Cercavano un Dio tra le stelle, si ritrovarono un piccolo, povero bambino che vagiva in una stalla. Lo pensavano ricco, importante e onnipotente, e se lo sono visto davanti fragile, indifeso e sconosciuto. La storia dei Magi non finisce di stupire: più che i colori fiabeschi dei loro sgargianti vestiti orientali, colpisce la serie di aspri contrasti che attraversano il racconto. I lontani si avvicinano, i vicini si allontanano. I pagani raggiungono le vette più alte della fede, i presunti credenti o sedicenti tali piombano nei bui meandri della diffidenza. Il salvatore del mondo è e rimane un bambino vulnerabile e disarmato, esposto agli artigli di Erode, un minuscolo reuccio di provincia.
Ma qual è la lieta notizia dell’Epifania? La si potrebbe articolare nelle seguenti proposizioni: Dio si lascia sempre trovare da chi lo cerca con cuore sincero; Gesù è l’unico Salvatore di tutto l’uomo, di tutti gli uomini, di tutti i tempi; la fede è una luce accesa in noi dalla lampada della parola di Dio; con Cristo o senza Cristo, tutto cambia, e se lo incontri, cambi la via, e la vita cambia.
1. Da Babilonia
a Gerusalemme
Ripercorriamo ora brevemente le tre tappe raggiunte dai Magi nel loro cammino di ricerca, per arrivare ad incontrare Dio nel piccolo bambino di Betlemme e ad adorarlo come il re-Messia.
La prima tappa la possiamo immaginare a Babilonia, ed è rappresentata dall’apparire della stella. Forse erano anni ed anni che questi studiosi di astronomia stavano lì a calcolare ellissi e parabole nella rotazione degli astri, ma quando hanno scoperto quella nuova stella hanno capito due verità fondamentali. Una è che nella ricerca di Dio la ragione è tutt’altro che inutilizzabile, anzi ricopre un ruolo insostituibile. Se apriamo su Dio il ”grande angolare” che è il cielo, allora si scopre la verità del salmo che recita: ”I cieli narrano la gloria di Dio / e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento”. Il primo libro che Dio ha scritto è il creato: è un’opera colossale, fatta non di parole ma di cose, che solo la ragione umana può decifrare, e così arrivare alla legittima conclusione: dunque Dio c’è. Lo riconosceva lo stesso padre dell’Illuminismo, Immanuel Kant, quando affermava che due cose lo riempivano di stupore: il cielo stellato sopra di sé e la coscienza morale dentro di sé. L’osservazione del firmamento ha il potere di portare la nostra mente al suo limite estremo, sulla soglia del mistero. Ci dà le vertigini. La sola Via Lattea contiene non meno di cento miliardi di stelle, e pensare che i nostri telescopi più potenti possono osservare dieci miliardi di galassie. La stella più remota che si conosca dista da noi quattordici miliardi di anni luce e, per farci un’idea di cosa questo significhi, basti pensare che il sole – che è lontano dalla terra quasi centocinquanta miliardi di kilometri – impiega poco più di otto minuti per farci giungere la sua luce. La verità che Dio c’è è stata la prima scoperta dei Magi. Ma quando è apparsa quella stella imprevedibile per i loro computi matematici, hanno capito che la ragione umana, se non vuole naufragare nell’assurdo, deve osare di farsi sorprendere dal mistero. Se Dio si rivelasse solo agli scienziati, allora per arrivare a lui ci vorrebbero studi complicati e lauree superspecialistiche. Ma Dio ama rivelarsi a tutti i puri i cuore, a cominciare dai piccoli e dai semplici. Come non rallegrarsi alla luce di questa sfolgorante verità?
2. Da Gerusalemme
a Betlemme
La seconda tappa del cammino dei Magi è rappresentata dal loro arrivo a Gerusalemme. La stella li aveva portati fin là, e là i Magi hanno scoperto la luce di un’altra stella, la parola di Dio. Per farci arrivare a sé, Dio ha scritto un altro grande libro: la sacra Scrittura. Per scoprire il luogo preciso dove è nato il re Messia, i capi dei sacerdoti del Tempio e gli esperti della santa legge di Dio l’hanno appreso dal rotolo del profeta: a Betlemme di Giudea. Per metterci sulla rotta di Dio, abbiamo bisogno della stella della sua parola. Ecco il messaggio che ci viene rivolto nella seconda lettera di san Pietro: ”Abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino” (2Pt 1,19). Come non immaginare i Magi colpiti da un altro soprassalto di gioia, nello scoprire che quel Libro misterioso, posseduto gelosamente da Israele, riportava una parola destinata anche a loro? Sì, non possiamo fare a meno della parola di Dio, contenuta nella sacra Bibbia. Affermava sant’Agostino: “Come neppure la notte può spegnere le stelle del cielo, così la malvagità degli uomini non può cancellare l’incrollabile firmamento delle sacre Scritture”.
La terza tappa raggiunta dai Magi è Betlemme, e lì, prima di prostrarsi in adorazione e di aprire i loro forzieri, i Magi devono aver fatto un altro salto di gioia, quando si sono ritrovati davanti al bambino e a sua madre Maria. No, non sono rimasti delusi o scandalizzati da quella scoperta. Lì si è imposta a loro l’immagine di un Dio piccolo, povero, impotente, bisognoso di tutto. Non era un bambino prodigio, con uno scettro d’oro tra le mani, o con una bacchetta magica che sprizzava scintille fiammanti per trasformarle all’istante in monete d’oro o in stelle e astri del cielo. Un piccolo bambino, come il piccolo di Maria, non poteva mettere paura a nessuno, e i bambini dei Magi – figli o nipoti – avrebbero voluto certamente averlo come fratellino e compagno di giochi. Un Dio ”figlio” affidato alle mie, alle nostre cure, la cui presenza e la cui possibilità di esprimersi e di agire dipende anche da me. Insomma un figlio da far crescere in noi, da proteggere e custodire, sulla cui vita in me e in ognuno, tutti noi siamo chiamati a vigilare con una cura dalle tonalità di un sentimento paterno e materno. Questo deve essere stata l’adorazione dei Magi. Ecco la spiegazione suggestiva che di questa parola – adorazione – ha dato papa Benedetto: ”Viene da una parola latina che dice contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio, e quindi in fondo amore, perché colui che adoriamo è amore”.
3. Vangelo della carità
e carità del vangelo
Non posso terminare questa omelia senza un riferimento a voi, carissimi fratelli e sorelle, immigrati da tante parti del mondo, che partecipate a questa santa Messa dei Popoli. Mi ispiro per questo al messaggio del santo Padre per la Giornata Mondiale del Migrante 2012, dal tema: ”Migrazioni e nuova evangelizzazione”.
Per la nostra comunità diocesana riminese sono due le strade che da anni stiamo percorrendo per dare concretezza ed efficacia al mandato della nuova evangelizzazione. La prima è il vangelo della carità. Sappiamo bene che la crisi finanziaria affligge in modo preoccupante voi, più ancora di noi italiani, soprattutto con i drammatici problemi della casa e del lavoro. Su questa strada la Caritas diocesana e le Caritas parrocchiali sono impegnate a contribuire per trovare soluzioni che favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela dei nuclei familiari, l’accesso a una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza.
La seconda strada è quella della carità del vangelo. Anche qui cerchiamo di assistere le due comunità cattoliche più consistenti – quella greco-ucraina e quella greco-rumena – con la presenza stabile rispettivamente di due sacerdoti. Curiamo momenti specifici per le altre comunità, come la peruviana, la messicana e quella di Santo Domingo. Ma oltre che aiutare voi tutti a condividere la comune fede cattolica, insieme a voi possiamo valorizzare “l’opportunità provvidenziale dell’odierno fenomeno migratorio” (Benedetto XVI) sia per condividere l’impegno dell’evangelizzazione e della formazione cristiana per i vostri bambini e giovani, sia per farci aiutare da voi nella nuova evangelizzazione dei nostri cristiani che hanno bisogno di riscoprire la bellezza della fede in Gesù Cristo e nella sua Chiesa.
Su ambedue queste strade, possiamo e dobbiamo andare avanti, insieme con voi. Aiutateci ad aiutarvi, per fare di più e fare meglio.
Che Maria, la stella della nuova evangelizzazione, ci illumini, ci guidi, ci accompagni!
+ Francesco Lambiasi