Home Vita della chiesa Titus Brandsma, Dio è amore anche in Lager

Titus Brandsma, Dio è amore anche in Lager

In questo secondo appuntamento con san Titus Brandsma, vogliamo approfondire il suo aspetto spirituale che diverrà l’humus in cui maturerà la sua testimonianza di Luce all’interno dei campi di concentramento nazisti. Il contesto familiare, fortemente credente, radica fin da subito il nostro santo carmelitano in un rapporto con Dio molto profondo.

La Vergine Maria rappresenta una figura di riferimento molto importante per padre Titus che vede nel rapporto tra la Madre di Dio e il Figlio, il modello per ogni cristiano. Egli afferma: “ Maria, la madre di tutti gli uomini, è l’esempio di come Dio deve essere di nuovo generato in noi, come Dio deve vivere in noi”.

P. Titus è attratto dalla mistica, studia e approfondisce molti mistici e matura egli stesso un rapporto sempre più profondo e personale con Dio che non è mera fede personalistica. “ La preghiera è vita non un’oasi nel deserto della vita” afferma Titus e ancora: “ è un grande peccato che non si capisca in questo senso il misticismo… quando Dio ti incontra è tutta la tua esistenza ad esserne trasformata e non solo l’intelligenza, si vede che Dio ti possiede dal modo in cui tu parli, in cui tu agisci, in ogni tua espressione vitale…. Tu guardi gli uomini e le cose con gli stessi occhi di Dio. Li ami con Lui e in Lui. Tu vedi il mondo avendo Dio sullo sfondo, cosicchè Egli non crea alcun contrasto col mondo stesso … noi dobbiamo uscire da noi stessi… dobbiamo far di tutto per appartenere a questo sfondo che è Dio … le persone che non si tirano indietro da questo abbraccio, arriveranno a fare esperienza del suo amore, del suo grande amore!”.

Prosegue ancora: “non dobbiamo considerare la persona amante di Dio, il mistico, come colui che sta fuori della vita, della storia… Dobbiamo capire il nostro tempo e non estraniarci dalla storia! Anche noi siamo figli del nostro tempo, siamolo con chiara coscienza!”.

Titus per primo porterà il peso responsabile della storia quando la storia stessa gli porrà davanti la negazione di Dio, del prossimo e persino della sua vita. Una buona palestra in questo senso, il frate carmelitano la matura attraverso la mistica della sofferenza, strettamente legata al suo stato di salute: “ non servire il Signore con molti sospiri. Col volto lieto e coraggiosamente mostra quanto sono vere le parole del Signore; «il mio giogo è soave e il mio peso è leggero » “.

Il buon umore caratterizza anche le fasi più critiche della sua malattia e, dietro questa energia che in lui si sprigiona, c’è un’illimitata fiducia in Dio. Sarà una mistica come Santa Teresa d’Avila a fargli compagnia nei primi mesi di prigionia: egli infatti conosce a memoria le opere della carmelitana spagnola e, tra le righe di un libro in suo possesso, avvia la prima traduzione in olandese di tali opere.

Sarà comunque proprio nell’obbrobrio dei campi di concentramento che Tito manifesterà con la sua persona, la presenza del Dio Amore che l’abbrutimento del male non potrà piegare. I compagni di prigionia, testimonieranno una luce diversa che emana dal suo volto emaciato e sofferente; una tenerezza e un’accoglienza dell’altro che non si ferma nemmeno davanti agli aguzzini del Campo.

In un suo piccolo diario di prigionia, Titus scrive: “… benchè non sappia come andrà a finire, so bene però che mi trovo nelle mani di Dio… Il passo celebre che S. Teresa teneva gelosamente nel suo breviario anche per me è ora di consolazione e di sprone…: Nada te turbe, nada te espante. Todo pasa (…) Dios basta… Beata solitudo… Sono solo, è vero, ma mai il Signore mi è stato così vicino… Sento la voglia di gridare per la gioia perché Egli di nuovo, nella sua pienezza, si è fatto trovare da me, senza che io vada dagli uomini e che gli uomini vengano a me…”.

Nella capacità di vedere Dio operante anche in quella realtà brutale, Titus scardina il potere del male; nel non chiudersi nelle proprie sofferenze facendo posto a quelle degli altri, testimonierà il Volto del Dio Amore.

Sarà proprio nel rispettare la dignità di “ Figlia amata dal Padre”, che Titus porrà il germe della conversione nel cuore dell’infermiera del Campo che gli somministrerà l’iniezione letale di acido fenico e che, qualche anno dopo, testimonierà al suo Processo di Beatificazione.

Bella e intensa la preghiera che Titus scrive in prigione e di cui riportiamo il versetto finale: “ Fermati Gesù, non mi lasciare! La Tua divina presenza, rende facile e bella ogni cosa!”.

Si, è proprio questa “Divina Presenza” che dimora nel cuore di san Titus Brandsma che lo conforma sempre più a Cristo, è questo Amore folle fino alla Croce che lo trasforma in una luce potente nel buio della storia dell’uomo.

(2 – continua) Suore Carmelitane del Monastero