la scelta di mangiare bene, di assaggiare piatti unici e personali, e di pagare un prodotto e un lavoro quanto vale. Si va da un minimo di 30, 40 euro, sino ad un massimo di 100 (vini a parte), con una media di 50 euro. L’equivalente di due cene in un ristorante di fascia meno alta. Qualità contro quantità.
Stefano Rossini<7b>