Texas. Caldo afoso. Cappelli da cowboy. Una cittadina americana fortemente patriottica. È qui che, verosimilmente, ha preso il via questa storia. Cancellate dall’immaginazione palazzi, strade, bandiere a stelle e strisce, fuoristrada 4×4 e sostituiteli con terra, capanne, villaggi e girate le lancette dell’orologio molto, molto indietro. Più o meno due millenni. Ed ecco Capernaum (Cafarnao), antica città della Galilea, 30 d.C. circa. Un set ben costruito per una serie tv che è già diventata un fenomeno: The Chosen, che ha per protagonista Gesù. Si tratta di un progetto ad oggi detentore di numerosi record, primo tra tutti quello di essere interamente realizzato grazie ad una campagna di finanziamento collettivo, un ‘crowfunding’ che ha raccolto 11 milioni di dollari circa a stagione (per ora siamo giunti a quota 3, ma ce ne sono già altre in programma).
Ha registrato e tutt’ora registra più di 110 milioni di spettatori. Altro punto di forza è la fruizione gratuita degli episodi: è sufficiente scaricare sul proprio telefonino l’app “The Chosen” per guardarla.
Il Gesù di cui c’era bisogno?
È il creatore, co-scrittore e regista Dallas Jenkins ad imbarcarsi nell’incredibile impresa di raccontare gli straordinari insegnamenti di Gesù, ripercorrendo alcune tappe della sua vita e della vita dei suoi Apostoli. Si tratta, quindi, come la stessa serie afferma a ogni episodio, della trasposizione del Vangelo nel linguaggio attuale delle serie tv. Ed è già degno di nota. Sul grande schermo, infatti, vi è sempre stata una non indifferente difficoltà ad entrare nel profondo e nel dettaglio della vita e dell’esistenza di Cristo: il più delle volte si preferiva posizionarlo “sullo sfondo”, spiegando cioè l’impronta che Egli lascia nelle vite dei suoi Apostoli o discepoli, attribuendogli dunque un protagonismo trasversale. Quasi ci fosse una punta di timore a rendere più “umana” la sua natura, ad “osare creativamente”.
Jenkins, invece, ci ha provato. Il “suo” Gesù appare capace di esplorare le emozioni e di viverle appieno, è un Gesù talvolta ironico, con senso dell’umorismo. Si vuole offrire una Sua immagine autentica, straordinariamente umana e vitale, forse più concreta. Nonostante questo impegno, il regista non trascura affatto gli altri personaggi che sembrano essere lavorati con scalpello e picchetto, ben tratteggiati, intimamente indagati psicologicamente e che rendono tutta la storia fortemente ‘plurale’: sono stati infatti inseriti numerosi retroscena, retroscena significativi per alcuni di loro. Sorge da qui anche il rebus sulla traduzione corretta del titolo: “The Chosen” come “Il Prescelto” (Gesù) o “I prescelti” (i discepoli)?
Il dibattito resta aperto ed è forse giusto così, data la natura del progetto.
Punto di partenza imprescindibile è comunque la fedeltà assoluta alle Scritture, anche se non è intento della serie quello di fornirne un ‘riassunto’ o una ‘semplificazione’. All’opposto, si sottolinea all’inizio di ogni episodio: “ La serie è basata sulle storie vere dei Vangeli di Gesù Cristo. Alcuni luoghi e linee temporali sono stati combinati o condensati e sono stati aggiunti retroscena e alcuni personaggi o dialoghi. Tuttavia, tutto il contesto biblico e storico e qualsiasi immaginazione artistica sono progettati per sostenere la verità e l’intenzione delle Sacre Scritture”. Minuziosi e ben curati sono i dettagli nelle scenografie e nella sceneggiatura. La produzione ha richiesto la consulenza di studiosi della storia delle religioni, di storici, architetti ed era sovente la domanda di consigli da parte di preti, pastori e rabbini per la buona riuscita di alcune scene. Niente, insomma, è lasciato al caso.
Il Messia che riesce a parlare ai giovani
Un’idea creativa, quella di Jenkins, e di fortuna mondiale: proporre un percorso di informazione spirituale scrupoloso e meticoloso attraverso un canale che, soprattutto sui giovani, sortisce un grande effetto. Profondo desiderio dell’ideatore è quello che i suoi spettatori “scoprano la Bibbia” o che “tornino ad ardere di fede”. E, almeno negli Stati
Uniti, è ciò che sta avvenendo: la serie tv è diventato un vero e proprio fenomeno nel mondo dei giovani, che organizzano momenti per seguire insieme gli episodi e poi discuterne (sono tanti i video in rete che testimoniano questo entusiasmo), fino a portare a vere e proprie conversioni. Come tutto ciò che arriva dagli Stati Uniti, in Italia il fenomeno sta arrivando, seppur lentamente e gradualmente. La prima stagione è oggi disponibile su Netflix, di facile accesso, quindi, per tutti.
A Rimini si discute di tutto questo? Lo abbiamo chiesto direttamente ad alcuni giovani riminesi. “Io credo che questa proposta abbia avuto i suoi buoni frutti. Insomma, la serie è approdata anche su Netflix, colosso delle serie tv.
– ammette soddisfatta Eleonora, 22 anni, una spettatrice ‘recente’ della serie, che ha iniziato a seguirla solo dopo il suo arrivo sulla piattaforma sopracitata – Penso che questo possa essere davvero un buon modo per avvicinare alla fede chi magari ha timore di farlo in autonomia o crede possa essere difficile o addirittura impossibile. Il regista dimostra la bellezza, l’incommensurabilità della potenza dell’amore di Cristo, che ama senza misure, senza confini. E lo dimostra a regola d’arte. Jenkins non si vuole sostituire alla lettura dei Vangeli, lo esplicita chiaramente, però sorreggendo
e supportando l’argomento e fornendone una chiave di lettura innovativa, è capace di scardinare i ritratti della fede precedentemente trasportati sul grande schermo e cerca di disegnarne uno ‘altro’, non nel senso di ‘diverso’, solo forse più ‘umano’. E questo colpisce il cuore di chiunque lo guardi, secondo il mio parere”.
“Ho sentito parlare della serie tv, ho letto anche molti articoli in merito: il seguito che ha creato ha smosso numerosi dibattiti in ambito sia religioso sia laico e un fenomeno che fa parlare di sé in questo modo è degno di attenzione, assolutamente. – aggiunge Chiara, 24 anni – Apprezzo la sfida lanciata dall’ideatore, riconosco che rende allettante e forse più accessibile il mondo della religione, il quale non mi è mai stato molto familiare… Non so se, guardandola, ‘tornerò ad ardere di fede’, ma mi sentirei di concedergli il beneficio del dubbio”.
“Confesso di non aver visto la serie – dice con un’alzata di spalle Giacomo, 21 anni – Però, riguardo al dibattito sul suo intento formativo o comunque di sostengo all’accostamento al mondo religioso o alle Sacre Scritture, non posso far altro che complimentarmi con la riuscita del progetto. I dati relativi al crowfunding parlano chiaro: il tema religioso, legato agli insegnamenti di Gesù, rimane richiesto, voluto, fortemente gradito, anche da tantissimi ragazzi. Forse non è vero che, come spesso ho sentito dire, sta avvenendo un lento ma costante allontanamento dalla fede da parte soprattutto dei giovani: è solo che noi, e penso di parlare per una importante maggioranza, abbiamo un modo tutto diverso di approcciarci ad essa. Diverso, non per forza sbagliato”.