Ottant’anni fa il suo incitamento “Hi, Ho Silver” per spronare il suo bianco destriero e l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini risuonavano sulle onde radio attirando ragazzi di ogni età pronti a sognare con il cowboy mascherato The Lone Ranger ed il fidato amico indiano Tonto. Ora, dopo quasi 3.000 puntate alla radio, uno show televisivo, albi a fumetti ed un tentativo fallito di portare il personaggio sul grande schermo, la Disney ripropone le avventure del ranger solitario in un lussuoso prodotto d’intrattenimento, “cugino” dei Pirati dei Caraibi, con lo stesso produttore Jerry Bruckheimer, regista (Gore Verbinski), sceneggiatori (Terry Elliott e Ted Rossio, più Justin Hayte) e l’attore Johnny Depp, “pittato” nel ruolo di Tonto con trucco ispirato al quadro di Kirby Sattler “I am the crow”. Nostalgia canaglia per il vecchio west in uno spettacolo volutamente ipertrofico che si avvale degli splendidi paesaggi naturali della Monument Valley di fordiana memoria.
Ci si ributta nel vecchio west, con tutto al posto giusto: la costruzione della ferrovia nella mente di un ricco faccendiere (Tom Wilkinson), gli indiani, il malvagio perfido (William Fichtner), le belle (compresa una Helena Bonham Carter tenutaria di un saloon bordello con gamba d’avorio da cui è meglio stare alla larga…), le polverose città, i silenzi dei vasti spazi e tanta avventura, con momenti godibili e scene d’azione concitate confezionate con grande cura. Un variegato giro in giostra che in America però non ha raccolto la stessa quantità di spettatori dei Pirati (57 milioni di dollari di incassi) forse per il carattere troppo “vintage” di un eroe che appartiene ad un passato remoto ed è stato surclassato dai più moderni eroi con super poteri.