Cambia registro il regista premio Oscar Michel Hazanavicius e dal delizioso omaggio retrò del cinefilo The Artist passa alle urla di dolore del popolo ceceno contenute in The Search che ha pure scritto. In realtà le urla di Hadji (Abdul Khalim Mamutsiev) il bambino ceceno al centro della storia (ispirata dal film Odissea tragica di Fred Zinnemann del 1948, allora ambientato dopo il secondo conflitto mondiale), sono urla silenti: il bimbo non parla ma il suo sguardo rivela tutto il grido disperato scaturito dalla testimonianza diretta dell’orrore suscitato dalla visione dell’uccisione di mamma e papà. Hadji incrocia un’attivista di diritti umani (Bérénice Bejo, compagna di vita e d’arte del regista) che aiuta il piccolo di 9 anni nella ricerca dei famigliari sopravvissuti, con l’aiuto di un ufficiale della Croce Rossa (Annette Bening). Seguiamo poi il reclutamento obbligato (in seguito ad arresto per possesso di droga) e l’educazione militare di un giovane russo (Maksim Emelyanov) e i fili delle due storie le intrecceremo a film concluso, anche se qualcuno, strada facendo, potrà intuire le direttive del regista.
Hazanavicius passa dal bianco e nero evocativo di The Artist ai toni grigi e spenti di The Search, si muove in un conflitto drammatico, (ri)scoppiato nel 1999 dopo solo tre anni di pace fragilissima, esprime critici punti di vista sulle azioni non sempre efficaci di una comunità internazionale a volte sorda e cieca davanti alle evidenze e descrive con discreto carattere, anche se non sempre con coerente intensità (in qualche punto il film appare più didascalico e meno incisivo), gli aspetti di una guerra che trascina nel suo infernale baratro anime innocenti e trasforma giovani soldati russi in brutali “macchine” distruttive.
Il Cinecittà di Paolo Pagliarani