Per mezzo secolo è stato il cappellano dell’ospedale di Riccione. Un punto di riferimento e sostegno spirituale per migliaia di pazienti e per i loro familiari. Don Pietro Cannini, 92 anni, se n’è andato in cielo, la notte di domenica 18 dicembre, proprio all’ospedale “Ceccarini” che dal 1962 era diventato anche la sua casa. Era stato ricoverato il giorno precedente, ancora in forza e lucidissimo come sempre. Ma il suo cuore non ha retto. Grande la commozione in città. Non c’è, infatti, riccionese che non l’avesse conosciuto, apprezzandone soprattutto la discrezione, il rispetto, la grande fede e la disponibilità. Di passo lesto, con la stola al collo e Gesù nelle ostie consacrate che stringeva al petto, a qualsiasi ora del giorno e della notte correva in tutti i reparti dov’era chiamato. Sotto certi aspetti era un prete di frontiera. Come testimoniano medici e infermieri, non si tirava mai indietro, neppure quando era necessario dare una mano per altri lavori. Don Cannini, 60 anni di sacerdozio alle spalle, aveva celebrato l’ultima messa nella cappella dell’ospedale, sempre affollata, lo scorso 26 giugno, per cedere il passo a don Angelo Rubaconti, parroco di Misano. Poche settimane prima tutto il personale del “Ceccarini” assieme al direttore Romeo Giannei, aveva organizzato un momento di festa per lui. Don Pietro per l’occasione aveva portato la sua ultima testimonianza di fede che aveva toccato tutti.
“Voglio fare un duplice ringraziamento. – aveva esordito – Il primo, verticale, va a Dio che mi ha conservato la vita così a lungo e mi ha dato tanti doni per condurre la missione evangelica. Ho trascorso la mia vita prima per i bambini, poi per i poveri, gli anziani e gli ammalati, qui in ospedale, e quando c’era bisogno, a Casa Serena. Il secondo grazie, orizzontale, va alle persone. I miei sessant’anni di sacerdozio li ho spesi in comune collaborazione, mai uno screzio con nessuno. In questo ospedale ci siamo sempre aiutati reciprocamente in tutto e con rispetto”. In sala per l’addio tanta emozione, ma don Pietro si era lasciato convincere dal vescovo Monsignor Francesco Lambiasi, che mercoledì nell’affollata chiesa di San Martino, ha celebrato le esequie con tanti altri sacerdoti, a concedersi il meritato riposo nella Casa del Clero di Rimini.
Nato a Vecciano (Coriano), dov’erano venuti alla luce anche gli altri suoi dieci fratelli, don Cannini aveva cantato messa nel 1952. Era stato cappellano per due anni a Scacciano (Misano), e per altri quattro nella parrocchia di San Martino.
Il suo spirito missionario, che l’ha sempre spinto con energia a offrire conforto e assistenza spirituale, anche nei momenti più drammatici, è stato sempre apprezzato da chiunque ha avuto la fortuna di conoscerlo. Come pure quel tenue sorriso che sapeva regalare a chi si fermava a parlare con lui. Doti riconosciute da tutti, tant’è che anche il Rotary Club Riccione-Cattolica, sotto la presidenza di Orazio Motolese, gli conferì il premio “Paul Harris”, assegnato pure al latinista del Vaticano don Guglielmo Zannoni, scomparso qualche anno fa.
Nives Concolino