Una ragazza, quattro cammelli e un cane, in un percorso di più di 2000 km nelle vastità australiane verso l’oceano, spinta dalla “semplice” molla dell’esperienza, senza particolari sfide da intraprendere. L’incredibile storia di Robyn Davidson, la ragazza che intraprese il viaggio negli anni ’70, oggetto di reportage da parte del National Geographic e poi libro di successo, si trasforma ora in film per la regia di John Curran, già autore de Il velo dipinto. Mia Wasikowska, attrice apprezzata in diverse performance (a partire da Alice in Wonderland di Tim Burton), fornisce corpo, umori e sentimenti al personaggio cinematografico, al suo fianco qualche altro attore (come Adam Driver nel ruolo del fotografo Rick Smolan) e aborigeni locali, ma il vero coprotagonista è il paesaggio australiano, così evocativo e sorprendente, magico nelle sue zone “sacre” (come la celebre Ayers Rock) e pure pericoloso per via della sua vastità e del senso di smarrimento che comunica in alcuni punti.
Tracks è un esempio interessante di avventura in solitario, magari il film non è così pregnante come il meraviglioso predecessore La generazione rubata di Philip Noyce, appare a tratti più didascalico e semplificato, ma riesce a riservare momenti di emozione grazie a sguardi precisi su un mondo così lontano ma anche idealmente vicino grazie al cinema.
La signora dei cammelli si misura con fatica, perplessità, solitudine, momenti dolorosi, angoli felici, solidarietà e incontri, incrocia occidentali e aborigeni, rispetta la sacralità delle usanze locali e cerca di evitare il chiasso attorno alla sua impresa. Quelli dell’Australia non sono solo “deserti fisici” ma deserti della mente e dell’anima, per misurarsi con se stessi e confrontarsi con la vita.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani