Don Mario, fragile e potente. Don Mario Molari è il sacerdote della mia infanzia, che mi ha preparato alla Prima Comunione nella Parrocchia Mater Admirabilis e che incontravo nella Scuola Elementare di via Catullo (Marina Centro) a Riccione, poiché all’epoca, prima del concordato del 1984, il parroco visitava settimanalmente tutte le classi. Quando fui ordinato sacerdote, nel 1991, scoprii che, dopo 15 anni, aveva conservato tutti gli elenchi dei bambini conosciuti a scuola, cosa che gli permise di organizzare un ritrovo a sorpresa con tutta la mia classe nella parrocchia di Trarivi, dove, dopo aver lasciato la parrocchia di Mater Admirabilis nel 1978, fu parroco dal 1984 al 1999 e, nell’occasione, celebrai la Santa Messa, pochi giorni dopo la mia ordinazione, col calice che volle donarmi e che conservo tutt’ora come un segno della fecondità del suo ministero. Lui aveva conservato tutti i nomi dei bambini, ma io, dopo 44 anni dalla mia Prima Comunione, conservo ancora chiarissime nella memoria alcune parole da lui ascoltate negli incontri di catechismo. Racconto solo un episodio del 1974. Eravamo nel cortile delle Maestre Pie di Via Cesare Battisti e don Mario, improvvisamente, col suo tipico intercalare e gesticolare, mentre batteva il piede destro a terra, come sempre faceva quando si infervorava particolarmente, disse: “In un certo senso Gesù è più del Padre – bambini, ma cosa vi dice don Mario oggi? – sì, perché Gesù è Dio, ma è anche uomo!”. Non voleva sovvertire le relazioni della comunione trinitaria, ma sottolineare la realtà dell’incarnazione. Non ho più dimenticato quell’affermazione, che per me costituì la prima intuizione dell’inaudito Mistero di Dio fatto uomo, così decisiva per la mia vita. Dio si è fatto carne e Cristo, vero Dio e vero uomo, è, al tempo stesso, sia il metodo sia il contenuto della Rivelazione. Non ricordo il mio parroco perché parlava ai bambini affidandosi a tecniche o a stravaganti attualizzazioni, ma perché mi ha parlato di Gesù in modo intenso e reale, come quando, nelle sue omelie, descriveva la drammaticità con cui Cristo si è fatto carico dei nostri peccati. Dei doni di don Mario, della sua genialità in tanti campi e del suo spessore culturale, si è già detto e scritto in questi giorni, ed io, essendo stato per dieci anni parroco nelle parrocchie del Comune di Montescudo, ho potuto constatare di persona i frutti del suo ministero nelle frazioni di Trarivi, Valliano e Vallecchio, comunità che ancora oggi lo ricordano con affetto per la sua paternità spirituale e con le quali, nel 2015, abbiamo festeggiato assieme a lui il 70° anniversario della sua ordinazione sacerdotale. A lui si devono, tra le tante iniziative pastorali, la nascita del Circolo parrocchiale ANSPI a Trarivi, la realizzazione della Chiesa della Pace e il restauro della Chiesa di Santa Maria succurrente a Valliano, opera di particolare rilievo storico ed artistico. Ma io desidero sottolineare anche il valore della sua fragilità. Non riuscì a reggere le tensioni della responsabilità pastorale e scelse di lasciare la parrocchia di Mater Admirabilis, per poi tornare a ricoprire l’incarico di parroco alcuni anni dopo in quella che, allora, era una piccola parrocchia, con pochi abitanti ed in una zona periferica. Questa fragilità ha un valore, perché esalta la profondità spirituale di don Mario e rende evidente che la fecondità di un sacerdote non consiste nella sua efficienza organizzativa, ma nell’innamoramento per Gesù e per la stessa carne di Cristo che è il Suo popolo. Grazie, don Mario, per come ci hai comunicato questa tua passione per Gesù con tutta la fragilità e la profondità della tua umanità.
don Roberto Battaglia
Educatore anche con l’arte e la storia. Il mio primo incontro con don Mario è stato come professore alle medie. Ci ha fatto amare sia la correttezza nella lingua italiana sia nella lingua latina. È stato un grande insegnante. Poi sono succeduto a lui nella parrocchia di Mater Admirabilis. Oltre a fare grandi lavori per sistemare la casa canonica, ha presieduto anche alla decorazione del presbiterio affidandone la cura a padre Giovanni Lerario, francescano. Sul dipinto che adorna il presbiterio (sono sue parole) ci sono state critiche fondate sulla scelta di inserire un numero altissimo di personaggi. Forse (dico io) la qualità artistica non è delle più esaltanti, ma la capacità educativa/ pastorale è stata immensa. Quando ero parroco a Mater Admirabilis (per 17 anni) in estate tenevo aperta la chiesa anche alla sera, fino alle 23. La gente che passeggiava numerosissima sul viale Gramsci, volgendo lo sguardo verso la chiesa aperta ed illuminata, si incuriosiva ed entrava. Allora mi avvicinavo e chiedevo da dove provenissero. Poi davo a ciascuno il “cibo” adatto mostrandogli il Santo che faceva per lui. Ai brianzoli mostravo l’immagine di santa Francesca Saverio Cabrini che, quando gli immigrati eravamo noi, andava dai vescovi cattolici irlandesi degli USA per rimproverarli dal momento che non volevano fare nulla per i cattolici italiani ritenuti “tutti mafiosi”. Ad un laziale mostravo il volto di san Tommaso d’Aquino, ciociaro, che ha speso tutta la sua vita ad illustrare la ragionevolezza della scelta cristiana. E così via. Una simile opera d’arte sacra raggiungeva lo scopo per cui era stata pensata: avvicinare a Dio. Anche in questo don Mario mostrava la sua capacità di essere educatore, riferimento per noi preti riminesi, un vero faro di scienza e di fede.
don Romano Nicolini